Comunità cristiana di base di San Paolo

Eucaristia in ricordo di Piergiorgio Welby

Domenica 7 gennaio 2007

 

Gianni: Iniziamo questa nostra assemblea a cui il Signore ci ha convocati - ma ci ha convocati anche Piergiorgio - per fare invocazione, preghiera, conversione alla solidarietà, alla fedeltà alla Parola del Signore. E noi ce la riproponiamo insieme leggendo dal testo che abbiamo in mano nella prima pagina queste parole del Vangelo, perché diventino sempre di più parole della nostra vita.

Preghiera d'inizio (dal Vangelo di Matteo, 7,7-11):

Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. Chi tra di voi al figlio che chiede pane darà una pietra? O se gli chiede un pesce darà una serpe? Se voi dunque, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelle che gliele domandano!

Giovanni Franzoni spiega a tutti i partecipanti la ragione e il senso di questa Eucarestia:

Per chi è nuovo di questa comunità dobbiamo chiedere scusa per la pochezza della sala: non ci sono i marmi e gli alabastri della basilica di San Paolo. Degli splendori della basilica sono rimaste semplicemente due esercitazioni di qualche studente, di qualche persona che lavorava in fase secondaria per questa che doveva essere una sala cinematografica della parrocchia.

Però se questo locale non somiglia molto a una Chiesa ufficiale ha un vantaggio: noi da oltre trent'anni siamo qui e direi che le pareti cantano libertà, sostanzialmente. Di qui sono passati tanti messaggi, tante esperienze, tanti dolori, ma anche tante speranze. Qui bambini o ragazzi adolescenti hanno scelto il battesimo, qui abbiamo pianto e abbiamo ricordato le persone care che ci hanno lasciato. Tutto quanto è sostanzialmente all'insegna della libertà.

È per questo che con immenso amore accogliamo i familiari di Piergiorgio Welby, perché quello che noi abbiamo recepito, l'essenziale, la perla del suo discorso è la dignità nel proprio vivere, la dignità nel venir meno nella salute, nella vita, nel vivere il proprio limite, la libertà e la dignità nel morire. Presentarsi non soltanto come consumatore di libertà, ma come un annunciatore, un propositore di libertà, per questo popolo che qualche volta in una canzone diciamo che ignora le proprie virtù, che è il popolo italiano, il popolo del pianeta, quello che sia, che ha dentro di sé una grande e vera aspirazione alla libertà, alla dignità, al rispetto della vita in tutte le sue fasi, anche in quelle più esposte alla sofferenza o alla riprovazione di coloro che ritengono di possedere le chiavi interpretative della vita, ma che qualche volta prendono anche delle cantonate solenni.

Quindi sotto questo profilo se la sala non è splendida dal punto di vista architettonico, però vuole essere un utero, un segno di accoglimento e di apprezzamento e anche sotto un certo aspetto di corresponsabilità: nessuno muore, se chi raccoglie questo messaggio se lo carica sulle spalle e lo porta avanti, affinché questo popolo che abita questo nostro pianeta, questa nostra terra, cominci a conoscere le proprie virtù e a praticarle con amore e non con rivalità ed odio.

Momento penitenziale.

Gianni: Cominciamo questa nostra assemblea eucaristica chiedendo perdono al Signore, ma anche al mondo, all'umanità, ai fratelli e sorelle di tutti i continenti, alla terra stessa, di tutto quello che è stato nostro tradimento, infedeltà, dimenticanza, distrazione.

Confesso a Dio Onnipotente e a voi, fratelli e sorelle, che ho molto peccato in pensieri, parole, opere ed omissioni, per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi, fratelli e sorelle, di pregare per me il Signore Dio nostro.

Gianni: E Dio che è padre e madre ha avuto misericordia di noi, ha perdonato tutti i nostri peccati e ci ha reintrodotto nella famiglia divina. Per Cristo nostro fratello. Amen.

da Padre Turoldo: "All’abisso".

No, non c'è notte da Innominato che non possa essere squarciata da una preghiera, perché anche il disperato spera, anche il suicida spera, pure la morte spera e può essa stessa comporsi in un estremo de profundis. Anche il fiotto del sangue ha un inaudito gemito, anche chi grida a Te da luoghi troppo profondi e ti dice di non ascoltare la tua voce ti prega. E pure chi ti maledice, Dio, a suo modo ti innalza il suo de profundis assurdo. E, presente o assente che Tu sia, sempre incombi dall'altro polo dell'abisso, ora muto come una lapide, ora tenero come una madre gioioso di sentire pietà. Tu pure commosso e avvilito per questo infinito dolore del mondo. Commosso per le tante vite infelici, colpevoli o innocenti che siano.

