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COMUNITA' ISOLOTTO: INCONTRO COMUNITARIO

Domenica 13 settembre 2009

  

Preghiere corali

Quando vedete una nube levarsi all'occidente,
voi dite subito: Viene la pioggia
e così avviene.

E quando soffia il vento del sud,
voi dite: Farà caldo
e così succede.

Ipocriti! Voi sapete riconoscere
l'aspetto della terra e del cielo,
e non sapete comprendere
i segni di questo tempo? …

Se il chicco di grano caduto in terra non muore,
rimane solo;
se invece muore, produce molto frutto.

                                                        (Dal Vangelo di Luca)

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Carissimi, amiamoci gli uni gli altri,
perché l’amore è da Dio;
chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.

Chi non ama non ha conosciuto Dio,
perché Dio è amore.

Carissimi, se Dio ci ha amato,
anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.

Nessuno ha mai visto Dio;
se ci amiamo gli uni gli altri,
Dio rimane in noi
E l’amore di Dio in noi è perfetto.

Se uno dicesse: “io amo Dio”,
e odiasse il suo fratello,
è un mentitore.

Chi, infatti, non ama il fratello che vede,
non può amare Dio che non vede.

(dalla I lettera di Giovanni)

 

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Preghiera della eucarestia

 

La memoria di Gesù

e del movimento di gente umile di cui egli faceva parte

c’induce a guardare la storia con occhi nuovi.

Educati dal Vangelo della tradizione cristiana

e insieme da tante altre tradizioni di sapienza umana,

il divenire storico ci appare come un incessante cammino.

Donne e uomini di tutti i tempi, luoghi e popoli

procedono verso la liberazione

spinti da una forza che si sprigiona dall’interno della vita

e dall’intimo delle relazioni.

Non più la storia come marcia trionfale del dominio,

segnata dalle gesta di eroi, di santi, di potenti,

negata alla gente comune chiamata “senza storia”,

ma la storia come immenso movimento dal basso

incerto, fluttuante, con alti e bassi,

conquiste e arretramenti, scoraggiamenti e speranze,

spinto da una forza che sembra sempre sopraffatta

e che invece non è mai distrutta.

E’ la storia di una perenne resurrezione.

Come ci ha testimoniato Gesù.

Prima di essere ucciso,

MENTRE SEDEVA A TAVOLA CON I SUOI APOSTOLI

prese del pane, lo spezzò, lo distribuì loro dicendo:

"prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo".

Poi, preso un bicchiere, rese grazie,

lo diede loro e tutti ne bevvero.

E disse loro: "questo è il mio sangue

sparso per tutti i popoli".

FATE QUESTO IN MEMORIA DI ME.

LA CONDIVISIONE DEL PANE E DEL VINO IN MEMORIA DI GESÙ

SIA SEGNO REALE DELLA CONDIVISIONE DELLA VITA INTERA,

ANIMA DELLA TRASFORMAZIONE CONTINUA DELLA STORIA,

SPIRITO INTIMO DELLA LOTTA INESAUSTA PER LA GIUSTIZIA.

 

 

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         LETTURA DAL VANGELO DI GIOVANNI (CAPITOLO 15)

 

 

IO SONO LA VERA VITE E IL PADRE MIO È IL VIGNAIOLO. OGNI TRALCIO CHE IN ME NON PORTA FRUTTO, LO TOGLIE E OGNI TRALCIO CHE PORTA FRUTTO, LO POTA PERCHÉ PORTI PIÙ FRUTTO. VOI SIETE GIÀ MONDI, PER LA PAROLA CHE VI HO ANNUNZIATO. RIMANETE IN ME E IO IN VOI. COME IL TRALCIO NON PUÒ FAR FRUTTO DA SE STESSO SE NON RIMANE NELLA VITE, COSÌ ANCHE VOI SE NON RIMANETE IN ME. IO SONO LA VITE, VOI I TRALCI. CHI RIMANE IN ME E IO IN LUI, FA MOLTO FRUTTO, PERCHÉ SENZA DI ME NON POTETE FAR NULLA. CHI NON RIMANE IN ME VIENE GETTATO VIA COME IL TRALCIO E SI SECCA, E POI LO RACCOLGONO E LO GETTANO NEL FUOCO E LO BRUCIANO. SE RIMANETE IN ME E LE MIE PAROLE RIMANGONO IN VOI, CHIEDETE QUEL CHE VOLETE E VI SARÀ DATO. IN QUESTO È GLORIFICATO IL PADRE MIO: CHE PORTIATE MOLTO FRUTTO E DIVENTIATE MIEI DISCEPOLI. COME IL PADRE HA AMATO ME, COSÌ ANCH'IO HO AMATO VOI. RIMANETE NEL MIO AMORE. SE OSSERVERETE I MIEI COMANDAMENTI, RIMARRETE NEL MIO AMORE, COME IO HO OSSERVATO I COMANDAMENTI DEL PADRE MIO E RIMANGO NEL SUO AMORE. QUESTO VI HO DETTO PERCHÉ LA MIA GIOIA SIA IN VOI E LA VOSTRA GIOIA SIA PIENA. QUESTO È IL MIO COMANDAMENTO: CHE VI AMIATE GLI UNI GLI ALTRI, COME IO VI HO AMATI.

