Commento Liturgia domenicale

 

"State attenti, vegliate, perché non sapete né il tempo né l’ora".

A suo tempo mi dicevano che era evidente il riferimento alla morte, spesso non prevista a breve, inaspettata, prematura… non si doveva farsi cogliere impreparati e trovarsi invece sempre “in grazia di Dio”. E le formule salvifiche erano la confessione, i primi venerdì del mese eccetera. Questo in qualche modo mi rinfrancava. Mi sentivo, seguita la formula, in pace e serena. Poi le cose si sono complicate, le formule sono diventate insufficienti, inadeguate agli interrogativi che si proponevano e che sono spesso rimasti irrisolti.

Oggi è la prima domenica d’Avvento che celebra la venuta di Cristo nel tempo e nella storia dell’umanità per portarle la salvezza. I testi dell’Antico Testamento presentano un popolo intero, figlio e suddito del Padre e Signore, che si propone come un tutto da proteggere, salvare, amare con tenerezza, punire, premiare. La convinzione che la storia sarà condotta da Dio verso la salvezza è presente fin dai primordi della fede ebraica, non i tentativi di individuare “il quando e il come”. Ma nei tempi difficili di persecuzione si sviluppa una vasta letteratura apocalittica. E’ necessaria una consolazione, suggerita dalla fiducia incrollabile che alla fine dei tempi, per l’intervento di Dio, il giudizio sarà fatto e le situazioni rovesciate.

Secondo chi data il Vangelo di Marco dopo il 70, la caduta di Gerusalemme, la profanazione e la distruzione del tempio nell’anno 70 e il trionfo dei Flavi nell’anno 71 parvero a molti i segni apocalittici della fine. Anche se Marco scrive intorno al 64, comunque prima del 70, è certo che è attento a smentire ogni impazienza della fine. La tendenza a sottolineare l’azione di Dio rimandando tutto al futuro e la sfiducia dell’uomo in “questa storia” sono assenti nel discorso di Marco. Infatti, tutto il suo discorso trova la propria conclusione nel richiamo alla “vigilanza”, che è richiamo all’impegno nella storia.

Sonno e veglia. Sono evidentemente metafore. Nei Sacri Testi si dorme quando nasce Eva, dorme Sansone e Dalila ne approfitta, dormono gli apostoli, i più fedeli, mentre Cristo prega, si dorme quando arriva lo sposo, quando si è certi che il padrone di casa è lontano e senz’altro molte altre volte che non mi vengono in mente. Sono forse “sonni” diversi. Comunque, non va bene dormire e bisogna “vegliare”.

Per capire che cosa voglia dire “vegliare” ho bisogno di capire che cosa vuol dire “dormire”. Il sonno si lega a tranquillità, sicurezza, protezione, serenità con se stessi, certezza di aver fatto quello che si deve, rassicurazione. Anche a stanchezza. Ma comunque allontana i problemi. La veglia è attenzione, continua, e richiede silenzio. Non può mai finire, ignora la sicurezza, rifiuta riconoscimenti tranquillizzanti, qualsiasi condizionamento aprioristico da cui invece con grandissima facilità dipendiamo. Così farebbe cogliere i “segni”, le foglioline verdi del fico che sta rinverdendo. Penso che facilmente dormiamo. Io senz’altro. Per la facilità con cui mi basta una bandiera, un’appartenenza culturale, una scelta di campo per farmi accettare quello che è così o ignorare o denigrare quello che non lo è. Però questo sembra un appagamento, una rassicurazione soprattutto intellettuale. A che cosa porta “vegliare”? A gioire nel riconoscimento che seguire, assecondare quei segni porta alla realizzazione del regno di Dio, o a fare la mia parte per salvarmi l’anima?

Cristo fa appello alla persona singola, la induce a guardare dentro di sé, a scegliere personalmente che cosa fare, se seguirlo e come. Significa che la salvezza è “personale”? Ho pensato che non fosse così, perché questa porta alla chiusura in se stessi e non al coinvolgimento negli altri, tutti gli altri per cercare di essere un “tutto”.

Paolo dice che abbiamo i mezzi per riconoscere “la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo”. Ma io lo trovo sempre molto arduo e continuo a pensare che Cristo in croce sia il segno evidente di questa difficoltà. L’annullamento di ogni sicurezza. Anche nell’agire.

Il progresso scientifico e tecnologico della nostra civiltà può indurre a pensare che l’umanità abbia la capacità di vivere sana e felice, ma ogni giorno abbiamo di fronte una rinnovata costruzione di Babele. Anche il sussiego, la sicurezza che caratterizza spesso la nostra professione di fede cristiana può essere di impedimento alla nostra scoperta, almeno, di barlumi di verità.

Gesù chiama i dormienti: quelli che si sveglieranno e sapranno restare svegli saranno la sua eredità.

Pensano di essere svegli gli attivi, gli iniziatori di movimenti di massa, i dominatori dei popoli … ma in effetti, essere svegli sembra significare soprattutto partecipare in modo cosciente e vigile a ogni istante della vita per avvertire i segni che vengono da Dio e dalle vicende umane.

Forse si inizia a vincere la morte superando il torpore, il sonno, il sogno, le esigenze di vita comoda e protetta, di essere stimati e applauditi, la tentazione di identificare i propri piani con i disegni di Dio. Vegliando, dovrebbe essere più facile liberarsi dal prendere e dal ricevere per aprirsi alla capacità di dare senza misura e senza tornaconto personale. Il cristiano è uno che si sporca le mani nella storia.

Se vegliare vuol dire riconoscere come seguire Cristo e secondo le sue indicazioni, il senso della propria inadeguatezza diventa costume abituale. E’ vero o no che non avrai madre e padre, marito e figli….?

Tuttavia, dopo la croce c’è la Resurrezione di Cristo, la nostra resurrezione. Ci sono le foglioline verdi sull’albero del fico. Ma quali sono i “segni” di oggi, le foglioline verdi?

Sono i ragazzi della banlieu parigina e delle altre periferie disumanizzanti? Sono i ragazzi di Locri, i disperati che sbarcano in Sicilia con la loro fame di redenzione e riscatto umano? Sono tutti quelli che vanno nelle zone di morte per dare una mano a chi conduce una vita breve e dolorosa? E quelli che cercano di conoscere persone di altre culture, di rispettarne la diversità, dando vita a un dialogo fra tutti? Sono le luci accese quando in un paese è abrogata la pena di morte?

Anche se non siamo noi foglioline verdi, come cristiani possiamo dare visibilità e voce alle foglioline verdi; aiutarle a vivere perché siano segno per molti.

 

Roma 27 novembre 2005

 

 

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