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Beppe Manni

VESCOVO ANTONIO 2010

Gazzetta di Modena, 14 marzo 2010

Domenica 14, il nuovo vescovo di Modena Antonio Lanfranchi, ha fatto l’entrata ufficiale in Duomo.

Agli incontri e alle interviste don Antonio, si era presentato non con la divisa del potere, pastorale d’argento, mitria e piviale dorati, ma vestito semplicemente con il clergiman: riconoscibile come sacerdote. E questa è una buona cosa.

Il vescovo nella prima tradizione cristiana era l’episkopos, “colui che guarda dall’alto” il pastore che custodisce il suo gregge. Oggi come nei primi secoli, il vescovo sta diventando sempre di più il pastore della comunità cristiana che si è ristretta e qualificata. A Modena  anche se la maggioranza dei cittadini chiede ancora il catechismo e i sacramenti per i figli, solo il 10% frequenta la messa domenicale e dal 2009 i matrimoni civili hanno superato quelli religiosi

Fare il vescovo non è un compito facile non solo per il cambiamento del ruolo della fede nella città, ma anche per la storia della chiesa modenese. Variegato e ricco di fermenti è il mondo cattolico modenese. Parrocchie, movimenti, circoli culturali.

Le parrocchie: il clima dipende molto dal singolo parroco. Ad esperienze avanzate di pastorale che continuano la scuola biblica di Monteveglio, il rinnovamento conciliare e le esperienze brasiliane, si contrappongono parrocchie tradizionaliste o addirittura levebvriane, che sembrano impaurite dalla modernità e si rifugiano nella liturgia e nelle pratiche pietistiche di un tempo.

I movimenti: sono numerosissimi: dai gruppi di Rinnovamento dello spirito, ai Catecumenali e ai Cursillos, da Comunione e Liberazione, alle Comunità di Base; dai seguaci di Padre Pio ai fedeli della Madonna di Medjugorie. Spesso percorrono strade autonome difficilmente intercettate dal vescovo.

Il clero modenese è nella maggioranza anziano e insufficiente. I giovani preti sono preparati e laureati, ma spesso sembra manchi loro il coraggio di esporsi e cercare strade nuove. Ci sono molte figure di preti e laici  di spicco, ma non fanno rete tra di loro e la diocesi non esprime se non raramente, prese di posizioni o parole profetiche.

A Modena c’è il San Carlo una ‘università’ di teologia e cultura cristiana che ha formato generazioni di laici. Il circolo Ferrari esprime con coraggio e caparbia il messaggio del cristianesimo sociale di Ermanno Gorrieri. Il Festival della Filosofia, una palestra di confronto laico su temi religiosi e filosofici. Una scuola teologica alla Casa di Nazareth.

La forte immigrazione ha moltiplicato la presenza di altre comunità cristiane non cattoliche: una numerosa comunità ortodossa e diversi gruppi di cristiani evangelici legati ad immigrati africani.

In provincia e in città abbiamo un’alta concentrazione di islamici. In città ci sono due moschee, ma in provincia (Sassuolo ad esempio) sono sorte forti tensioni per la costruzione di una moschea.

Sarà compito di un vescovo avere una comprensione complessiva della realtà modenese governando bene, cioè aiutando i fedeli a rinnovarsi nel concilio a dare una testimonianza di fedeltà al vangelo e di “carità” nella gestione della città. Di comunione e fraternità con le confessioni cristiane e con gli altri gruppi religiosi.

Il Vescovo è il successore degli apostoli che garantisce la bontà della fede fondata sul vangelo, trasmessa dalle prime comunità e riproposta dal Concilio Vaticano II; testimonia la parola che predica, nella povertà e nella carità; governa e guida la sua comunità, è cioè strumento di comunione tra le realtà diversificate che da molto tempo non dialogano tra di loro.

Il cristiano modenese (laico, prete e suora) è un cristiano adulto che chiede al vescovo non di dettare norme morali e direttive politiche, ma di collaborare per rinnovare la propria fede e insieme a tutti  i cittadini modenesi cercare di rispondere alle nuove emergenze: crisi economica, disoccupazioni, presenze straniere, dialogo con le altre religioni,  mancanza di clero.

Che le comunità cristiane possano diventare luoghi di confronto e non di contrapposizione. Dove anche in nome della fede si costruiscano nuove relazioni e risposte condivise, indipendentemente dalle appartenenze politiche.