NESSUNO HA UN AMORE PIÙ GRANDE DI QUESTO: DARE LA VITA PER I PROPRI AMICI.

VOI SIETE MIEI AMICI, SE FARETE CIÒ CHE IO VI COMANDO. NON VI CHIAMO PIÙ SERVI, PERCHÉ IL SERVO NON SA QUELLO CHE FA IL SUO PADRONE; MA VI HO CHIAMATI AMICI, PERCHÉ TUTTO CIÒ CHE HO UDITO DAL PADRE L'HO FATTO CONOSCERE A VOI. NON VOI AVETE SCELTO ME, MA IO HO SCELTO VOI E VI HO COSTITUITI PERCHÉ ANDIATE E PORTIATE FRUTTO E IL VOSTRO FRUTTO RIMANGA; PERCHÉ TUTTO QUELLO CHE CHIEDERETE AL PADRE NEL MIO NOME, VE LO CONCEDA. QUESTO VI CHIEDO: AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI.

 

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         Pensieri

Sembra che il vangelo di Giovanni nasca in ambiente filosofico vicino alla corrente degli gnostici che tentavano di aprire la cultura ebraica alle culture orientali. Certamente era particolarmente apprezzato negli ambienti gnostici. Non è un caso che il primo commentatore del vangelo di Giovanni fu proprio un rappresentante del cristianesimo gnostico: un certo Eracleone. L'autore del vangelo, che sia uno o più, ha raccolto testimonianze che circolavano su Gesù e le ha inserite in una riflessione sul senso della vita e della storia basate sul primato dello spirito.

Non è possibile sapere se sia davvero di Gesù la frase "Non c'è amore più grande di chi dà la vita per i suoi amici". Ma si può dire a ragione che è uno dei messaggi più profondi del Vangelo. Il culmine dell'amore è dare la vita. Ma non in senso sacrificale. Non come sacrificare la vita. Non come martirio né immolazione né castrazione delle pulsioni vitali. A quante deformazioni è andato incontro nella storia e in particolare nella cultura cattolica questo “dare la vita”!

IL SENSO PIÙ VERO E AUTENTICO DEL “DARE LA VITA”, PER QUANTO HO CREDUTO DI CAPIRE E TENTATO DI VIVERE INSIEME A VOI, SI RAGGIUNGE COME PACIFICAZIONE FRA LA VITA E LA MORTE. ACCOGLIERE LA FINITEZZA, “SORELLA MORTE”, PERCHÉ ALTRI POSSANO VENIRE ALLA VITA. MENTRE AL CONTRARIO, IL DOMINIO DELL'IO, IL SENSO DI ONNIPOTENZA DELL'IO, L'ILLUSIONE PARANOICA DELL'IMMORTALITÀ CHE SFOCIA NEL RIFIUTO DELLA MORTE COSTITUISCE L’ORTODOSSIA, IL DOGMA ASSOLUTO. DA QUEL DOGMA OGNI ALTRO DOGMA È GENERATO. DA LÌ, DALL'ANTIERESIA PER ECCELLENZA CHE È “RIFIUTO DELLA MORTE” NASCE IL SISTEMA DOGMATICO DELLE RELIGIONI E OGNI ALTRO SISTEMA DOGMATICO ANCHE LAICO.

ENTRARE NELLA DINAMICA LIBERANTE DELL'ACCETTAZIONE DELLA FINITEZZA DELL'ESISTENZA È DUNQUE SOSTANZIALMENTE SVUOTARSI DI SÉ FINO AD ACCOGLIERE TUTTO L'UNIVERSO IN QUEL VUOTO CHE SI È CREATO.

SONO QUESTE LE RIFLESSIONI CHE HANNO ISPIRATO SEMPRE LA VITA DELLA NOSTRA COMUNITÀ.

E CHE DI RECENTE HANNO GUIDATO IL NOSTRO IMPEGNO IN RELAZIONE ALLA VICENDA DI ELUANA E DI SUO PADRE. E' QUESTO IL MESSAGGIO CHE ABBIAMO CERCATO DI DIFFONDERE.

CREDO CHE SI POSSA RITORNARCI IN OCCASIONE DI UN INCONTRO NAZIONALE DELLE COMUNITÀ DI BASE ITALIANE CHE SI TERRÀ A TIRRENIA NEI GIORNI 3-4 OTTOBRE PROSSIMI. SI CHIAMA COLLEGAMENTO SEMINARIALE. IL TEMA È "QUALE FUTURO DELLE COMUNITÀ DI BASE".

