Commento alla lettura biblica liturgicadel 11 novembre 2007

 

Figlie e figli della risurrezione

 

Gli si avvicinarono poi alcuni sadducei, i quali negano che vi sia la risurrezione, e gli posero questa domanda: «Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se a qualcuno muore un fratello che ha moglie, ma senza figli, suo fratello si prenda la vedova e dia una discendenza al proprio fratello. C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli. Allora la prese il secondo e poi il terzo e così tutti e sette; e morirono tutti senza lasciare figli. Da ultimo anche la donna morì. Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». Gesù rispose: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni dell'altro mondo e della risurrezione dai morti, non prendono moglie né marito; e nemmeno possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio. Che poi i morti risorgono, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando chiama il Signore: Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui» (Luca 20, 27-38).


La liturgia odierna ci propone un brano biblico sulla risurrezione dei morti. Questa pagina è riportata, con alcune varianti, nei vangeli di Marco, di Matteo e di Luca. Sarà bene tener presente tutte queste versioni.

I sadducei

Intanto fin dalle prime righe si profila uno scontro più che una differenza. Gli interlocutori di Gesù, prima di porgli una domanda, affermano perentoriamente che non c’è alcuna risurrezione dei morti.

Sono i sadducei, un gruppo molto potente di aristocratici, fidatissimi collaboratori del potere. Siamo così invitati a “far conoscenza” con questo gruppo politico-religioso attivo in Giudea attorno al I° secolo dopo Cristo. In tutta la letteratura antica non un solo sadduceo ci parla direttamente e nessun autore di quel tempo ce ne presenta una descrizione positiva.

“Se i sadducei come gruppo hanno prodotto degli scritti che riflettono il loro punto di vista, questi non ci sono pervenuti. Di conseguenza, per descrivere i sadducei, dobbiamo fare affidamento sulle nostre tre fonti principali (il Nuovo Testamento, Flavio Giuseppe e la letteratura rabbinica), che sono tutte ostili ai sadducei sia pure in grado diverso” (J. Meier).

Il fatto che i sadducei, come gruppo organizzato, non siano sopravvissuti alla distruzione di Gerusalemme del 70 d.C. significa che, probabilmente, la maggior parte di loro è rimasta in città a combattere contro le altre fazioni giudaiche, quando la lotta contro i romani volgeva verso l’amara fine che conosciamo. Sia l’assalto romano che le lotte intestine in Gerusalemme procurarono l’uccisione di molti esponenti dell’aristocrazia sadducea, sia sacerdotale che laica, ponendo fine in tal modo al gruppo come forza politica organizzata.

Per i sadducei non aveva alcun senso disquisire su una vita dopo la morte. L’insegnamento sulla risurrezione era, secondo la loro opinione, una dottrina eretica estranea ai primi cinque libri della Bibbia (Pentateuco). Gesù, come il testo evidenzia, si rifà alle Scritture antiche con una interpretazione radicalmente diversa da quella dei sadducei e assolutamente creativa.

Intanto…

L’aspetto altamente stimolante di questo “dialogo” sta nel fatto che, sistemati nel nostro presente o assorbiti dalla routine, dagli impegni e dagli affari, resta poco spazio per pensare alla morte e a tutto ciò che il morire comporta.

Proprio domenica scorsa nella mia comunità, in una giornata molto intensa su “Vivere il morire”, introdotta dalla relazione di don Sergio Messina, che ha maturato su questo terreno un’esperienza straordinaria a livello di studio e di relazioni, abbiamo preso atto insieme della nostra difficoltà a “vivere con la morte” e a lasciarci interpellare dal messaggio di risurrezione.

Di fronte alla morte e al “dopo-morte” siamo tutti fragili…

Gli studiosi della Bibbia, in volumi e volumi, discutono su questa pagina evangelica per scoprire se essa risalga al Gesù storico o sia un prodotto della comunità delle origini. Gran parte degli studi fanno risalire il nucleo del racconto fondamentale a Gesù, mentre la forma attuale della pericope (=pagina) è frutto della elaborazione comunitaria.

Possiamo pensare che “il dibattito con i sadducei sulla risurrezione effettivamente riflette un episodio reale durante il quale il ministero del Gesù storico, avvenuto con buona probabilità a Gerusalemme” (J. Meier, Un ebreo marginale, Volume III, pag. 483).

