Clemy De Maio

«I fedeli che la chiesa non vuole»

Lettere a Dio dai credenti gay

 

La Città di Salerno 30 ottobre 2008 in www.gaynews.it

La dicotomia del titoli è di quelle che fanno rumore. Pasquale Quaranta ha scelto di mettere una accanto all’altra la parola “Omosessualità” e la parola “Vangelo”, per trasmettere un messaggio di speranza a chi vive un conflitto che è stato anche il suo; come accendere, in fondo al tunnel di una presunta inconciliabilità tra sessualità e fede, l’idea di una Chiesa che non esclude ma accoglie, di un Dio che non condanna ma ama. Per farlo ha scelto lo strumento delle testimonianze, quelle contenute nelle lettere scritte da gay e lesbiche a don Franco Barbero, ex prete, “silenziato” e ridotto dal Vaticano allo stato laicale, ma tuttora punto di riferimento per la comunità omosessuale e credente.

Come nasce l’idea di questo libro?

Nasce da un’esperienza personale. La mia formazione è stata cattolica sin dall’infanzia: asilo dalle suore, seminario e liceo dagli stimmatini di Battipaglia. Quando ho scoperto la mia omosessualità l’ho vissuta come una colpa, a causa dei pregiudizi della Chiesa contenuti nei documenti vaticani e nelle prediche di molti sacerdoti. Soffrivo quel giudizio. Mi sentivo come un untore, uno che per i propri sentimenti finiva per corrompere gli altri. Ne parlai al confessore, ma non fece altro che consigliarmi di affezionarmi a una bella ragazza. Poi ho scoperto don Franco, lui ritiene che l’omosessualità nemmeno vada confessata, come non si confessa di essere etero. Sono altri i veri peccati.

Come ha conosciuto don Barbero?

Era il 2001, un amico mi fece leggere un suo intervento su internet e allora iniziai a pensare che poteva esserci una Chiesa diversa. Scrissi a quel sacerdote e capii che dovevo imparare a non far dipendere la mia felicità da certi pregiudizi del clero. C’era invece, nella Chiesa, chi non condivideva l’idea di un Dio “spione”, che bada a queste cose, ma predicava una figura di Dio che sorride ai nostri amori e non fa differenze se il sentimento è tra persone eterosessuali o dello stesso sesso. L’ultima lettera pubblicata nel libro è la mia, spero che possa essere di aiuto a quanti vivono il contrasto tra la spiritualità e il proprio orientamento sessuale.

Quanto ha cambiata la sua vita quella corrispondenza?

È stata come una rinascita, mi ha liberato dalle catene che avevo dentro. Trovai la forza di raccontare tutto prima a mia sorella e poi ai miei genitori.

E come hanno reagito?

All’inizio fu uno choc. Mia madre voleva portarmi da uno psicologo, mio padre mi fece trovare a casa un frate. Per il contesto in cui viviamo è normale, siamo noi figli che dobbiamo accompagnare le nostre famiglie verso la comprensione di questa realtà. Ora i miei mi supportano, fanno parte dell’Agedo (l’associazione delle famiglie di omosessuali), ho potuto mettere sul mio sito una nostra foto insieme, sorridenti, come quelle che andavo a vedere, con una punta d’invidia, sui siti americani.

Il rapporto con la Chiesa è invece rimasto difficile?

I documenti vaticani esprimono posizioni di condanna, e anche se testi scientifici ed esperienze concrete li sconfessano, gli omosessuali non possono farli valere perché appena vi provano sono accusati di far male a se stessi, agli altri e alla Chiesa, quindi non sono presi sul serio. Eppure la partecipazione di gay e lesbiche alla vita cristiana dice apertamente che tra omosessualità e fede non vi è alcuna inconciliabilità. Mi domando: perché la comunità cattolica non può accogliere con gioia il loro amore? Perché questo amore non può avere dignità di matrimonio?

Il libro racconta anche delle nozze gay celebrate nella comunità di Barbero?

Le abbiamo raccolte perché sono testimonianze di percorsi. In queste “celebrazioni dell’amore”, che solo per semplificazione si può chiamare matrimoni, sono i partecipanti che scrivono i testi della cerimonia, raccontando la loro storia.

Che storie emergono dal libro?

Abbiamo fatto una raccolta di esperienze eterogenee, ogni volta che lo apro vedo che c’è grande sofferenza. Ci sono anche lettere di seminaristi, di donne sposate, di un Papa boy, di sacerdoti che vivono relazioni, di un poliziotto, molto cattolico, che confessa di aver pensato più volte di puntarsi la pistola alla testa. E ci sono anche genitori omosessuali, che hanno procreato in altri Paesi con i metodi offerti dalla scienza. Vogliamo comunicare anche questo: che si può essere una famiglia, che non si è condannati alla sterilità. E poi è l’amore che crea una famiglia.

Il ministro Carfagna la pensa diversamente. Ha definito i gay costituzionalmente sterili.

Lo so e penso che sia una prova di grande ignoranza. Sembra una barzelletta che a fare questa affermazione sia un ministro delle pari opportunità. Così parlano i razzisti.

E l’approccio dei salernitani di che tipo è?