Canto: Preghiera in Gennaio, di Fabrizio De André
I Lettura: dal libro di Giobbe, cap. 6,1-4. 11-17

"Allora Giobbe rispose:

Se ben si pensasse il mio cruccio

e sulla bilancia si ponesse la mia sventura…

certo sarebbe più pesante della sabbia del mare!

Perquesto temerarie sono state le mie parole,

perché le saette dell'Onnipotente mi stanno infitte,

sì che il mio spirito ne beve il veleno

e terrori umani mi si schierano contro!

Quale la mia forza perché io possa durare?

O quale la mia fine perché io prolunghi la vita?

La mia forza è forza di macigni?

La mia carne è forse di bronzo?

Non v’è proprio aiuto per me?

Ogni soccorso mi è precluso?

A chi è sfinito è dovuta pietà dagli amici,

anche se ha abbandonato il timore di Dio.

I miei fratelli mi hanno deluso come un torrente,

sono dileguati come i torrenti delle valli,

i quali sono torbidi per il disgelo,

si gonfiano per lo sciogliersi della neve,

ma al tempo della siccità svaniscono

e all'arsura scompaiono dai loro letti

 
Salmo 83
Beato chi abita la tua casa,Signore

Quanto sono amabili le tue dimore, Signore dell'Universo.

L'anima mia languisce e brama gli atri del Signore.

Il mio cuore e la mia carne esultano nel Dio vivente.

Beato chi abita la tua casa,Signore

Beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi!

Beato chi trova in te la sua forza e decide nel suo cuore il santo viaggio.

Beato chi abita la tua casa, Signore

Signore, Dio dell'Universo, ascolta la mia preghiera, porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.

Vedi, Dio, nostro scudo, guarda il volto del tuo consacrato.

Beato chi abita la tua casa, Signore

 

II lettura: dalla lettera dell'Apostolo Paolo ai Galati:

Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù. Non avete più nulla a che fare con Cristo, voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia. Noi infatti per virtù dello Spirito attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo. Poiché in Gesù Cristo non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera nel mezzo della carità.

III lettura: dal Vangelo di Matteo, 25-31,40

Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria con tutti i suoi angeli, si siederà sul trono della sua gloria. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che sono alla sua destra: Venite, benedetti dal Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi sin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi. Allora i giusti risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti? Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli l’avete fatto a me.

 

Commenti alle letture

Gianni: Arricchiti della ricchezza, ma anche della responsabilità che ci è venuta da queste parole del Signore, aggiungiamo adesso delle nostre parole: delle nostre parole di riflessione, di preghiera, di commento, di ricordo di chi è presente, anche seinvisibile.

 

Antonio: Qualche parola su queste Scritture che abbiamo scelto non tanto per sentirci dire cose che ci fanno piacere e che ci gratificano, quanto per riflettere e per farci provocare, perché la Parola viva è quella che si incarna in chi l'ascolta e che provoca un qualcosa di nuovo nella sua vita.

La prima lettura è dal libro di Giobbe, che è uno dei più sconvolgenti della Bibbia. È stato molto studiato e anche recentemente ha ispirato una ricca produzione artistica e letteraria. Che cosa dire di più? Forse in questo breve spazio si può solo ritornare al messaggio di fondo, lasciandoci indietro quell’icona tradizionale che ancora ci portiamo appresso del Giobbe paziente, che è diventato quasi un proverbio, ‘la pazienza di Giobbe’. Invece Giobbe, anche a giudicare da questi pochi versi, non è affatto paziente, anzi è un temerario: lui sfida Dio a processo, a giudizio, faccia a faccia se fosse possibile, perché non accetta la sofferenza inaudita che gli è stata inflitta. In quel tempo c'era una consuetudine, un dogma diremmo oggi, di affermare che Dio premia i giusti e punisce i cattivi. Giobbe, per quanto cerchi in sé, nella sua coscienza, non trova nulla di cui rimproverarsi, né lo trovano gli amici che sono intorno a lui. Allora dice a Dio: perché mi fai questo? E questi amici che apparentemente vogliono aiutarlo - ce ne sono tre che si alternano a discutere con lui - più che aiutarlo cercano di fargli confessare un qualche peccato, perché dicono: non è possibile che Dio ti punisca se tu non hai peccato. Cerca bene e lo troverai. Quindi il loro intervento non è a favore di Giobbe, ma è a favore del ristabilimento di un ordine che era sconvolto da questo grido di dolore di Giobbe. E qui vengono parificati appunto a dei torrenti che portano troppa acqua d'inverno quando non serve e quando serve sono secchi.

