Marcello Vigli

Laicità delle istituzioni

Vale anche per il fisco

da www.italilaica.it 5 aprile 2007

 

Monsignor Rino Fisichella - rettore dell’Università lateranense, consigliere di Ruini e Ratzinger, e cappellano di Montecitorio – ospite, domenica 1 aprile, della rubrica mezz’ora gestita dalla ex-presidente della Rai Lucia Annunziata, ha evocato con nostalgia i bei tempi in cui il mondo laico aveva i suoi principi e le sue idee forza, in evidente il riferimento al partito comunista. Per eliminare ogni dubbio, sollecitato dalla sua ospite, l’ha confermato. Questa conferma nei commenti alla trasmissione è stata pressoché ignorata per dare spazio all’apertura, avanzata dal monsignore, sul riconoscimento dei diritti dei gay in nome della grande attenzione che la Chiesa riserva alla persona umana. Anche il suo tentativo di minimizzare le “pressioni” della Cei sui cattolici parlamentari ha avuto apprezzamenti. Soddisfatta per queste aperture, assunte come sufficienti per rilasciare una patente di laicità all’illustre ospite, la responsabile della rubrica nel salutarlo si è augurata di poterlo avere ancora come interlocutore.

In questa prospettiva di idilliaco consenso nella luce radiosa della domenica delle Palme, sembrano svanite d’incanto le polemiche e le diatribe degli ultimi mesi; sarebbero solo frutto d’incomprensione perché, a dire di Fischella, già Ruini nell’ottobre scorso aveva riconosciuto il diritto dei gay alla visibilità. Nessuna contrapposizione quindi fra laici e cattolici.

Rompe l’idillio, con mezzi ben più modesti, La Consulta romana per la laicità delle Istituzioni che, nel sottotitolo di un convegno ben riuscito del 2 aprile, denuncia la presenza di “Clericalismo in Italia a sessant’anni dall’approvazione dell’art. 7 della Costituzione”.

Negli stessi giorni la rivista Micromegarilancia due appelli - uno di autorevoli esponenti della cultura laica e uno di cattolici protagonisti della resistenza alla gestione autoritaria e verticistica della Chiesa italiana – volti a sottrarre risorse finanziaria alla Conferenza episcopale italiana con l’invito a destinare la scelta dell’otto per mille alla chiesa valdese. A loro avviso la prima usa i proventi dell'otto per mille per rafforzare la sua offensiva clericale e il predominio interno e la seconda e' impegnata ad utilizzarli esclusivamente in opere sociali e non a scopo di culto o di sostegno per i ministri e le opere della propria confessione religiosa.

Le ottime e condivisibili intenzioni dei promotori per l’affidabilità della Tavolavaldese nel far buon uso delle nuove risorse, non cancellano i dubbi sul significato culturale e politico dell’iniziativa. Sono già adombrati nell’appello dei cattolici che non rinunciano al loro invito, nonostante le intrinseche contraddizioni rispetto al principio di laicità. Questa contraddizioni rischiano di confondere le idee dei cittadini sul principio di laicità come il buonismo del colloquio tra Fisichella e Annunziata. Già in passato aveva accomunato comunisti e democristiani di sinistra: alla religione la cattedra di moralità pubblica, alle chieseprivilegi più o meno grandi costituzionalmente garantiti dagli articoli 7 e 8 della Costituzione. I loro eredi avviati a confondersi nel Partito democratico procedono nella stessa direzione. Oggi per l’arrivo di “chiese” numericamente più consistenti - Testimoni dei Geova e Islamici - questo “inciucio” ha un nome nuovo: comunitarismo. La laicità delle Pubbliche Istituzione non è insidiata solo dall’interventismo della gerarchia cattolica - che esce rafforzata dalla legittimazione di altri pulpiti confessionali - ma anche dal proliferare di autorità, centri, chiese che in forza del loro essere “religiosi” godono di privilegi e sovvenzioni negati ad altre autorità, centri, partiti che sono solo “accademici” “culturali” o “politici”. Bisogna riaffermare con forza che non è compito dello Stato sovvenzionare confessioni religiose. Può essere sufficiente la deduzione fiscaleper chi destina parte delle proprie risorse al sostegno di attività religiose alla pari con altre assistenziali, culturali, sociali e ricreative.

Non bisogna, inoltre, dimenticare che l'otto per mille è fra le più perverse eredità lasciate dal Concordato craxiano del 1984. Ha attribuito ad una categoria di cittadini, per di più solo ai contribuenti e ai più informati di loro, la facoltà di disporre dell'otto per mille dell'Irpef cioè di una parte del gettito fiscale di tutti la cui gestione la Costituzione riserva al Parlamento. Di un parte dell’intero ammontare delle Imposta sulla persone fisiche, non del proprio reddito, come si tende a far credere!!!!

Questo ingannevole e scandaloso sistema di finanziamento della Chiesa cattolica, che resta tale anche se esteso ad altre confessioni, non si cancella con una scelta per una di esse, non si può ignorare che si tratta di misere briciole rispetto agli oltre ottocento milioni di euro che ogni anno sono incassati dalla Cei.

Essa può anzi offrire un comodo alibi per sfuggire dall’impegno per indurre i cittadini italiani a riflettere sulla negazione del principio di laicità rappresentata dall’istituto dell’otto, che esce legittimato dall’esaltazione della pluralità di opzioni consentite.

È più efficace una costante campagna per chiedere l'abolizione dell'otto per mille, velleitaria oggima premessa utile per una pressante e vincolanterichiesta al Parlamento per eliminare almeno l'aberrante norma che consente la distribuzione, ai destinatari previsti dalla legge, della parte dell'otto per mille su cui non sono state espresse opzioni, in percentuale alle scelte da loro ricevute. Si dovrebbero al tempo stesso pretendere dal governo in primo luogo un’ampia e corretta informazione, che induca tutti a esprimere un’opzione per evitare che altri scelgano per loro, ed anche formali dichiarazioni sull’uso corretto, definito per legge,delle risorse destinategli (cultura, assistenza, patrimonio artistico) e una campagna promozionale perché più cittadini scelgano lo Stato.

In questa prospettiva può essere utile nell’attuale fase promuovere proprio questa scelta invitando i cittadini a superare la legittima diffidenza verso l'uso che il governo tende a fare delle risorse derivanti da questa opzione.

Laicità significa oggi salvare dalla “crisi” dellamodernità la conquista della cittadinanza e il valore delle Pubbliche Istituzioni che ne sono il presidio: fra queste c’è anche ilsistema fiscale.

Non può rimproverare ai politici di non difendere la laicità delle Istituzioni, genuflettendosi ai diktat di Ruini, chi continua a riconoscere alla religione e di conseguenza alle confessioni religiose status eprivilegi non riconosciuti agli altri orientamenti culturali e relative organizzazioni.

 

Roma 3 aprile 2007

 

 

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