Carlo Ottino

Contaminazioni

Laicità n.3 /2007

 

Marcello Vigli, Contaminazioni. Un percorso di laicità fuori dai templi delle ideologie e delle religioni, prefazione di Sergio Lariccia, edizioni Dedalo, Bari 2006, pp. 299, ¤ 16,00.

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È un libro significativo di un autore significativo, laico e cattolico, che è stato ed è, nel trascorrere degli anni e degli impegni, esponente del movimento delle Comunità Cristiane di Base, di «Scuola e Costituzione» e dell’anticoncordatario «Carta 89», fino alle più recenti vicende dell’Associazione «Per la Scuola della Repubblica»; in particolare, un amico nostro, del nostro Comitato e di «Laicità».

La presentazione dell’Autore è certo schematica e incompleta; ma forse sufficiente per delinearne le affinità e le differenze rispetto all’attività e alle caratteristiche di questo periodico e del suo impegno pluriennale, nel cui orizzonte pensiamo si collochi problematicamente e utilmente anche questa sua ultima pubblicazione, non a caso definita nella prefazione di Lariccia «un utile contributo alla cultura della laicità».

Si potrebbero individuare, nei venti capitoli costituenti il volume, tre parti sostanziali: una prima, di taglio più storico, accompagnante l’idea e gli eventi della laicità dall’antichità culturalmente a noi più affine alle contraddizioni e crisi della nostra contemporaneità; una seconda parte più concettuale concernente in termini anche comparativi le discusse e talora contestate o addirittura respinte presenze odierne delle istanze laiche nel riconoscimento di un possibile ripensamento e di una loro pur necessaria rivitalizzazione; una terza parte racchiusa nei tre capitoli conclusivi, da cui sembrano emergere le linee propositive finali dell’intero percorso.

Certamente stimolante, non solo sotto il profilo interpretativo, appare pertanto e innanzitutto la prospettiva storica che, superando gradatamente i successivi connubi tra religione e potere, trono e altare, perviene alle pur contraddittorie espressioni etiche e politiche in termini moderni e secolaristici della laicità: il respiro rimane in prevalenza – sebbene con richiami non esclusivi rispetto alla storia mondiale – nel quadro europeo o euro-occidentale/euro-atlantico, con inevitabili maggiori riferimenti alle vicende dei secoli XIX e XX e a quelle dell’Italia dopo il costituirsi dello Stato unitario. «L’affermazione della centralità dell’uomo e la desacralizzazione delle istituzioni» (p. 49), sostanziate dalle spinte illuministiche e rivoluzionarie del Settecento, accompagnano la trattazione fino a definire in rapporto alla laicità da un lato gli effetti innovativi della doppia spinta liberale e socialista fra Ottocento e Novecento, dall’altro tuttavia gli effetti e limiti pur variamente riconoscibili della secolarizzazione e della laicizzazione a partire dalle società più avanzate, fino a dover notare – con la crisi delle ideologie e degli equilibri dopo i fascismi e le guerre novecentesche, dopo Auschwitz e Hiroshima – le riprese diffuse dei fondamentalismi e dei «ritorni al sacro» differentemente connotati.

Ma, se non inutile sembra la riflessione su «crisi della laicità» e «rivincita di Dio» (cap. XI), fermo restando da vedere in che misura si tratti di «rivincita» se non nel contesto delle contraddizioni in cui noi e la società continuiamo a vivere ed operare, sono senz’altro in sé stimolanti i rilievi interconnessi tra laicità e cultura e laicità e secolarizzazione, e forse ancor più i quesiti che sorgono nel ribadire la laicità come metodo nonché i suoi collegamenti con etica e bioetica, politica e Stato. Così, tra l’altro, le pagine centrali, negando in rapporto alla crisi delle ideologie il principio di autorità, pongono in buona evidenza gli aspetti essenziali del pluralismo e della centralità del confronto, della razionalità come critica storicizzante e relativizzante di ogni valore, dei presupposti di libertà e responsabilità di fronte al fare ancor prima del conoscere, del «meticciato culturale» senza ricorsi all’idea di Dio, del confronto crescente con le nuove scoperte tecniche e culturali, del preminente senso politico di cittadinanza e solidarietà postulante in ogni caso la superiorità del pubblico sul privato da istituzionalizzare nello Stato laico costituzionale e sempre più nella comunità internazionale, nei quali la stessa diversità si afferma come valore.

È peraltro il contesto in cui, nella ricerca di una visione altra, il sacro viene riconosciuto come «una sorta di riserva metaumana di senso, rispondendo all’esigenza di porre idee e istituzioni fuori del “quotidiano” e del “modificabile”» per cui (al di là, ci sembra, di ulteriori persistenti tentativi) «il sacro e le sue diverse manifestazioni hanno vita più lunga di ogni altra rappresentazione scientifica o ideologica» (p. 207). In tal modo, cercando in termini sostanzialmente cristiani un «ripensamento» sui possibili o ipotetici rapporti tra laicità e religione (ma soprattutto tra Chiesa e teologia cattolica e modernità laica), viene delineata l’idea di una «fede vissuta nella cultura della laicità», nell’orizzonte di una «comune umanità» planetaria (pp. 291-292). Resta in ogni caso difficilmente accettabile in ottica rigorosamente laica ogni tipo di attribuzione alle chiese o associazioni religiose di funzioni pubbliche, quand’anche in chiusura si affermi qui che «il credente (…) per essere credibile non deve imporre l’oggetto della sua fede a chi ne ha una visione diversa e vive nella convinzione che la dignità umana coincida con la coscienza storica» (p. 299), senza residui.

 


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