Questo processo di Giobbe intentato a Dio non è finito. È ancora in corso, è più lungo dei nostri pur lunghissimi processi, perché durerà fin quando ci saranno nel mondo voci di disperati, di torturati, di sofferenti, che si rivolgeranno a Dio per chiedere: Ma dove sei? Perché ci hai abbandonato? Ed è in fondo il grido di Gesù quando muore sulla croce.

Per venire al passo di Paolo, qui si parla di libertà, una libertà che Paolo rivendica gelosamente anche contro le autorità di Gerusalemme, che a quell'epoca erano molto importanti perché avevano visto Gesù. Eppure Paolo, di fronte a queste autorità che si barcamenavano tra il circoncidere e il non circoncidere, rivendica la sua libertà, una sua grande libertà di credere senza identificarsi rigidamente con una religione o con segni esteriori.

Dice: ma che c'entra questo con la sofferenza? Certo, chi soffre difficilmente può usare una sua libertà. Innanzi tutto c'è la libertà grande di essere lasciato in pace, di morire, questo lo sappiamo. Ma la domanda si supera pensando che questa libertà a cui fa accenno Paolo non è tanto e soltanto una ‘libertà da’, cioè una libertà dai dogmi, dall'ignoranza, quanto una ‘libertà per’. Quindi è una libertà che deve essere operosa nell'amore. Se questa libertà fosse veramente operosa nell'amore, non solo riusciremmo ad attenuare quelle tante sofferenze che ci capitano addosso senza sapere perché, ma anche molte di quelle sofferenze che invece ci provochiamo tra di noi, sia a livello individuale, sia a livello di chi ha responsabilità dei popoli e della Chiesa, che tante volte appunto invece di pensare all'amore pensa a soddisfare le esigenze dei dogmi.

E per ultimo Matteo. Anche Matteo è un testo straordinario, con una visione che abbraccia tutto il mondo: è di tutti i tempi, senza però voler convertire nessuno a nessuna religione o tutti all'unica religione accettabile che è quella dell'amore.

Ecco, immaginiamo per chi ci crede questa forma qui plasticamente definita del ‘giudizio finale’; ma per chi non ci crede è lo stesso, perché ogni giorno nella vita ci sono dei giudizi sulle decisioni che dobbiamo prendere. Immaginiamo questo giudizio universale e pensiamo che lì c'è una persona che comincia a chiederci: ma tu sei cristiano o no? E se sei cristiano, sei protestante o cattolico? E se sei cattolico, sei di Comunione e Liberazione o dellecomunità di base? E se sei musulmano, sei sciita o sunnita? Insomma una cosa ridicola se non fosse tragica, perché queste contrapposizioni tra identità purtroppo hanno creato tanto sangue nei tempi. Quindi l'unica cosa che ci verrà chiesta, come dice Matteo, è come ci siamo comportati con quei fratelli e con quelle sorelle che abbiamo incontrato sul nostro cammino, se quando hanno avuto bisogno di noi e hanno bussato alla nostra porta gliel’abbiamo aperta oppure gliel’abbiamo lasciata chiusa in faccia.

 

Silvana: La comunità è molto abituata a sentirmi parlare al microfono ed è anche molto indulgente, perché io ho sempre improvvisato e improvviso sempre. Ma questa volta no. È una liturgia particolare, coinvolgente, e così mi ha fatto molto pensare a casa e le mie parole sono diventate una preghiera. Vorrei leggervela. Forse leggo male perché, oltre alla commozione, sono molto vecchia, ho 87 anni:

“Oggi, all'inizio d'anno, siamo qui come sempre insieme a pregare e pensare.

Anno antico e sempre nuovo di speranza, di fede, di memoria; anche di dolore e smarrimento. Signore, tu non sei rifugio del tempio, non oasi di ristoro, non riparo di inquietudine.

