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Patrizia Khadija Dal Monte

COMUNITA' DI BASE CRISTIANE SULLA SINDONE

www.islam-online.it, 19 giugno 2010

 

Abbiamo deciso di pubblicare questa riflessione di alcune comunità di base cristiane sull’ostensione della sindone perché la troviamo interessante e di attualità anche per noi musulmani. Anche all’interno della tradizione islamica ogni tanto emergono episodi che riportano a galla questa tendenza arcaica dell’essere umano: il bisogno di segni straordinari per credere. Di questo bisogno testimonia il Corano: “In questo Corano abbiamo proposto agli uomini ogni specie di metafora. La maggior parte di loro rifiuta [tutto quanto], eccetto la miscredenza. E dicono: “Non ti presteremo fede finché non farai sgorgare per noi una sorgente dalla terra; o non avrai un giardino di palme e vigne, nel quale farai sgorgare ruscelli copiosi, o non avrai fatto cadere, come pretendi, il cielo in pezzi su di noi; o non avrai fatto venire, davanti a noi, Allah e gli angeli in tuo aiuto”. Oppure: “[finché] non avrai una casa d’oro”; o: “[finché] non sarai asceso al cielo, e comunque non crederemo alla tua ascesa al cielo, finché non farai scendere su di noi un Libro che possiamo leggere”. Rispondi: “Gloria al mio Signore: non sono altro che un uomo, un messaggero”. (XVII.89-93)

Circola il video su Yotube di un pellegrinaggio che si sta snodando per vedere un bambino sulle cui gambe comparirebbero dei versetti del Corano. Eppure il Corano stesso dice che i veri credenti sono “Coloro che credono nell’invisibile (ghyab), assolvono all’orazione e donano di ciò di cui Noi li abbiamo provvisti…” (II,3), e di questa realtà che ci trascende abbiamo infiniti segni nel mondo e nella Scrittura, è attraverso di essi che siamo chiamati alla fede: “Egli è Colui Che ha fatto scendere l’acqua dal cielo, bevanda per voi ed erba pei pascoli. Per mezzo suo ha fatto germinare i cereali e l’olivo, le palme e le vigne e ogni altro frutto. In verità in ciò vi è un segno per gente che sa riflettere. Vi ha messo a disposizione la notte e il giorno, il sole e la luna. Le stelle sono sottomesse al Suo ordine. In verità in ciò vi sono segni per gente che comprende. E ha creato per voi sulla terra tutte le cose, di diversi colori. In verità in ciò vi è un segno per gente che ricorda.” (XVI, 10-13)

“Ha fatto scendere su di te il Libro con la verità a conferma di ciò che era prima di esso. E fece scendere la Torah e l’Ingil, in precedenza, come guida per le genti. E ha fatto scendere il Discrimine.” (III,3-4)

 “Questo è il Libro su cui non ci sono dubbi, una guida per i timorati…” (II,1)

E la fede, musulmani e cristiani, ci rimanda obbligatoriamente all’amore verso gli altri:“Le abitudini delle generazioni precedenti vi hanno attaccato: l’invidia e l’odio. L’odio appare. Non entrerete in Paradiso fino a che non crederete. Non crederete fino a che non vi amerete gli uni gli altri. Non dovrei forse informarvi di ciò che vi indurrà a ciò? Diffondete la pace tra di voi.”

“Non è un vero credente colui che passa la notte sazio, mentre il suo vicino ha fame”. (Hadith riportato da Al-Bayahaqi).

“Nessuno di voi raggiungerà la pienezza della fede finchè non desidera per il proprio fratello ciò che desidera per se stesso”. (Hadith riportato da Bukhari e Muslim)

“La carità non consiste nel volgere i volti verso l’Oriente e l’Occidente, ma nel credere in Allah e nell’Ultimo Giorno, negli Angeli, nel Libro e nei Profeti e nel dare, dei propri beni, per amore Suo, ai parenti, agli orfani, ai poveri, ai viandanti diseredati, ai mendicanti e per liberare gli schiavi; assolvere l’orazione e pagare la decima*. Coloro che mantengono fede agli impegni presi, coloro che sono pazienti nelle avversità e nelle ristrettezze, e nella guerra, ecco coloro che sono veritieri, ecco i timorati.” (II,177)

