Giovanna Romualdi

Libere da fondamenta

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Nel numero di settembre del suo mensile “Etc”, “Carta” pubblica un buon numero di relazioni ed interventi dell’incontro internazionale organizzato dalla rivista trimestrale “Marea” sul tema “La libertà delle donne è civiltà. Donne e uomini impegnati contro i fondamentalismi religiosi, per l’autodeterminazione delle donne e per la cittadinanza” (Genova, 26-27 maggio 2006). Non sono gli atti (Monica Lanfranco per Marea assicura che saranno pubblicati al più presto) ma giàle paginedi “Carta Etc” sono più che sufficienti a dare lo spessore di quell’incontro, che non poteva certo essere rappresentato da un qualche sommario resoconto di quella occasione (consultare anche www.mareaonline.it). E sono pagine utili da leggere proprio in questi giorni di dibattito sul multiculturalismo nonché sulle dichiarazioni del papa Ratzinger.

In particolare, senza togliere alcun merito alle intervenute e agli intervenuti impegnati sul versante della laicità in Italia, mi sembrano significativi, per la comprensione del passaggio storico in cui ci troviamo, le narrazioni e le analisi politiche che sono state portate all’incontro dalle reti internazionali di donne impegnate, non da oggi,contro i fondamentalismi. Fra queste: Women against fundamentalism che dal 1989 coinvolge donne di vari paesi con attività politiche (http//waf.gn.apc.org/), Associazione Afrika che opera nelle banlieus di Parigi, Donne in nero della Serbia, Iranian women against fundamentalism (www.wfafi.org/), Southall black sisters che opera a Londra da più di venticinque annicon donne asiatiche e afro-caraibiche (www.southallblacksisters.org.uk), Women living undermuslim laws che connette donne di più di settanta paesi dall’Asia, all’Africa, al Brasile, alla Francia (www.wluml.org).

Non c’è solo la denuncia di tutti i fondamentalismi: il fondamentalismo è la forma attuale del fascismo (Marieme Hélie Lucas). Le esperienze mettono bene in evidenza la complessità del mondo che troppo spesso viene identificato con un Islam compatto ed omogeneo e spingono ad analizzare più a fondo le politiche di multiculturalismo che rinchiudono le istanze delle donne nei confini dell’appartenenza alle comunità religiose.Un rischio che appare ben evidente anche in Italia, dove le comunità religiose possono trovare un punto di forza nell’abitudine a politiche di tipo concordatario.

Con grande partecipazione si legge il percorso di vitache ha portato YaelMeroz “ad uscire dall’armadio”, a “dire No ai fondamentalismi”, a liberarsi senza paura da identità imposte per giungere a potersi liberamente definire “una donna laica pacifista e di sinistra…israeliana”, prendendo atto che le origini religiose ebraiche e le radici culturali Sefaradi ed Ashkenazi la possono far convivere con gli altri esseri umani.

 

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