“In ogni caso Marco 12, 18 – 27 (da cui derivano il brano lucano e matteano) è una “reliquia” unica e preziosa che ci permette di comprendere meglio le idee di Gesù sul significato dell’avvento futuro del regno di Dio. Il Gesù storico credeva che le generazioni passate sarebbero risuscitate dai morti e che gli israeliti fedeli avrebbero partecipato ad un nuovo tipo di vita (ecco l’immagine degli angeli), in cui le precedenti relazioni istituite dal matrimonio e dall’attività sessuale sarebbero cessate. La condizione definitiva del regno, pertanto, avrebbe comportato una trascendenza, un superamento di questo mondo, e non semplicemente un suo miglioramento. Nel realizzare questo mondo nuovo, il Dio della creazione e dell’Alleanza, il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, adempirà le sue promesse più solenni al popolo di Israele di essere il suo salvatore e protettore, anche oltre la morte” (J. Meier, pag. 484). Il brano esprime, dunque, la fede di Gesù prima ancora che la fede della comunità.

Figli della risurrezione

I discepoli e le discepole di Gesù non hanno voluto lasciar cadere questa perla preziosa della fede e dell’insegnamento di Gesù. Questa testimonianza è per noi un grande dono. Il nazareno più volte aveva riposto una tale fiducia in Dio che oltrepassava la barriera della sua vita terrena. Così Lo pregò ancora sulla croce.

Certo, siamo figli/e della risurrezione, se viviamo i nostri giorni come creature risorte dall’egoismo, ma siamo figli e figlie della risurrezione anche perché, come Gesù, ci affidiamo a Dio che raccoglie presso di sé le nostre vite oltre la morte. L’espressione “sono uguali agli angeli” non intende descrivere come saremo, anche perché gli angeli sono un espediente e una comparsa letteraria e teologica più che una realtà. Vuole piuttosto segnare una discontinuità, il fatto che saremo in una condizione nuova.

Questo messaggio di Luca è davvero volutamente provocatorio: da una parte relativizza il fogliame delle nostre fantasie e dall’altra ci invita a riporre tutta la nostra fiducia in Lui che è e sarà la nostra vita nuova. La risurrezione è opera solo di Dio, di quel Dio che ha risorto dai morti Gesù.

Le scritture e la potenza di Dio

E’ interessante notare che nel testo di Matteo (e di Marco, ripreso in forma interrogativa) Gesù rivolge ai sadducei un rimprovero severo: “Voi vi ingannate perché non conoscete le Scritture e la potenza di Dio”.

Non solo Gesù dimostra la sua innovazione interpretativa della Scrittura, ma ribadisce, come sempre, che tutto dipende dalla “forza” di Dio, da ciò che Lui solo può fare. La nostra vita presso di Lui dopo la morte è solo affidata al Suo amore. Questo ci testimonia Gesù.

La memoria dei defunti è un segno di un'umanità che ama e ricorda, ma i defunti sono nelle mani di Dio solo in forza della Sua fedeltà. Il nostro ricordo ci fa sentire una “comunione che continua” e la nostra preghiera ci aiuta a collocarci sempre più intensamente tra le braccia di quel Dio che porterà anche noi oltre la morte.

Ma non c’è nessun suffragio che libera da un purgatorio che del resto esiste solo nel catechismo. Non c’è nessun ciclo di messe che fa salire in paradiso. Tutta l’organizzazione del suffragio, a parte lo scandalo dei soldi, poggia su un equivoco, quasi si dovesse saldare un conto con Dio attraverso il suffragio gestito dal clero. Oggi buona parte della teologia ha fatto piazza pulita di queste concezioni mercantili del rapporto con Dio.

Anziché far “dire messe” in memoria dei defunti, perché non usare le offerte che spesso si raccolgono, come apprezzabile segno di affetto, per continuare certe opere care al defunto o per sostenere iniziative come Emergency, Donne in nero, gruppi di solidarietà, progetti di ricostruzione, associazioni umanitarie, adozioni a distanza?

Queste sono buone e feconde memorie dei nostri defunti. Come consigliamo nella nostra comunità, quando avviene un matrimonio, di evitare i regali agli sposi e di sostituirli con una colletta da destinare ad un progetto concreto di solidarietà, così i soldi destinati “a far dire messe” (che vanno solo a rimpinguare le tasche clericali) possono essere utilizzati per le mille finalità solidaristiche vicine o lontane.

Aiutare a vivere… ecco le opere dei figli e delle figlie della risurrezione. Questa è la risurrezione che tocca a noi. L’altra sta tutta nelle mani di Dio. Non facciamo della vita oltre la morte un alibi per la vita prima della morte.

Oggi è il tempo del “costruire cammini di risurrezione” che tocca proprio a noi costruire. Sicuri che Dio è fedele e mantiene la promessa di donarci una vita “altra” con Lui, ora tocca a noi vivere questo tempo con intensità d’amore e con passione per la giustizia.

 

 

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