La seconda parte dell’articolo sottolinea l’arbitrarietà della gerarchia nel condonare il peccato di aborto per mezzo della visita alla Sindone e il concetto di responsabilità comunitaria, che mi sembra ci debba far riflettere. Nella tradizione islamica (sunnita)si sa non esiste una gerarchia vera e propria, e tuttavia esistono modi di esautorare il popolo della sua responsabilità, vuoi attraverso il potere politico che attraverso l’accaparrarsi in modo esclusivo l’interpretazione dei testi sacri da parte di alcune persone o correnti. Il ricordare l’importanza della responsabilità della umma  significa ricordare il valore di ogni opinione dei credenti, il dovere di apertura e di accoglienza di ogni diversità che non sconfini gravemente al di fuori dell’ortodossia.

NON E’ QUI, E’ RESUSCITATO (Lc 24,5-6)

Abbiamo un sincero rispetto delle molte migliaia di cristiani che in questi giorni vengono a Torino per vedere la sindone. Non giudichiamo la fede di chi, vedendo l’immagine di un corpo martoriato impressa in un vecchio lenzuolo, prova emozione, si sente confortato nella sua fede. Non ci permettiamo di giudicare la fede di nessuno.

Né ci interessa argomentare sull’autenticità del “sacro lino”, anche se concordiamo con chi ritiene che non abbia veramente avvolto il corpo di Gesù.

Come cristiani e cristiane appartenenti a piccole comunità sparse per il Piemonte (a Chieri, Torino, Pinerolo, Piossasco, Alba, Cuneo) riteniamo che i vertici della chiesa cattolica abbiano perso una occasione per ricordare al popolo dei credenti che Gesù non lo incontriamo in un lenzuolo ma nella vita, nella sofferenza, nelle lotte e nelle speranze dei poveri, perché Gesù è vivo, è presente nella storia.

Crediamo che non ci sia bisogno di immagini per vivere la fede: Dio si rivolge a noi con la forza della sua parola che ci richiama a cercarlo tra i vivi, a testimoniarlo tra le tante persone che vivono con fatica.

Riteniamo invece gravissima la scelta del vescovo di Torino di utilizzare la sua autorità per concedere alle donne che, nei giorni dell’ostensione della sindone, confessano a un prete di aver abortito, l’automatica cancellazione della scomunica che, altrettanto automaticamente, era stata loro comminata. Gesù aveva affidato la responsabilità di “legare e sciogliere” alla comunità intera, in una relazione di amore reciproco che è il cuore della sua preghiera eucaristica, così come leggiamo nel Vangelo di Giovanni: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato” (Gv 15,12). Davanti a lui nessuno aveva tirato la pietra a quell’adultera… Invece questa responsabilità comunitaria è stata trasformata in un “potere” esclusivo dei “sacri gerarchi”.

Viene utilizzata l’occasione dell’ostensione per arrogarsi il diritto di condonare una scomunica, data arbitrariamente per un atto così delicato che provoca enormi sofferenze alle donne che lo vivono.

Ci limitiamo a constatare quanto poco amore evangelico ci sia in queste assurde scelte della gerarchia.

La gerarchia della chiesa cattolica insiste nel culto delle reliquie; non ci stupisce, ma ci amareggia profondamente, perché così facendo sposta l’attenzione dei fedeli dalla testimonianza alla superstizione.

Noi, cristiani e cristiane delle comunità di base del Piemonte, con umiltà pensiamo che nell’oggi difficile che stiamo vivendo non dobbiamo cercare il volto di Gesù nelle immagini e nelle reliquie, ma nel volto del nostro prossimo, qualunque sia la sua cultura o la sua fede. Solo tentando di vivere la fede in Gesù in questo modo, nella fatica di tutti i giorni, possiamo essere un segno, una testimonianza utile a costruire una società meno divisa, più accogliente, più cristiana.

 

Le comunità cristiane di base del Piemonte