Tu sei Colui che ci sta accanto, il Paraclito, compagno del nostro breve viaggio terreno.

Tu sei dentro la storia, segnata dalla Croce che è vita e morte, continua perdita.

Il mondo va avanti con la scienza e la conoscenza, eppure sembra ancora fermo là, a quella Croce che voleva cambiare il mondo.

È difficile, tra luci e ombre, continuare a cercare cercando, con fiducia, fedeltà, ostinazione.

Signore, tu hai dato la vita. Dentro la vita c’è la morte, affinché con sapienza l'uomo cammini e per impervi sentieri egli incontri e costruisca la storia.

Tu hai dato la vita. Dentro la vita c'è il bene e il male, affinché l'uomo sappia scegliere e capire chi è.

Tu Signore ci inchiodi al tuo dono: vivi, non sciuparti, pensa, sei libero.

Guarda, vedrai, sei intelligente, troverai.

Fa’ che il tuo giudizio precipiti giù come l'acquae la tua giustizia sia acqua sorgiva.

Lo Spirito sia soffio d'aria sulle nostre debolezze; coglierà il seme deposto nella bisaccia del viandante, lo seminerà nella terra di tutti, quel seme germoglierà.”

 

Mario: Una brevissima poesia di Anthony De Mello, questo poeta indiano che è stato radiato dal Vaticano. Si intitola ‘Rivoluzione’:

“C'erano delle regole nel convento, ma il maestro metteva sempre in guardia contro la tirannia della legge. L'obbedienza rispetta le regole, soleva dire, l'amore sa quando infrangerle.”

Per Carla Welby, da Federico Vicchi e dalla sua famiglia:

“Cara maestra, ti ho sempre ricordato con affetto e vederti in televisione così triste e così afflitta mi ha dato molta tristezza. Ti voglio bene e ti ricorderò sempre, così come ricorderò tuo fratello.”

 

Carla Welby, sorella di Piergiorgio:

Sono stata presa di sorpresa. Sono molti - sono tanti anni che insegno - i bambini che mi hanno telefonato, cercato. C'è stato un bimbo che ho quest'anno a scuola che è venuto a scuola tristissimo dicendo: “Maestra, io ti ho visto in televisione, ma non potevo sentire quello che dicevi, ché mio fratello stava facendo una confusione!”. Ha un fratellino piccolo. Io sono stata quasi contenta che lui non avesse sentito, perché è difficile spiegare a bambini con dolore così grande. Però loro capiscono, ti sono vicini, ti fanno sorridere e ti commuovono.

Sono contenta di essere qui, sono contenta che Piergiorgio abbia lasciato un segno così profondo, abbia suscitato tanta commozione e spero che continui a suscitare speranza per coloro che soffrono come ha sofferto lui. E che in qualcuno possa far crescere qualche dubbio, perché anche questo è importante. Grazie.

 

Gaetano: E io credo che non è di molti fare della propria vita e della propria morte un messaggio, una testimonianza. Se noi siamo qui oggi è perché Piergiorgio ci ha riuniti, perché è presente, ce lo siamo detti noi della comunità mille volte, e almeno diverse volte quest'anno, quando i nostri fratelli ci hanno lasciato, alcuni improvvisamente, e quindi è stato uno shock molto forte. Invece Piergiorgio quasi quasi ha capito che piano piano doveva instillare intorno a sé, negli amici che lo conoscevano, io direi nell’Italia, all'interno della Chiesa, la sua testimonianza - io non dico altro, non la qualifico, non le do un colore - la sua testimonianza di vita e quindi di morte anche, del passaggio, come diceva poc'anzi la preghiera di Silvana, perché dentro alla vita c'è la morte, è un tutt'uno.

