LA COMUNITÀ DI OREGINA RIFLETTE SUL CAPITOLO 20 DI MATTEO

 

Qual è il filo rosso chetiene questo capitolo?

Pensiamo che sia la sottolineatura di quale sia la “logica” del regno di Dio, una logica antitetica a quella dei regni di questo mondo, una logica che i/le seguaci di Gesù e le loro istituzioni devono fare proprio: inGesù che ha trattato con eguale bontà i giudei e i pagani, i giusti e i peccatori di qualsiasi tempo e provenienza, possiamo riconoscere l’indiscriminata bontà, l’assoluta gratuità di Dio.

In questo regno, come nella vigna di cui parla Matteo nei capitoli 20 e 21, non c’è primogenitura che tenga ( né degli ebrei rispetto ai cristiani né dei giudeo- cristiani rispetto ai gentili-cristiani né dei cristiani rispetto a testimoni di altre fedi religiose né delle persone religiose rispetto a tutte le altre ), non ci sono ipoteche per nessuno/a, tutti/e possono essere assunti/e ai più gravi e importanti posti di responsabilità.

Continuando la problematica centrale affrontata nei capitoli 18 e 19, Matteo sottolinea ancora chela comunità cristiana è una famiglia in cui non ci sono superiori e sudditi, padroni e subalterni e dove lo spirito di supremazia o di egemonia sui propri simili non è cristiano, ma diabolico, come dice Ortensio da Spinetoli. Quante volte nella storia delle nostre comunità abbiamo sperimentato dinamiche che invece di essere sanamente conflittuali, hanno lacerato il vissuto personale e comunitario di tante persone. Con tutto ciò o nonostante ciò dobbiamo continuare a fare riferimento alle parole di Gesù, se davvero vogliamo una profondo cambiamento culturale e istituzionale:

- Voi sapete che i principi tengono i popoli sottomessi

e che i grandi li dominano.

Non così deve essere tra voi, ma chi

vuole essere il più grande tra voi

deve essere il vostro servo

e chi vuol essere il primo

deve essere il vostro schiavo.

Tutto il popolo di Dio, nelle sue varie articolazioni comunitarie, deve essere una grande diaconia, impegnata nel mondo, nella polis a restituire dignità e giustizia alle persone escluse, emarginate, a quelle alle quali i potenti di questo mondo tolgono la voce ela vita per sete di dominio e di danaro: è questo il fare politica di chi ha scelto la sequela di Gesù; vivendo nell’ingiustizia di questo mondo, operare per la costruzione del regno di Dio, di cui è segno anche la guarigione dei due ciechi di Gerico operata da Gesù, di cui ci parla Matteo.

Il regno di Dio è l’annuncio e l’impegno fondamentale che, per quanto dono di Dio, si realizza nella storia in tanti modi, anche in articolazioni istituzionali che purnel suo essere “umane troppo umane”, sono chiamate a far risplendere il volto di Dio soprattutto negli ultimi e nelle ultime della terra.

In questa ottica la caratteristica della diaconia non può che essere che essere la gratuità, il dono anche delle piccole cose, senza ambire ad azioni da prima pagina o da cronaca mediatica.

A chi sceglie questa diaconia può capitare, come è successo a Gesù e a tante altre persone nel corso della storia, di andare incontro a difficoltà, a resistenze, a invidie e ad oppressioni fino alla morte: questa sera, al di là del merito della scelta guerrigliera, vogliamo ricordare Camillo Torres, l’amore che egli ha testimoniato per il suo popolo e per tutti i popoli oppressi, la sua uccisione avvenuta il 15 febbraio 1966 fra le montagne di Santander in Colombia. La sua diaconia era una proposta, un impegno a costruire una nuova frontiera umana e culturale che abbattesse tutti i muri che elevano barriere fra le persone e fra i popoli.

Genova 14/2/2006

 

 

 

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