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BETORI E L’UNICITÀ DELLE PIAGGE

di Enzo Mazzi

la Repubblica - Firenze 16 novembre 2009

La Comunità delle Piagge ha ricevuto dal vescovo di Firenze, mons. Betori, che è andato a visitarla, un indubbio riconoscimento. “Ho due obiettivi – ha detto l’arcivescovo - come far continuare a don Santoro la sua esperienza di prete  e come continuare e incrementare il cammino della comunità. Non voglio perdere questa esperienza”. Tutto questo è in sé positivo. Ma a me, che ritengo di avere una certa esperienza in proposito, sembra nascondere una insidia.

Betori ha individuato due contraddizioni nella esperienza della comunità: la dipendenza dal leader e una certa separatezza fra le attività sociali e la dimensione della spiritualità, quasi questa fosse una fra le varie attività e non l’anima comune insieme ad altri valori quali la democrazia di vicinanza, la condivisione, la laicità, l’uguaglianza nei diritti. Sono contraddizioni più o meno presenti in tutte le esperienze di comunità di base. E in tutte c’è un comune sforzo per superarle attraverso il confronto, il senso critico, la costante tensione verso la laicità della stessa fede e verso un “oltre” rispetto a tutti gli assetti definiti e alle appartenenze codificate. La comunità di base è un perenne cammino, è come una brezza di futuro, è all’opposto dei comunitarismi identitari che vanno di moda.

Lo sforzo del superamento ha bisogno però di accompagnamento e di senso dell’attesa. Betori ha invece inserito la spada nelle due contraddizioni presenti anche nella comunità delle Piagge. La dipendenza dal leader l’ha risolta con l’allontanamento di don Santoro. La separatezza fra la dimensione politica e quella spirituale/religiosa l’ha resa radicale e definitiva incaricando il nuovo prete, don Rossi, di curare la dimensione del sacro, la costruzione di uno spazio (una chiesa?) per la dimora perenne del Santissimo Sacramento, la realizzazione dei riti e dei sacramenti, la evangelizzazione. Da un lato la comunità di base ridotta a un qualsiasi centro sociale se non ha una sezione della Caritas, dall’altro lato la quasi-parrocchia normalizzata. E così però è distrutta la peculiarità e la forza dell’esperienza delle Piagge che, per come l’ho vista, aveva l’obiettivo di superare la separatezza della dimensione del sacro per ricondurre a unità i vari aspetti dell’esistenza che il dominio del sacro e la fede in un Dio onnipotente e totalizzante aveva diviso e che continua a separare e contrapporre: l’anima e il corpo, le idee e la vita, la spiritualità e la materialità, la scienza e la fede, il Vangelo e il dogma, l’obbedienza e la coscienza, la vita e la morte, la lotta per la giustizia e la pratica della carità, la simbologia rituale e i nuovi orizzonti e bisogni, ecc.

Non sappiamo come finirà. Se c’è veramente l’intenzione di non perdere l’esperienza delle Piagge sarebbe cosa saggia, io credo, estrarre la spada, riportare in curia don Rossi, restituire alle Piagge don Santoro e favorire la vicinanza e il confronto fra la comunità, la Chiesa fiorentina e la città aperta a queste problematiche.