domenica 8 giugno 2008

Ora andate e imparate che cosa significhi: voglio misericordia e non sacrificio
Matteo 9, 13

 

Nella Bibbia ebraica, la misericordia di Dio indica la solidarietà alla quale Egli è vincolato con il patto al popolo: quindi, non viene intesa tanto come sentimento, quanto come concreto soccorso con il quale si aiuta la parte in difficoltà a tornare entro il campo dell’alleanza.

Nella LXX il termine (έλεος), quasi sempre attribuito a Dio [misericordioso = έλεήμων], è l’aspetto che Lo rende riconoscibile ed esprime l’azione tangibile con la quale il Signore recupera il popolo infedele e lo rinnova con il suo amore.

Solo due volte nell’AT si ritrova questo atteggiamento riferito all’uomo: “L’uomo misericordioso fa del bene a sestesso” Pr 11, 17a, “Molta gente vanta la propria bontà, lett. uomo misericordioso” Pr 20, 6a.

Nel NT la prerogativa misericordioso, mai attribuita a Dio per il quale si preferisce “compassionevole” (οϊκτίρμων) – ad esempio in Lc 6, 36 “siate compassionevoli come compassionevole è il Padre vostro”, oppure nel sentimento attivo che prova il samaritano alla vista dell’uomo ferito – viene ascritta a Gesù “sommo sacerdote misericordioso” Eb 2, 17, specificando che questa misericordia nasce dalla comprensione per la debolezza degli uomini e si traduce nel concreto di un aiuto gratuito ed efficace: in Matteo, infatti, si ritrova in un contesto di guarigione (Mt 9,27 ciechi; 15,25 figlia indemoniata; 17,15 figlio epilettico; 20,30 ciechi di Gerico).

Per Matteo questo atteggiamento è essenziale: egli lo colloca al centro “…le cose più importanti della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà” (Mt 23,23)

Nella beatitudine (Mt 5,7a) i misericordiosi sono tutti coloro che aiutano quanti sono in difficoltà ad uscire dallo stato di necessità nel quale si trovano.

La scelta del termine indica che l’evangelista non si riferisce al carattere pietoso della persona, ma ad un’attività abituale permanente che, eliminando le cause della sofferenza, rende riconoscibile il credente.

L’attività di misericordioso non è frutto di sforzi penosi, ma fonte di gioia: “chi fa opere di misericordia, le faccia con gioia” (Rm 12,8).

La citazione di Osea 6,6 marca come, a renderci accettevoli al Padre, sia un amore, cioè la misericordia agli uomini, simile al suo, piuttosto che la pratica religiosa.

Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). L’evangelista propone un ribaltamento del culto a Dio: l’attività del misericordioso viene considerata dal Signore una dimostrazione d’amore nei suoi confronti (Sal 41, 1-3; Pr 17, 5a).

Affinché assomigli alla misericordia manifestata da Dio, al credente, oltre al perdono prima che venga domandato (Mt 5,23-24; 6,12-15; 18,15-17, 21-35), si chiede di superare le barriere contro l’amore innalzate dalle discriminazioni: religiose (Mt8,1-4 purificami invece di guariscimi,14-15 toccare donna malata; 9,1-8 infermità=peccato), morali (Mt 9,9-13 pubblicani socialmente rifiutati), cultuali (Mt 9,14-17 digiuno come pratica religiosa; 15,1-20 trasgressione della tradizione), razziali (Mt 8,5-13 stranieri impuri romani; 15,21-28 stranieri impuri donna cananea) e sessuali (Mt 9,20-22 donna emorroissa; 26,6-13 donna che unge Gesù).

Il “misericordiosonon investiga sulle cause che hanno provocato lo stato di necessità di quanti aiuterà e non formula alcun giudizio morale nei confronti di coloro che sono oggetto della sua azione.

Roma 29/05/2008in fede, Fausto


Bibliografia:

Alberto Maggi, Padre dei Poveri, 1 Le Beatitudini, 2°ed. 1997 Assisi, Cittadella Editrice

Bibbia: NUOVA RIVEDUTA 2°ed. 1995 / Edizioni san Paolo 10°ed. 1994

 

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