Gli incontri delle comunità di base hanno un po' sempre il sapore dell'inatteso, si potrebbe dire del miracolo. Perché sono realtà che vivono costantemente fra essere e non essere.

CHE IL SUCCO DEL MESSAGGIO DI CUI SONO PORTATRICI LE CDB SIA PROPRIO “L’INATTESO”, IL MIRACOLO CHE SI RINNOVA NEL VIVERE L'OGGI RIDUCENDO AL MINIMO OBIETTIVI (ALIENANTI ?) COME IL DURARE, IL RIPRODURSI, IL POSSEDERE, IL PROIETTARSI VERSO L'ETERNITÀ E L'ONNIPOTENZA?

POCHI SANNO CHE CI SONO E CHI SONO. LA VULGATA DELLA MONOCULTURA DEL POTERE LE RELEGA IN UNA SOTTOCLASSE DEL GIRONE INFERNALE DEL “DISSENSO”: LA SOTTOCLASSE DEL “DISSENSO CATTOLICO”. ROBA DA ARCHIVIO E DA SACRESTIA.

Una pubblicazione fresca di stampa sfata questa vulgata. Le comunità di base emergono come una realtà viva, piccola come ogni cosa che nasce, ma piena di vitalità e densa di futuro. Non a caso il libro porta il titolo “Coltivare la speranza”, con il seguente sottotitolo “una chiesa altra per un altro mondo possibile”. Edito dall'editrice Tracce di Pescara, scritto da Marcello Vigli e Mario Campli, ripercorre le tappe di quel cammino comune che le Comunità di base portano avanti da ormai quarant'anni. E' storia dalla parte dei deboli e dei piccoli. E' storia nascente. Verrà presentato nell'incontro di Tirrenia sul futuro delle Comunità di base.

Le comunità di base non sono frutto di un progetto ideologico, calato dall’alto. Sono nate nel grembo delle cose, della vita, della storia ed è lì che va ricercato costantemente il senso del loro essere e del loro cammino.

Il carattere inedito di queste formazioni sociali e ecclesiali di base, il loro essere realtà di transizione che cercano il nuovo senza perdere una sola goccia del positivo espresso dal vecchio, il loro cercare dimensioni nuove di esistenza basate sul primato delle relazioni, oltre la cultura patriarcale che invece è basata sull’appartenenza tribale, la loro precarietà e provvisorietà che rifugge dalle moderne imbalsamazioni istituzionali, il loro vivere costantemente fra “essere e non essere”, sempre in bilico fra il dentro e il fuori in posizioni di frontiera, tutto questo le colloca in un processo storico e culturale rivoluzionario di lunga lena che consiste nel rifondare la modernità sulla centralità delle relazioni. Se c’è una radice profonda della modernità da sradicare è l’individualismo competitivo. E non si sradica a parole. Un mondo nuovo non ce lo regala la lotta di tutti contro tutti che è alla base della moderna società mercantile liberista.

E’ in questo preciso contesto storico che va collocato il dibattito sul senso attuale delle comunità di base, sulla loro vita, sulla loro configurazione, sul loro futuro.

Qualcuno pensa che potrebbero costituirsi in movimento stabilizzato, darsi una struttura capace di attrarre, di creare senso, di offrire segni di appartenenza, addirittura potrebbero dotarsi di “nuovi ministeri ordinati e consacrati “democraticamente”, magari per elezione dal basso, istituire cioè una specie di democrazia sacrale per svilupparsi, riprodursi e durare. Alcuni possono anche essere attratti da una simile prospettiva. C’è un dibattito interno.

Per molti però la stabilizzazione è un grosso rischio. Sono in molti, potrei dire siamo in molti, che alla dimensione della stabilità preferiscono la dimensione della precarietà, del fermento che si nasconde e si mescola nella massa della farina e la fa lievitare tutta; del chicco di grano caduto in terra che deve morire per portare frutto: “se non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto” (Giov. 12,24). In genere queste immagini evangeliche vengono intese in senso sacrificale e moralistico da applicarsi solo alla vita personale. Noi sappiamo però che nel crogiolo che era la Palestina del primo secolo, quelle espressioni e quelle simbologie, desunte dalle culture sia profetiche che misteriche, avevano per il movimento di Gesù un significato di liberazione non solo religiosa e spirituale ma anche politica e sociale.

Ma che significa in pratica oggi, per noi, essere fermento che si mescola e seme che muore? Quali scelte concrete?

Questi ed altri intriganti interrogativi sono al centro del confronto fra una quantità di esperienze comunitarie di base e all'interno di ognuna di tali realtà. Ma non sono forse gli stessi interrogativi che riguardano tutti i movimenti “per un nuovo mondo possibile" e anche le le persone più coscienti e sensibili che s'impegnano all'interno delle formazioni partitiche che sentiamo più vicine?