Gaza

di Giovanni Franzoni

La situazione in Palestina, sempre più violenta e sempre più aggrovigliata, chiede alle persone e alle comunità di “buona volontà” di intervenire, alla luce di alcune evidenze, con umili e disinteressati gesti che possano, senza la pretese di risolvere la situazione politica, disintossicare le asprezze, ottenere delle tregue, consentire di riprendere le trattative fra le parti interessate e soprattutto alleviare la sofferenza della popolazione.

Parlo dei “passi unilaterali” che Giorgio Gomel auspicava su Confronti ( 6, giugno 2006 ) per uscire dall’impotenza in cui si trovano le coscienze disarmate mentre i “grandi poteri” internazionali proseguono spietatamente, passando sulle vite delle popolazioni, nella loro autoreferenziale strategia.

Nello stesso servizio di Confronti David Gabrielli metteva a nudo il profilarsi di una catastrofe economica e sociale sulla popolazione palestinese dei Territori occupati dopo l’insana decisione degli USA, della Russia, dell’Onu e della UE, di PUNIRE l’elettorato palestinese per aver votato in modo difforme alle loro aspettative, sospendendo i finanziamenti che facevano vivere una popolazione deprivata della possibilità di una economia autosufficiente o facendo passare i finanziamenti attraverso il canale della parte sconfitta nelle recenti elezioni in modo da paralizzare o addirittura delegittimare l’attuale governo. Catastrofe che è ormai in atto con l’invasione di Gaza da parte dell’esercito israeliano.

Una evidenza appare ad alcuni, fra i quali con discrezione mi colloco personalmente, quella di raggiungere la popolazione palestinese col soccorso umanitario senza pretendere di interferire nel confronto politico e militare fra le parti.

Penso dunque di partecipare alla sottoscrizione in favore dell’ospedale di Gaza, amministrato dal movimento di Hamas, che svolge una intensa e indispensabile attività verso la popolazione o comunque di altre iniziative umanitarie che raggiungano la popolazione.

Volendo aggiungere un valore simbolico a questa iniziativa, ho pensato di donare l’anello pontificale che ebbi da Paolo VI nella Domenica delle Palme del lontano 1964. Sarà messo a lotteria su sito internet. L’estrazione avverrà nel mese di settembre.

Se l’anello è un simbolo di fedeltà vorrei che il gesto fosse considerato come tale e non venisse in alcun modo considerato come un atto di dissociazione dal mio passato ecclesiale.

I fatti sono troppo recenti e le ferite sono ancora aperte per emettere un giudizio, ma rimango fermamente dell’opinione che nella stagione ecclesiale contestuale o conseguente al Concilio Vaticano II, Paolo VI, insieme a papa Giovanni e al cardinal Pellegrino, sia figura di massima rilevanza per il futuro della Chiesa cattolica romana, per l’ecumenismo, per il dialogo interreligioso e per la giustizia e pace sulla terra.

 

 

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