Comunità di san Paolo, Roma - Eucarestia del 22 ottobre 2006

I nomi di Gesù uniscono o dividono?

 

Introduzione al tema

Nei nomi di Gesù: è il titolo di Confronti di settembre; ci ha sollecitato a dare risposte ad una serie di interrogativi che ciascuno di noi porta dentro e, talvolta, non ha il coraggio di esprimere.

Chi era Gesù, cosa è per noi Gesù; perché i nomi, al plurale?

Questo plurale è segno di pluralismo, cioè ci sono tante viedi salvezza autonome?

Barth ha distinto tra Cristo e la religione cristiana : l’assolutezza di Gesù non porta con sé quella della religione cristiana.

E fino a qui forse diciamo o ripetiamo cose già dette, ma resta la domanda: chi è Gesù per noi? Figlio di Dio: indica una parentela carnale e divina o questo è un modo di indicare uno che fa la volontà di Dio?

Nel dialogo con i credenti di altre fedi mentre è più facile riconoscere nello stesso Dio, Allah. Yahvè, come il Creatore, l’onnipotente, il misericordioso, Gesù è “pietra di inciampo”: come possiamo misurarci con questo problema, o forse è un falso problema?

Se, come crediamo, Gesù è un liberatore, e lo è per tutti, per uomini e donne del nord come del sud, per uomini e donne di differenti culture e fedi, allora è con lui, con il suo esempio di vita, con le indicazioni che ci ha lasciato che possiamo avviare una costruttiva esperienza, allargata a tutti e tutte coloro che sono alla ricerca di Dio.

Come dice Letizia Tomassone, Gesù “non ha mai indicato se stesso come il centro ma ha raccontato la libertà di Dio.” La sua mediazione tra la libertà di Dio e le donne e gli uomini che ha incontratonon era una mediazione esclusiva: lascia lo spazio ad altre mediazioni.

Forse possiamo dire che Gesù è figlio di Dio perché indica una vocazione radicale alla divinità, pienamente realizzata attraverso la sua sequela fatta di gesti e non solo di parole vuote.

In questo senso ci sembra (ma chiediamo il conforto e la verifica di tutta la Comunità) che Gesù possa indicare un destino comune a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, senza distinzione di fedi e non un discrimine teologico.

Su questa strada, strada aperta al rischio, come Gesù stesso ci ha insegnato, sta a noi oggi fare dei passi, opere concrete che siano riconoscibili, che abbiano una direzione non equivoca, che siano annuncio, segnale e sollecitazione per altre donne e altri uomini, nostri compagni nel cammino di ricerca.


Letture

 

Da “Gesù liberatore” intervento di Letizia Tomassone

Senza buttare fuori dalla scena Gesù Cristo, tutta la costruzione che c’è attorno a lui va tagliata, abbattuta: per liberare lui, per liberare noi, soprattutto per guadagnare questo punto essenziale che è il saper trovare dentro di noi la sorgente d’acqua viva. Gesù non dice d’essere lui la sorgente d’acqua viva ma, invece, che essa scaturisce nell’incontro. Gesù agisce nella relazione per far scaturire quest’acqua viva.

 

Dal vangelo di Marco 8, 27-29

Poi Gesù e i suoi discepoli partirono verso i villaggi di Cesarea di Filippo. Lungo la via Gesù domandò ai suoi discepoli:

- Chi sono io, secondo la gente?

Gli risposero:

- Alcuni dicono che tu sei Giovanni il Battezzatore, altri che sei il profeta Elia, altri ancora dicono che tu sei uno dei profeti.

Gesù domandò ancora:

- E voi, che dite? Chi sono io?

Pietro rispose:

- Tu sei i Messia, il Cristo.

Allora Gesù ordinò loro di non parlarne a nessuno.

 

Dagli atti degli apostoli 10, 34-36

Pietro prese la parola e disse: “In verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone, ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga, è a lui accetto. Questa è la parola che egli a inviato ai figli di Israele, recando la buona novella della pace, per mezzo di Gesù Cristo, che è il Signore di tutti”.

 

Dalla lettera di Giacomo 2, 14-18

Fratelli, a che serve se uno dice: “Io ho la fede!” e poi non lo dimostra coi fatti? Forse che quella fede può salvarlo? Supponiamo che qualcuno dei vostri, un uomo o una donna, non abbia vestiti e non abbia da mangiare a sufficienza. Se voi gli dite: “Arrivederci, stammi bene. Scaldati e mangia quanto vuoi” ma poi non gli date quel che gli serve per vivere, a che valgono le vostre parole? Così è anche per la fede: da sola, se non si manifesta nei fatti, è morta.

Qualcuno potrebbe anche dire: C’è chi ha la fede e c’è invece chi compie le opere. Ma allora mostrami come può esistere la tua fede senza le opere! Ebbene, io ti posso mostrare la mia fede per mezzo delle mie opere, cioè con i fatti!


Commento del gruppo

Siamo partiti dal numero speciale di Confronti sui nomi di Gesù, cioè su come Gesù viene visto dai credenti delle varie confessioni cristiane, dagli ebrei, dai musulmani, dalle altre confessioni religiose, dai non credenti.

E’ interessante che non si discuta sui nomi di Dio (che sono molti di più di quelli di Gesù), perché essendo Dio non direttamente percepibile da noi (nessuno lo ha mai visto) è più facile trovare una convergenza tra le diverse fedi e tra i diversi credenti (ognuno è libero di percepire Dio come più gli aggrada e questo non disturba l’altro).

