40 ANNI FA IL CONCILIO VATICANO II

“GAUDIUM ET SPES” (“GIOIA E SPERANZA”)

 IERI.

E OGGI?

RIFLESSIONI DELLA COMUNITA' DEL CASSANO

 

A 40 anni dal Vaticano II resta vivo nella nostra mente il titolo di uno dei documenti fondamentali del Concilio: “Gaudium et Spes”, “Gioia e Speranza”.

Furono proprio questi i due sentimenti più forti di quanti in quegli anni guardavano a quell’evento: la gioia per una Chiesa che si faceva “ekklesia” cioè “assemblea”, la speranza per le prospettive di rinnovamento che dal confronto ricco e aperto emergevano. Per la prima volta si realizzava un dibattito che, a partire dall’aula conciliare, si diffondeva a tutti i livelli della Chiesa, coinvolgendo religiosi e laici, senza distinzioni di sesso, età, nazionalità. E il confronto interessò non solo i cattolici ma anche le confessioni cristiane sorelle, le altre religioni e perfino i non credenti. Veramente gli anni del Concilio furono anni in cui tanta parte di umanità respirò, si potrebbe dire a livello planetario, una grande e benefica ventata di democrazia.

Il nuovo orizzonte ecumenico, riconoscendo grande dignità alle varie espressioni religiose, tracciava percorsi di forte speranza di fratellanza e di unità nella diversità. Lo Spirito soffiava sulla Chiesa che, nel confronto con la modernità , faceva spazio al concetto forte e innovativo di “popolo di Dio”. La Chiesa non più piramide gerarchica ma comunità universale di credenti, aperta al contributo di “tutti gli uomini chiamati alla salvezza”.

La gioia e la speranza vennero anticipate da Giovanni XXIII quando, aprendo i lavori del Concilio, mise in guardia dai “profeti di sventura”, invitando, attraverso una attenta lettura dei “segni dei tempi” a guardare con ottimismo le potenzialità di una nuova Pentecoste. La distinzione che fece tra l’errore el’errante nella Pacem in terris segnò uno dei momenti di maggiore vicinanza della Chiesa al mondo contemporaneo dove “la tristezza e le angosce degli uomini” si trasformano in forza per portare avanti le istanze di liberazione ed emancipazione da ogni forma di sistema politico oppressivo.

La collegialità dei vescovi, la partecipazione attiva del “popolo di Dio” all’azione liturgica, il definitivo recupero della dignità di ogni uomo e di ogni donna senza alcuna discriminazione, la centralità della Scrittura incarnata nella storia, la scelta di una Chiesa povera e senza privilegi, la legittimità delle varie espressioni e prassi ecclesiali sono da considerarsi tra le spinte più innovative che il Concilio ci consegnava. Senza nasconderci, ovviamente, la complessità della stesura dei testi e i compromessi che i documenti conciliari dovettero subire per le varie tendenze ideali presenti.

Dopo un decennio di reale rinnovamento liturgico, pastorale e teologico (che vide tra l’altro la nascita: di varie forme di collegialità episcopali - di nuovi approcci teologici tra cui la Teologia della Liberazione- delle comunità cristiane di base - della forte partecipazione dei credenti, in campo sociale, alle lotte del lavoro e per i diritti) si è poi assistito ad un costante affievolirsi di tutte le spinte profetiche che, pur tra mille contraddizioni, erano emerse dalla primavera conciliare, e che da quel momento verranno sottoposte a sistematica neutralizzazione e normalizzazione, da parte soprattutto delle gerarchie ecclesiastiche e della curia vaticana.

Cosa rimane oggi di quella “gioia e speranza” che tanto aveva toccato mente e cuori di gran parte dei credenti 40 anni fa?

Pur non volendo cedere ad un generalizzato e radicale pessimismo, dobbiamo con amarezza constatare il ritorno ad una ecclesiologia di vertice e di potere che vede le chiese locali mortificate dal centralismo romano ( annientamento della Teologia della Liberazione, repressione di ogni forma di dissenso praticato da religiosi , teologi e comunità di fede, ecc.), e la restaurazione di una Chiesa in cui il “popolo di Dio” non conta più niente e ritorna ad essere spettatore obbediente, spesso massa plaudente.

Un esempio eclatante è rappresentato dalle conclusioni dell’ultimo Sinodo, dove sono state totalmente disattese le richieste di rinnovamento provenienti da tanta parte del mondo cattolico (accesso all’eucaristia dei divorziati, celibato dei preti, ruolo della donna nella Chiesa, intercomunione con i fratelli e le sorelle di altre confessioni, ecc.).

Ancora più avvilente è il panorama della Chiesa italiana ed in particolare della Conferenza Episcopale Italiana che, governata da un vero e proprio direttorio, ha imposto una rigida uniformità a tutti i vescovi, non solo in materia di fede ma anche su temi politici, civili, di laicità dello Stato (Pacs, referendum sulla procreazione assistita, pillola abortiva, concordato, privilegi fiscali e nella scuola, guerra in Iraq, ecc.).

Dalla condanna dei “profeti di sventura” di Giovanni XXIII si è passati alla condanna di tante istanze nuove, maturate nella complessa società contemporanea, percepite solo come negatività e “relativismo etico” da papa Ratzinger, nell’insidiosa convergenza con i “laici devoti” di ispirazione teo-con.

E’ sulla base di questa analisi, fortemente preoccupata ma non disperata, che noi del movimento delle comunità cristiane di base-modeste ma tenaci esperienze di fede nate proprio sull’onda della primavera conciliare- invitiamo il “popolo di Dio” a farsi sentire, recuperando la memoria rivoluzionaria nascosta nella parola “ekklesia”, che significa appunto assemblea popolare.

Ci rivolgiamo, in particolare, a quella splendida rete di movimenti ed associazionismo di ispirazione religiosa, di centri culturali e parrocchie di periferia con la quale tante volte ci ritroviamo a marciare e lottare insieme per la pace e contro tutte le povertà.

Insieme, dunque, ripartiamo, attualizzandole, dalle spinte profetiche del Concilio, insieme contrastiamo la restaurazione della e nella Chiesa, insieme soprattutto proseguiamo nella testimonianza personale e nell’impegno collettivo con i movimenti di lotta per un mondo di pace, una politica di giustizia, una economia di uguaglianza nella libertà, la piena affermazione della dignità della persona in ogni angolo di questa nostra terra.

 

Comunità cristiana di base del Cassano - Napoli

 

Napoli, 26/11/2005

 

 

 

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