Quindi oggi Piergiorgio ci riunisce qui: la sua vita, la sua morte, la sua dipartita è occasione per tuttinoi per riunirci e ci costringe a riflettere: non puoi non pensare, non puoi non riflettere. E guarda caso stamattina, accendendo la radio, sentivo Paolo Ricca su Rai Tre. Che parole! Ad un certo momento lui dice: “Io ho un sogno” e mi ricorda un altro grande che aveva un sogno, Martin Luther King. Dopo che Paolo Ricca ha detto “Io ho un sogno” ho detto: ma guarda, è quello che pensavo io e che forse molti di noi pensano. Il sogno di avere una fede libera, di appartenere a una Chiesa libera. Perme fede in Cristo deve significare che dovrebbe essere l'essenziale, senza orpelli, senza niente, proprio ridotto al minimo: non cerimonie, non riti, non funzioni, non leggi. La libertà, come si diceva prima. Che potesse esistere una fede che ha un nucleo, che è fede, speranza e carità. Se essere credenti significa praticare fede, speranza e carità sarebbe una Chiesa grandissima. Lo dicevo anche ieri alla comunità durante la Messa.

In un'altra trasmissione sentivo un altro che diceva, parlando dei musulmani: “Ma lo sapete che nel mondo musulmano molti si convertono nonostante le difficoltà, nonostante il fatto che per loro può anche essere pericoloso convertirsi?”. Allora l'intervistatrice gli dice: “Ma come lo spieghi questo fatto tu, professore, che hai studiato il mondo islamico?”. E quello dice: “Ho l'impressione che alcuni musulmani vedonoin questo messaggio del Vangelo un senso di grande libertà, di amore, di fratellanza che è coinvolgente”.

Mi auguro – e questo è il messaggio di Piergiorgio - che veramente tutti noi possiamo viverequesto tipo di fede.

E quindinon rimane che fare una preghiera: Ascoltaci, o Signore.

 

Un medico: Gesù ha dato coerenza alla sua vita, l’ha qualificata attraverso la morte. La morte è stato un tutto inscindibile dalla sua vita, ne era il termine obbligato. È stato un esempio che ci chiede continuamente in vari modi di rendere presente. Questo di Piergiorgio ne è probabilmente un altro esempio. E questo di Piergiorgio mi ha fatto venire in mente, a me medico, un'occasione in cui mi sono trovato in situazioni estreme e nelle quali ho liberamente deciso di adempiere la volontà di Dio che si era chiaramente espressa nel messaggio di passaggio da uno stato di vita a un altro di altra vita; ho capito che io in qualche modo dovevo rendere degno questo passaggio, accompagnandolo con una carezza e un pensiero.

 

Bianca:

Vorrei pregare.

Vorrei pregare perché nessuno debba più sopportare quello che lui ha sopportato.

Vorrei pregare perché nessuno debba più essere costretto in una vita che non vale la pena vivere. Vorrei pregare perché d'ora in poi tutti possano decidere quando e come smettere di soffrire.

Vorrei pregare perché nessuno debba più essere costretto a lottare per non soffrire più.

Vorrei pregare perché nessuno abbia più il coraggio di giudicare, sapendo che con il proprio giudizio aggraverà la sofferenza di persone che già soffrono.

Infine vorrei pregare perché tutti capiscano che solo il Signore può giudicare i peccati che abbiamo commesso.

Per questo preghiamo.

 

Marcello: È facile dire grazie a Piergiorgio, però mi pare che meriti anche un grazie per averci riportato ai tempi in cui dicevamo che il privato è politico. Il messaggio che lui ha dato non è solamente il messaggio di come si può vivere il momento della morte: è di come si può fare della vita uno strumento per affermare la dignità della politica. Il presidente della Repubblica ci ha ricordato l'impegno a riscoprire la politica. Il modo come Piergiorgio è vissuto - non solamente gli ultimi giorni, ma particolarmente quelli - è proprio quello di dirci: fare politica è un modo per essere uomini.

 

Sara ed Emanuele: " Viaggi e tempeste - Verso il mare aperto"

Lei: Era un viaggiatore. Amava, quando il vento si alzava da sud, mollare gli ormeggi e partire con la sua barca, puntando dritto all’orizzonte. Le funi finivano il loro breve abbraccio con gli ormeggi, il vento gonfiava le vele e il vascello, come lui amava chiamarlo, solcava le onde. Visto da terra, sembrava un cavaliere che, in groppa al suo cavallo, galoppava silenzioso in un’immensa pianura. Questa era la sua storia, ma allora io ancora non lo conoscevo.

Lui: Il mare era tutta la mia vita, avrebbero potuto togliermi qualunque cosa, tranne una: la mia barca, la mia casa. Viaggiai a lungo, vidi posti e gente diversa; a molti sarebbe bastato, a me no.

