Franco Barbero

Già, i miei sogni

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Iniziata la lettura di queste pagine, ho fatto fatica a staccarmene prima di essere giunto all'ultima riga. Mi è successo che, di sogno in sogno, mi sono talmente coinvolto che ho ritrovato alcuni mieiamici della notte. Tanto più che in famiglia da 19 mesi ho una figlia adottiva che è una sognatrice instancabile. Non perde mai occasione di raccontarci i suoi sogni. Nei primi mesi credevo di dovermi soprattutto cimentare nell'interpretazione; ora sto ascoltando i sogni di C. con l'emozione di un fanciullo. A volte C. racconta così caldamente i suoi sogni che ne resto incantato. Spesso mi commuovo fino alle lacrime. Penso che debbo soprattutto a lei se oggi ho riscoperto i miei sogni come una mano amica che addita un orizzonte, che guida verso la felicità.

Già... i miei sogni... Uno lo ricordo benissimo e sovente me lo vado a rileggere. Espulso nel 1968 dal Seminario dove insegnavo, perché ero un prete scandaloso per i seminaristi per le mie idee politiche e religiose, fui mandato come coadiutore in una parrocchia con due sacerdoti straordinariamente dediti al ministero. Ma io, pur legato da stima ed affetto a questi confratelli, sentivo la parrocchia come una casa stretta. Dopo un anno o poco più feci un sogno che non riuscii più a rimuovere o cancellare. Ero all'altare come celebrante per la messa domenicale. La grande chiesa si stava progressivamente rabbuiando e le stesse luci sembravano diffondere una crescente oscurità. Le persone, dapprima distratte, facevano ressa verso l'uscita, incuranti dei miei appelli alla partecipazione. Io, con volto smarrito, pallido e cadaverico, guardavo sconvolto e impotente quei banchi ormai vuoti. La chiesa mi sembrò allora un immenso salone, come un magazzino, un deposito di merci fuori uso. Ebbi la percezione che mi mancasse l'aria. Agitato e sudato mi... risvegliai, quando mi accorsi che la mia casula colorata stava stingendo… diventando grigia come le pareti...

Quel sogno, amico della notte, non mi mollò più. Mi fece una sconvolgente compagnia per lunghi giorni. Nel mese di luglio mi ammalai. Bronchiti, insonnia, raucedine e poi caduta verticale dellavoce e dolori reumatici mi costrinsero ad interrompere per un periodo di riposo in Val d'Aosta. Là nel silenzio e nella preghiera diventava impossibile fuggire dal mio sogno e dal mio bisogno. Come posso dormire se non sono ipace con me stesso? Come posso guarire dalle mie bronchiti se torno a respirare in quella chiesa grigia? Come potrò superare la raucedine e riprendere la voce se là non più nulla da dire? Mi fu anche facile capire che i miei reumatismi erano dovuti ad un ministero che, in quella forma, era diventato per me un peso che mi schiacciava, un dolore che mi entrava nelle ossa.

Fu allora che, con non poca sofferenza, scrissi ai miei confratelli che intendevo lasciare la parrocchia perché avevo bisogno d'altro... Solo a novembre riuscii a dare qualche lineamento al mio sogno notturno che ormai abitava i miei giorni. Ci volle del tempo, fino al 1973, perché il progetto si realizzasse, dando vita ad una comunità di base, quella di cui sono prete ancora oggi, ma la strada era aperta... Oggi posso dire che la felicità possibileha trovato spazio in me perché mi sono lasciato guidare da quel sogno. Nella casa dei dogmi, dei riti congelati, delle verità in pillole non potevo che diventare un acido funzionario, una mummia dell'istituzione. Nei tanti passaggi del cliente del libro di Carlo Vaj mi sono rivisto, sia pure nella irrepetibile individualità e originalità di ogni percorso.

Così, il mio briccone ha ancora oggi la sua parte. Io ho bisogno di abbracciare, di sentire i corpi, di respirare i tonificanti profumi dell'eresia, di vivere la vita come esperimento, di pensare e tentare l'inedito, di vivere con i maledetti dal potere. E poi ho bisogno di ridere, di amare, di piangere di dolore e di gioia, di continuare i giorni della creazione.

Il lettore di queste pagine spesso constaterà il ritorno su tematiche spesso sottovalutate: Il riso è il nostro alleato e miglior terapeuta (pag.62). I potenti vorrebbero sempre vederci gementie piangenti in questa valle di lacrime.La nostra gioia e le nostre risate sono la loro denudazione e la loro angoscia. Il vaticano e il chierichetto Bruno Vespa e migliaia di loro amici vorrebbero che noi tutti fossimo in adorazione del dolorismo papale, ma lo spettacolo indecente del papa moribondo usato per le glorie dell'istituzione ecclesiastica è purtroppo metafora di una chiesa nemica della felicità e della libertà. Gesù di Nazareth ha amato appassionatamente la vita e ha lottato contro tutte le forze dell'infelicità e ora noi ci troviamo a fare i conti con una chiesa che è una caserma, un'azienda, un esercito, un quotidiano invito a crocifiggersi e ad espiare. Io amo il Gesù che sorride, testimone di un Dio che sorride alle sue Creature e che anche nel sogno ci ammaestra: Dio sa parlare in unmodo o in un altro ma nessuno fa attenzione: nel sogno in una visione notturna, quando il torpore piomba sugli uomini ed essi dormono nei loro giacigli, allora Egli apre l'orecchio agli uomini e vi sigilla gli avvertimentiche rivolge loro, per distogliere l'uomo dal male..., per impedirgli di cadere nella fossa... (Giobbe, 33, 25-27).

Il libro di Carlo Vaj, che straripa di competenza e di saggezza, sarà certamente per molti un compagno di viaggio prezioso per evitare le trappole, le fosse di una vita che, se non esce dai binari del perbenismo e dell'obbedienza al sistema, non è degna di questo nome. Oggi, mentre attendo eascolto nuovi sogni, sento che la vita ha il sapore del pane buono e io la gusto con intensità e la guardo con occhi nuovo. So bene che la vita non risparmia a nessuno dolori, perdite ed affanni, ma intanto ogni giorno rispunta il sole e lì vedo il faccione sorridente di un Dio caldo ed innamorato.

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(recensione a CARLO VAJ,Totem e il Briccone. Dipingere i sogni. Una sorprendente tecnica di guarigione, Ecig, Genova, 2005, pag. 182, euro 14,00. )

 

 

 

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