La Parabola del Seminatore (Domenica 13 Luglio 08)
e il funerale di Edoardo (14 Luglio 08)

Sono rimasto colpito, come tutti, da quanto e’ accaduto a Edoardo, e sento il bisogno di farvi partecipi di alcune mie riflessioni. (Claudio Giambelli)

 

Domenica 13 Luglio, gia’ sapevamo della tragedia, riflettevamo sulla parabola del Seminatore……e Edoardo era un gran seminatore di proposte, idee, sollecitazioni, passione politica e umana.

Riflettevamo e Giovanni Franzoni disse anche che il centro delle letture era la parola e che la parola, per avere un effetto, deve essere ascoltata e il luogo privilegiato per l’ascolto e’ proprio la comunità, non solo la nostra, ma in generale, una  “comunità” o gruppo dove  ci sia ascolto.

Questa riflessione ha risuonato con la successiva riflessione di Vincenzo che ha detto che in fondo la parabola e’ “sbagliata”; dovrebbe essere al contrario: prima si prepara il terreno, lo si pulisce dalle pietre, dai rovi, lo si ara e poi si semina con molta attenzione per non disperdere il seme e per fare un buon raccolto. In fondo allora la “comunità accogliente” sarebbe quella comunità preparata, educata, arata,  pronta a ricevere la parola e a farla fruttificare. Il contadino della parabola stava sbagliando, perche’ spargeva il seme senza aver preparato il terreno.

Poi, Mario Campli mi ha fatto avere una sua lectio, di qualche anno fa sulla Parabola del seminatore. Riporto pochi passi: “…..Perche’ non doveva (e non deve, quindi, neppure oggi) suscitare meraviglia questo strano seminatore che butta il seme “fuori posto” (uso le virgolette ovviamente) semplicemente perche’ cosi’ seminavano i contadini: essi non seminavano distrattamente una semente che, come sempre, costituiva un patrimonio prezioso; essi semplicemente seminavano prima dell’aratura. Numerosi studiosi (cito tra questi G. Dal man, “Arbeit und Sitte in Palatina”, Guterschon 1932, p.179 ss: “In Palestina si ara dopo la semina anche oggi”; e riferendosi a testi aramaici, enumera successivamente undici fasi di lavoro prima di giungere al pane; a sua volta cita uno di questi testi: “Egli ha seminato, arato, mietuto, legato………trebbiato, etc”), confermando che “il seminatore della parabola cammina su un campo di stoppie inarato. Si capisce perche’ semini nella strada: egli semina apposta quel sentiero che gli abitanti del villaggio hanno tracciato passando tra le stoppie, perche’ quel sentiero sarà, poi, rovesciato dal vomere” (Jeremias, p12); cosi’ sara’ per le spine, cosi’ e’ per i pezzi di roccia……….”

Capite, si rovescia il comune sentire moderno-occidentale che punta al massimo della produttività, con una adeguata preparazione, magari con diserbanti, concimazione-magari chimica, per ottimizzare il raccolto……..che deve essere abbondante e tutto uguale, omogeneo. E si rovescia anche il concetto di comunità preparata, educata all’ascolto, luogo privilegiato per la parola, dove il rischio e’ che tale “preparazione” orienti l’ascolto in una direzione selettiva e solo quel tipo di ascolto e’ corretto e consentito, tutti gli altri sono sbagliati.

Sembra non essere proprio cosi’, l’aratura, quella che permette l’accoglienza fruttuosa della parola, viene dopo, non sappiamo quando e non sappiamo perche’ e come: forse uno studio approfondito, forse un incontro, forse un accadimento naturale, forse una malattia……qualcosa che ci ara dentro, se mai accade.

E il seminatore Edoardo, a quale dei due seminatori assomigliava ? Secondo me a quello originale del Vangelo. Infatti, il terreno su cui seminava era a dir poco incolto e duro, ostile e refrattario ai suoi semi di Amore politico con “Amore verso i deboli, gli emarginati, gli oppressi e gli ultimi della terra, per permettere loro la speranza di liberazione dalla schiavitu’”

Eppure lui ha continuato, senza mai demordere, senza mai fermarsi: anche la Domenica precedente, tutti lo ricordiamo, ci aveva spronati ad andare avanti, a non fermarsi……………...aveva continuato a seminare, anche in quel momento.

Claudio Giambelli