Una mattina mi svegliai più tardi del solito, i raggi del sole stranamente non avevano raggiunto i miei occhi. Mi alzai dal letto e andai in coperta. Una nube scura copriva il sole e tutto il cielo fin dove il mio sguardo poteva arrivare; un vento forte e freddo soffiava da nord, minacciando tempesta … e la tempesta arrivò, quella notte stessa, e continuò per tutto il giorno dopo e quello seguente. Per settimane, mesi, anni continuò a piovere: partire alla scoperta del mondo non mi fu più possibile. Quel giorno finì la mia storia …

Lei:… E iniziò la nostra … Lo vidi per la prima volta mentre guardava malinconico l’orizzonte, fermo in piedi sulla prua del suo vascello: un cavaliere errante senza più il suo cavallo.

Lui:Mi voltai e la vidi. Minuta, capelli al vento. Per la prima volta da tempo diedi le spalle al mare, completamente dimentico della tempesta che infuriava intorno a me.

Lei: Passammo insieme anni felici, vivendo teneramente e semplicemente, ma con il trascorrere del tempo, la certezza che la tempesta non sarebbe passata cominciò a buttarlo giù, e notai nel suo sguardo qualcosa di diverso.

Lui: Ripresi a volgere gli occhi al mare per cercare la fine di quella tempesta, ma per quanto potessi sforzare la vista, non vedevo che pioggia e nuvole nere. Allora capii: quella tormenta mi aveva stremato, dovevo spingermi oltre l’orizzonte per cercare acque più calme e tranquille, e dovevo farlo da solo.

Lei: Cercai di trattenerlo, non poteva lasciarmi sola. Era un egoista … o lo ero io?

Lui: Alla fine mi capì e mi lasciò partire. Ero ancora in groppa al mio destriero.

Lei: Mollò gli ormeggi, le corde che lo legavano a terra erano sciolte. Guardandomi sbatté due volte le palpebre. Era partito, senza di me, ma sapevo che prima o poi avremmo potuto navigare insieme. Si voltò e lo vidi allontanarsi verso il mare aperto. 

A Mina e Piergiorgio Welby che hanno ispirato questa storia

 

Mimmo: Siamo rimasti molto colpiti dalla sua serenità e anche dalla serenità della mamma di Piergiorgio. Anche se chiaramente oggi non è il giorno delle polemiche ma è il giorno per ricordare tutto quello che di positivo ci ha lasciato Piergiorgio, però sappiamo che particolarmente la mammaera rimasta profondamente colpita dal rifiuto delle esequie religiose. Io mi sono andato a rileggere il comunicato stampa del vicariato e almeno hanno avuto la prudenza di dire che il diniego è stato fatto perché “la volontà del dottor Welby di porre fine alla propria vita contrasta con la dottrina cattolica”. Ecco se non altro hanno avuto la prudenza di dire che non contrasta col messaggio evangelico.

 

Loreta: Alla mamma e a tutti i familiari. Una struttura è stata negata a Piergiorgio, ma io ero presente al funerale e la Chiesa era quella presente in piazza. Per cui nessun male secondo me viene per nuocere, perché tutta quella partecipazione che c'era nella piazza non ci sarebbe stata dentro una struttura, perché non sarebbe stata sufficientemente grande. Per cui io credo a quella Chiesa della piazza, che a Piergiorgio ha dato veramente lustro per le sue scelte, perché ha dato un messaggio a tutti noi. Vicino a me erano presenti molti parrocchiani. Eravamo davanti alla salma dì Piergiorgio e questi parrocchiani hanno detto che non entreranno più dentro la chiesa. Questo l'hanno affermato lì sotto davanti a Piergiorgio. Per cui la Chiesa non esiste dentro le mura, la Chiesa siamo noi.

Io ringrazio la mamma di Piergiorgio. Voglio dire che se c'è una ragione per cui noi siamo qui e facciamo la comunità di base è perché proprio crediamo nella Chiesa e vogliamo che cambi. Certo è molto che noi abbiamo questa struttura (finché ce la lasciano), siamo anche noi che ci riuniamo qui che siamo Chiesa. Io questo lo sento vivamente e penso che più o meno consciamente lo sentiamo tutti: siamo tutti cristiani. Noi aspiriamo all'unità.

 

Gianni: Continuiamo la nostra Eucarestia con l'offerta di alcuni doni significativi che mettiamo su questo tavolo, su questo altare, insieme anche alle nostre gioie e dolori, propositi e debolezze.