Invece Gesù è passato su questa terra, ha detto e fatto delle cose precise, e per quello che ha detto e fatto è divenuto pietra di inciampo: i vari nomi od epiteti di Gesù rispecchiano quindi le differenti interpretazioni teologiche e storiche della sua figura, che a volte sono in accordo, ma più spesso in disaccordo se non antitetiche.

Probabilmente si discuterà all’infinito sulle interpretazioni teologiche e storiche della figura di Gesù, senza arrivare mai ad una conclusione, essendo la sua figura legata al mistero di Dio e quindi in qualche modo insondabile compiutamente.

Nonostante ciò questi studi e discussioni teologiche e storiche sono un fatto positivo, specie quelle che mettono in luce le divergenze piuttosto che le convergenze.

In particolare interessano le dispute:

  • sulla natura divina, umana o divina e umana di Gesù
  • sul cammino da natura divina a natura umana o da natura umana a natura divina di Gesù
  • sul significato degli epiteti “figlio di Dio” e “figlio dell’Uomo” attribuiti a Gesù e attribuiti a noi: siamo “figli di Dio” e “figli dell’Uomo” nello stesso modo di Gesù o in modo diverso?

Però dall’esame dei testi biblici, tra cui anche di quelli proposti oggi, emerge che forse è più importante soffermarsi sulla prassi di Gesù, sulle sue opere, come anche lui suggerisce: è qui la vera pietra di inciampo, è qui che ci si misura, ci si unisce o ci si divide irrimediabilmente, con divisioni e unioni che sono trasversali alle varie fedi religiose o posizioni filosofiche.

Lo stesso cardinale Tettamanzi nel discorso inaugurale del convegno di Verona ha posto l’accento sulla prassi come misura dell’aderenza dell’uomo al piano di Dio.

Tutto questo trova riscontro nelle letture di oggi.

Nella prima lettura Letizia Tomassone ci ricorda che è lungi da Gesù definirsi lui la sorgente d’acqua viva, cioè figlio di Dio o Dio stesso. Gesù asserisce che la sorgente d’acqua viva scaturisce da noi stessi quando la nostra prassi è conforme al piano di Dio.

Quindi:

  • alla assolutizzazione teologica Gesù contrappone la relativizzazione della prassi
  • alla prevalenza di una persona, la sua, Gesù contrappone l’importanza dell’altro, facendo scaturire la salvezza dall’incontro di Dio con l’uomo e dell’uomo con l’uomo

La seconda lettura pone esplicitamente il problema dei nomi di Gesù. Ma non è l’unica nei vangeli.

Questi riportano innanzitutto il pensiero di Dio su Gesù:

  • “Tu sei il mo figliolo diletto, in te mi sono compiaciuto” (Marco 1,11 - battesimo di Gesù)
  • “Questo è il mo figliolo prediletto, ascoltatelo” (Marco 9-7 - trasfigurazione)

Ma questo cosa vuol dire? Vuol dire che Gesù è figlio speciale (di natura divina) o figlio normale (di natura umana): la parola “prediletto” farebbe propendere per la seconda interpretazione: prediletto tra tanti per la sua prassi di fedeltà alla volontà del Padre

Poi i vangeli riportano il pensiero dei demoni su Gesù:

  • “Che c’entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio” (Marco 1,24 – indemoniato)
  • Scacciò molti demoni, ma non permetteva ai demoni di parlare perché lo conoscevano (Marco 1,34)
  • Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano incontro gridando “Tu sei il figlio di Dio” ma egli gli sgridava severamente perché non lo manifestassero (Marco 3,11)

Anche in questo caso non è detto che “santo di Dio“ o “figlio di Dio” abbiano un significato trascendente.

La volontà di Gesù di non rendere pubblica la rivelazione dei demoni testimonia la priorità della prassi sulla parola: è dalla comprensione della prassi di Gesù che deve discendere per ciascuno di noi la comprensione di chi è Gesù

Quindi i vangeli riportano la risposta di Gesù ai Giudei che gli chiedevano se lui fosse il messia:

“Ve l’ho detto e non credete! Le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza.”(Giovanni 10,25)

Anche qui il fatto che Gesù invochi le opere farebbe propendere una figliolanza “umana” di Gesù nei confronti del Padre e viene confermata che la comprensione della figura di Gesù si basa solo sulla prassi.

Infine i vangeli riportano come Gesù affronta di persona il tema (Marco 8,27-29, la lettura scelta oggi).

Gesù non si autodefinisce: vuole che sia la gente e i discepoli a definirlo; e la gente e i discepoli (Pietro in particolare) lo definiscono in base alla impressione che ha suscitato la sua prassi.

Anche in questo caso Gesù non vuole che si dica chi lui è, perché ciascuno deve comprenderlo di persona accostandosi alla prassi di Gesù.

La terza lettura conferma la priorità della prassi sulla fede. Non solo gli ebrei ma anche quelli di altre fedi e gli atei sono accetti a Dio se operano secondo la sua volontà. La discriminante per incontrarsi o meno con persone di altre fedi e culture è sulla prassi di liberazione e condivisione e non sulla fede.

La quarta lettura è ancora più esplicita: la fede senza le opere non esiste, mentre sono le opere che dimostrano la fede.

“Dalle vostre opere vi riconosceranno come miei discepoli.”

“Non chi dice - Signore, Signore! - ma chi fa la volontà del Padre mio entrerà nel regno dei cieli.”

 

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