Una relazione tra due persone dello stesso sesso viene ancora vista come omogenitalità e non come omosentimentalità. Io invece rivendico proprio questo aspetto, vorrei che avessimo più visibilità, che potessimo corteggiarci liberamente come tutti gli altri e presentare il compagno alla famiglia, condividere la gioia di un amore. Quasi tutti sono pronti a dirsi esenti da pregiudizi, ma poi subito aggiungono una postilla con quello che noi possiamo fare, secondo loro, e quello che ci è precluso. Potrei dire a questo punto: meglio i razzisti, che una certa carità pelosa di chi pretende di dirti questo sì e questo no. Ma sia chiaro, non è un problema solo di Salerno, ci sono tante realtà simili in tutta Italia, anche nelle città più grandi.

C’è una responsabilità della Chiesa?

Il problema non è il Vaticano, che c’era anche quando è stata approvata la legge sul divorzio. Il problema è la politica, che è prona all’elettorato cattolico e quindi ai dettami del Vaticano. Se si trovasse il coraggio di affrancarsi, come in Spagna, credo che si scoprirebbe nel Paese il riscontro di una maggioranza culturale. I tempi, ormai, sono maturi.


Il libro

“Omosessualità e Vangelo” è il titolo del libro, curato da Pasquale Quaranta, che raccoglie ventiquattro lettere inviate al presbitero Franco Barbero. Nelle 160 pagine del volume, pubblicato dalla Gabrielli editore, sono contenute anche le risposte. Il libro sarà presentato il 5 novembre, alle 10, in Provincia. Saranno presenti l’assessore alla qualità della vita, Piero Cardalesi, e il presidente di Salerno Solidale, Salvatore Memoli. Il volume si può richiedere all’editore: tel. 045/7725543, e-mail info@gabriellieditori.it Sul sito www.p40.it un dossier sul libro.


Pasquale Quaranta / La biografia

Pasquale Quaranta è nato a Salerno nel 1983. Giornalista, si è laureato in Scienze della Comunicazione all’Università di Salerno con una tesi sul tema “La cultura gay ondine”. Ora vive e studia a Roma, dove si sta specializzando in Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo all’Università di Tor Vergata. Nel 2003 ha fondato a Salerno l’associazione di cultura omosessuale Federico Garcia Lorca e ne è stato presidente. Nel Natale 2003 è stato invitato dal parroco di Rignano Garganico, in Puglia, per offrire la propria testimonianza ai fedeli riuniti per la celebrazione eucaristica. Accettò l’invito e partecipò alla cerimonia insieme alla madre. Il parroco fu poi trasferito. Il suo nome balzò alle cronache nazionali per l’aggresione omofobica subita a Battipaglia, dove abitava, ripresa dalle telecamere della trasmissione Lucignolo di Italia 1. È stato consigliere nazionale Arcigay e portavoce del Salerno Pride 2005. Nel 2007 ha partecipato insieme alla sua famiglia alla campagna di consapevolezza “Va bene così” promossa da Agedo, l’Associazione genitori di omosessuali. Nello stesso anno Quaranta è stato ricevuto per meriti di studio dall’allora presidente del consiglio dei ministri, Romano Prodi, al quale non ha però stretto la mano, in segno di protesta contro l’immobilismo della politica italiana sui diritti delle coppie di fatto.


Il protagonista / Il sacerdote “silenziato” che benedice le unioni omosex

Franco Barbero è definito un sacerdote “silenziato”, un prete scomodo che la Chiesa ha disconosciuto. Nato a Savigliano (in provincia di Cuneo) nel 1939, è stato ordinato prete nel 1963, ma le sue posizioni di dissenso verso le posizioni della Santa Sede gli sono valse la riduzione a laico. Il 25 gennaio 2003 è stato dimesso dallo stato clericale con decreto del Papa Giovanni Paolo II, promulgato dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, il cardinale Joseph Ratzinger poi divenuto Papa Benedetto XVI. Oggi Barbero è un presbitero, continua a seguire gli studi di teologia e, soprattutto, a portare avanti la sua pastorale, svolta fin dagli anni sessanta nella periferia di Pinerolo. «Queste lettere – dice dei documenti pubblicati nel libro – sono un assaggio tra migliaia e migliaia che ho ricevuto e ricevo, sono per me uno dei “luoghi del dialogo”. Su di esse ho versato tante lacrime, ho pregato, riflettuto, studiato. Soprattutto ho cercato di ascoltare e di imparare». I punti di dissenso col Vaticano sono molti: le seconde nozze, il celibato dei preti, la predicazione e il ministero dei laici, le teologie femministe e le unioni tra credenti omosessuali. La sua comunità Viottoli, fondata nel 1973 a Pinerolo, nel Torinese, si è subito distinta per l’attenzione verso gay e lesbiche. Lui stesso celebra matrimoni tra persone dello stesso sesso, e ha collaborato a lungo con Gay.it, contestando le posizioni di chiusura della Chiesa nei confronti di omosessuali e divorziati. Una scelta di accoglienza la sua, compiuta nella consapevolezza di disubbidire alle autorità vaticane ma con la ferma convinzione di aderire così agli insegnamenti del Vangelo. In centinaia, negli ultimi anni, gli hanno scritto cercando il conforto e l’accoglienza che non riuscivano a trovare nelle loro parrocchie. Don Franco, come ancora lo chiamano nonostante abbia dimesso i panni da sacerdote, ha continuato a rispondere, propugnando l’idea di una Chiesa meno escludente e più “madre”.

 

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