All'altare i ragazzi portano alcune cose significative, in primo luogo dei fiori che ci ha mandato una piccola sorella di Gesù da Chiusi per sentirsi unita a noi in questa celebrazione. Poi anche il pane, il vino, quei segni dell'amore, della condivisione, della convivialità. E poi undisegno estremamente significativo fatto da una bambina, con un calvario e Gesù che lo percorre. Solo che sulle sue spalle non c'è una croce, ma c'è una spina staccata. È un'icona. E poi un disegno fatto da Flora per Piergiorgio. Ecco, questa la metterei come icona e dopo la porteranno a casa, perché è fattaper voi.

Uniamo a questi doni significativi anche questo librone: è la nostra storia, la storia di chi ci ha lasciato, la storia di chi è in questi trent'anni di vita, di cammino della comunità, è passato da una condizione di visibilità a una di invisibilità, però sempre in cammino insieme. Uniamo anche a questi doni che ci hanno fatto un dono per chi ci è stato vicino da lontano, un sacerdote domenicano, padre Giorgio Callegari, che in Brasile ha iniziato un cantiere di vita per quei ragazzi e bambini di strada che il sistema di ingiustizia, le strutture della società brasiliana e noi colpevoli complici abbiamo prodotto, piantando semi di morte che adesso invece vogliamo trasformare anche attraverso opere, segni, contributo economico, in segni di vita.

Canto ‘Quante le strade’ di Bob Dylan.

Comunione.

Dea: Volevo dire due parole per quelli che non frequentano abitualmente la nostra comunità, per spiegare qualche piccola differenza rispetto alle celebrazioni a cui siamo abituati in parrocchia. Dico subito che queste differenze non sono una ricerca di novità, esattamente il contrario: quello che cerchiamo di fare è avvicinarci il più possibile alla tradizione, a quei gesti che abbiamo letto nella Bibbia e che ricordano la Cena, che fu l'ultima di Gesù con la sua piccola comunità, e le celebrazioni delle prime comunità di discepoli dopo la morte di Gesù.

Il canone lo leggeremo tutti insieme. Noi facciamo una celebrazione corale di una comunità intorno ad una mensa dove nessuno ha il posto di capotavola.

Il pane: non ci sono le ostie, preferiamo il pane, perché il pane ci ricorda quello che vediamo sulle nostre tavole tutti i giorni. D'altra parte, quando Gesù ha fatto l'ultima Cena con i suoi discepoli, non ha portato un pane speciale per fare la comunione, ma ha usato il pane che c'era. Vogliamo quindi usare lo stesso pane che mangiamo tutti i giorni e vogliamo soprattutto che questo ci rimandi alla quotidianità, perché il gesto di condivisione che compiamo ora non ha nessun senso se non diventa condivisione nella vita tutti i giorni.

L'altra cosa è che il pane verrà spezzato, mentre ripeteremo insieme le parole, che leggiamo nella Bibbia: - Gesù prese il pane, lo spezzò, poi disse: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”. Il gesto di spezzare è importante, per questo vogliamo sottolinearlo. Il pane Gesù lo usa perché era un alimento comune nel luogo dove lui è vissuto, probabilmente se fosse vissuto da qualche altra parte, il pane sarebbe stato sostituito da qualcos'altro. Ciò che invece è insostituibile è il gesto di spezzare, che vuol dire condividere e che in quella situazione - Gesù da lì a poco sarebbe stato ucciso - è anche segno di come il corpo di Gesù, la sua vita, stava per essere spezzata dalla violenza del potere politico e religioso del suo tempo. Una vita spezzata per aver portato avanti fino all'ultimo il suo messaggio di solidarietà con gli ultimi, per aver contestato il sabato tutte le volte che non era per ma contro gli uomini e le donne, i sofferenti, i tanti Welby di cui la stampa non si occupa.

Gianni: Abbiamo nei nostri fogli, e la preghiamo insieme, la memoria di quella cena in cui Gesù invitò intorno a sé i suoi amici e le sue amiche:

Sorelle e fratelli,

preghiamo insieme il Signore

perché rafforzi la nostra fede

e la renda operosa nell'amore.

Signore, hai promesso al tuo popolo la liberazione

e gli hai dato una terra ricca di frutti,

ed hai chiesto soltanto fede.

