Elena

Ad Aosta don Franco Barbero riflette sulla Chiesa e l'omofobia: 'grazie agli omosessuali'

www.12vda.it1 giugno 2007

 

Fin dai primi anni 70 difende i diritti di separati o divorziati alle seconde nozze e, soprattutto, invita ad ascoltare gay e lesbiche rispettando il loro modo di vivere nella chiesa e nella società. Don Franco Barbero, 68 anni, è stato invitato nella serata di giovedì 31 maggio, nella sala conferenze di Palazzo regionale dall'associazione 'Arcigay – Articolo3' di Aosta per parlare di 'Come la chiesa cattolica alimenta l'omofobia': «ho iniziato a confrontarmi con il tema dell'omosessualità fin dal mio primo anno da sacerdote, nel 1963 – spiega Barbero – perché sono stato sollecitato a pormi degli interrogativi che prima non avevo considerato».

A Pinerolo, località in provincia di Torino, insegna in seminario e viene poi mandato a reggere le sorti di una parrocchia periferica, dove fonda la prima 'comunità cristiana di base': «mi sono reso subito conto che dovevo allargare il mio orizzonte - prosegue - e considerare che accanto al nostro essere eterosessuali ci sono anche altre 'normalità': ringrazio omosessuali e lesbiche che hanno rotto l'illusione del 'modello unico'. Sono cresciuto in una famiglia molto povera e posso capire negli omosessuali la sofferenza dell'emarginazione».

 

«Ho quindi iniziato un processo di studio - continua Don Barbero - ma fatto soprattutto di conoscenza e di ascolto. Siamo abituati a giudicare gli omosessuali ma non li ascoltiamo». La posizione chiara di don Franco Barbero lo porta molte volte a stretto colloquio con i vescovi che si sono succeduti nella sua diocesi, fino alla dimissione dallo stato clericale e dispensa dagli obblighi decisa nel 2003 da papa Woytjla e siglata dall'allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede Joseph Ratzinger.

L'attività di difensore dei gay continua attraverso le 'comunità cristiane di base', nate in America Latina ma diffuse anche in Italia, oltre che per mezzo di pubblicazioni e con riflessioni che diffonde attraverso il suo sito Internet: «dobbiamo andare oltre la rigidità della gerarchia - spiega ancora don Barbero - la Chiesa parla degli omosessuali ma non li ascolta, è piena di pregiudizi. Invece, non si tratta di affrontare un problema, ma di considerare un vissuto. Non è nemmeno questione di idealizzare questa condizione: l'omosessualità è un modo di essere naturale, così come noi siamo eterosessuali, è solo una condizione più difficile». In quarant'anni, il modo di vedere di don Barbero è cambiato: «vengo da studi classici, che improntano un certo atteggiamento di pensiero - aggiunge - 'omosessuale' è una parola che, quando ho iniziato ad occuparmene, era peggio di un tabù, rappresentava quasi un obbligo a nascondersi: invece è un dono prezioso, anche se difficile da vivere».

Come ha potuto provare sulla propria pelle, lasciando l'abito talare, don Franco prende atto dell'atteggiamento omofobo della Chiesa cattolica: «finché siamo bloccati sull'istituzione e sulla gerarchia - sottolinea - c'è poco da sperare. Invece, vedo una grande speranza nella Chiesa intesa come popolo di Dio. Sono arrivato a fare tante cose perché non ho sempre chiesto il permesso, ma ho messo la coscienza e il Vangelo davanti all'istituzione. Non giudico le persone, non spetta a me farlo, ma il sistema che è struttura di oppressione».

Per una strana casualità, la conferenza di don Barbero è caduta nella stessa sera in cui in televisione è tornato forte il tema dei preti pedofili: «i sacerdoti omosessuali ci sono e seguono un percorso naturale come quelli eterosessuali - conclude - ma sono condannati alla clandestinità, perché ormai prete omosessuale equivale a pedofilo. Invece è proprio questa oppressione dei sentimenti che favorisce le perversioni. La Chiesa stessa quando dice 'omosessuali' pensa 'affamati di sesso', ma non è così. Dobbiamo uscire dalle ideologie del modello: l'amore è plurale, è comunione delle differenze. Invece oggi la Chiesa è passata dall'emarginazione degli omosessuali alla persecuzione. Quello che mi preoccupa è la sofferenza delle persone».