LA COMUNITÀ DI OREGINA RIFLETTE SU MATTEO

cap 21, vv. 1-27

 

I versetti fanno parte di un capitolo che si inquadra nella fase finale della vita di Gesù, quella che lo condurrà ad essere ucciso dai capi religiosi e politici del tempo e mette in evidenza il contrasto tra coloro che lo accolgono ( l’ingresso festoso di Gesù in Gerusalemme)e coloro che sono decisi ad ucciderlo: “Cercavano, quindi un modo per arrestarlo, ma avevano paura della folla perché tutti lo consideravano un profeta” (Matteo 21,46 )

 

L’INGRESSO DI GESU’ IN GERUSALEMME:

Gesù entra in Gerusalemme accolto solennemente come un re, re d’Israele; non si può escludere che i pellegrini che stavano entrando in città con Gesù siano stati coinvolti in una manifestazione di tipo zelota contro il potere romano e la soggezione alle autorità religiose giudaiche. Nello stesso tempo, Gesù, almeno quello che ci presenta Matteo, mette in chiaro con un’azione simbolica il modo in cui la sua regalità va intesa. Eglicavalca su di un’asina con il suo puledro e adempie la profezia di Zaccaria seconda la quale il re del futuro tempo salvifico verrà, in contrasto con tutti i sovrani terreni, sulla cavalcatura del semplice uomo. Il Gesù dei vangeli interpreta quindi in unaltro modo l’accoglienza riservatagli e la sua proclamazione a re d’Israele. La prassi di Gesù è allora- come si chiede Fernando belo religiosa e spirituale come pretendono gli ideologi della borghesia? No, Gesù propone un altro tipo di politica ma la sua prassi è pienamente politica tale da essere ritenuta sovversiva.

 

GESU’ NEL TEMPIO:

E’ la prassi che si rivela nelgesto profetico di Gesù che ha di mira l’atrio dei pagani, cortile esterno del Tempio. Matteocostruisce un’opposizione tra coloro che appunto hanno fatto e fanno del tempio un luogo di sfruttamento economico e culturale delle persone povere e semplici, un luogo peraltro dove ciechie zoppi non potevano neppure mettere piedi, e Gesù ( e quindi quanti sono alla sua sequela ) che nel tempio non opera sacrifici ma guarigioni, mettendo in luce, come dice Mello, che lo scopo del tempio è quello di restituire le donne e gli uomini alla loro integrità, perché siano in comunione conDio e con tutte le altre persone che incontrano. Ancora una volta, infatti, sono le persone socialmente escluse, lattanti ed infanti, a proclamare la lode di Gesù, luogo in cui tutte/i hanno un nuovo accesso al divino.

Quante volte nella prassi delle comunità abbiamo sottolineato da un lato l’importanza di comprendere e di assumere la religiosità popolare come espressione di vissuto genuino e talora di forte protesta sociale ma dall’altro abbiamo denunciato lo sfruttamento operato dalle gerarchie politiche ed ecclesiastiche dei sentimenti religiosi di tante persone umili e povere.

 

IL FICO SENZA FRUTTI:

Per Belo la scena del fico maledetto, estremamente curiosa, sembra essere una “parabola reale” che indica allo stesso Gesù il futuro destino del Tempio: come il fico è secco perché non dava frutti, così accadrà al Tempio isterilito.

Ma l’azione simbolica che Matteo mette in bocca a Gesùesprime forse un giudizio ancora più ampio e duro su ciò che è accaduto al popolo ebraico dopo ladistruzione del tempio di Gerusalemme; distruzione vista come conseguenza del fatto che, come già alcuni profeti avevano denunciato, Israele non portava più frutti di giustizia e di fede; tuttavia dobbiamo stare attenti a non generalizzare questo giudizio, perché esso si riferisce sì all’Israele ufficiale ma è un messaggio ed un ammonimento per la comunità cristiana matteana, ed oggi per la nostra comunità che si isterilisce se non dà frutti di pace, di giustizia nella pienezza di relazioni autentiche.

 

 

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