Alcuni del tuo popolo hanno preferito altri dèi:

la ricchezza, il potere, l'egoismo,

dèi che opprimono.

Il grido degli oppressi è giunto sino a te

e tu hai mandato Gesù tuo figlio

ad annunciare il tuo regno,

la tua definitiva salvezza.

Aiutaci a non tradirti nuovamente

e dacci la forza di portare avanti la tua parola

come ha fatto Cristo, sino alla fine.

E in questo cammino oggi sentiamo

particolarmente vicino e presente tra noi,

per affidarci i suoi affetti,

le sue sofferenze, le sue speranze,

il nostro fratello Piergiorgio

che è tornato nel respiro dell'universo.

Accogliamo perciò il corpo e il sangue di Gesù

non per fare del nostro corpo un sepolcro

ma per rinascere con lui

uniti a questi nostri fratelli e nostre sorelle

che ci hanno preceduto.

Manda, Signore, il tuo Spirito

a vivificare questi doni,

che siano per noi

cibo di vita e di speranza

come per i primi discepoli,

uomini e donne

che accompagnarono Gesù

nel suo cammino.

Egli infatti,

nella notte in cui fu tradito,

mentre stavano mangiando, prese il pane,

fece la preghiera di benedizione, lo spezzò,

lo diede alla sua comunità

riunita intorno a lui e disse:

"Prendete, questo è il mio corpo".

Poi prese la coppa del vino,

fece la preghiera di ringraziamento,

la distribuì e tutti ne bevvero.

Gesù disse:

"Questo è il mio sangue offerto per tutti;

con questo sangue Dio rinnova la sua alleanza".

Ti preghiamo, Signore,

per l'amore che ci hai donato in Cristo,

di allontanare dalla tua Chiesa

e da ciascuno di noi

il gelo dell’egoismo,

che toglie la gioia dell'incontro

con le sorelle e i fratelli di ieri e di oggi.

Poiché il Figlio dell'uomo ci attende

con un volto ben noto o inatteso

in un punto qualsiasi della strada

per chiederci qualcosa di quell'amore.

Padre Nostro ....

Gianni: Scambiamoci un segno di pace, che è anche una specie di impegno a costruire la pace nel mondo.


Dopo la Comunione Mina, la moglie di Piergiorgio, prende la parola:

Piergiorgio, tu adesso sei stato qui con noi, ci hai chiamato qui in questa comunità. Voglio ringraziare Giovanni, tutta la comunità di base di San Paolo, quelli che sono venuti al richiamo che ho lanciato anche su internet. Grazie a tutti della vostra accoglienza, del vostro calore più che umano. E’ un calore divino. Perché eravamo tutti ispirati da qualche cosa che non era nostro, qualche cosa di più profondo, qualche cosa di più lontano. Vi ringrazio di tutto. Grazie.

 

Gianni: Siamo noi che dobbiamo ringraziarvi per questa ricchezza di doni che abbiamo ricevuto e di responsabilità di cui ci siamo caricati. Per questo concludiamo insieme ancora con una preghiera, che troviamo in fondo al nostro libretto. E’ significativo che questa preghiera già la dicemmo quella domenica 24 dicembre in comunione con voi in quella piazza davanti alla chiesa sprangata.

 

Preghiera finale:

Signore Gesù,

Tu che ti sei proclamato la “via” per andare al Padre,

Tu che hai detto: “venite a me voi tutti che siete affaticati e stanchi ed io vi ristorerò”,

Tu che ci hai insegnato ad affidarci con fiducia nelle braccia dell’Ineffabile,

accompagna questo nostro fratello Piergiorgio nel suo ultimo viaggio

ed accoglilo con Te nel Regno dei cieli,

nella dimora della luce senza tramonto e della pace ricolma della Tua Presenza.

Sii vicino alla mamma, alla sposa, alla sorella e a tutti i familiari di Piergiorgio,

e dà loro conforto, consolazione e speranza nella Tua Parola di Vita Eterna.

Manda il tuo Spirito ad illuminare le nostre menti e a guarire i nostri cuori

affinché noi tutti siamo capaci di essere fedeli al Tuo Evangelo

E credibili testimoni del Tuo amore.

Così sia.

Gianni: Invochiamo la benedizione di Dio, benedizione sui vostri passi, dovunque vadano sulla strada della libertà. Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen. 

 

 

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