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“IL VALORE DELL’ERESIA”

di Enzo Mazzi

L’ultimo libro di Enzo Mazzi, “Il valore dell’eresia” (Manifesto libri, 15 euro, acquistabile anche on line), avvia un discorso inconsueto sull’eresia. In primo luogo una testimonianza di vita comunitaria che si tiene lontana sia dal rifiuto pregiudiziale dell’eresia che dalla sua mitizzazione. L’eresia esaminata soprattutto dal punto di vista dell’ortodossia è stata considerata come deviazione, imperfezione, errore o pervertimento di una verità presuntamente assoluta. L’intento dell’autore è andare oltre questa consuetudine, senza tuttavia ignorarla, e applicarsi all’eresia come realtà positiva, dinamica, come forza generativa in espansione, osteggiata da un’altra forza opposta: il potere, la stabilità, il conformismo, la gerarchia. Di questa vitalità dell’eresia Enzo Mazzi ci propone importanti esempi storici, diversi e lontani tra loro, quali Gioacchino Da Fiore, Giordano Bruno, Girolamo Savonarola, Ernesto Bonaiuti, Teilhard De Chardin. Per poi passare a descrivere la forza eretica dei movimenti dal basso, delle istanze di liberazione che si battono contro le logiche di potere e le impostazioni inquisitoriali che continuano a sopravvivere e anzi a riprendere forza nel mondo contemporaneo.


Ecco un brano tratto dal libro

Eresia come valore in sé, forza storica e non solo storia

La consuetudine vorrebbe che un discorso sull’eresia iniziasse con l’etimologia: dal greco àiresis che significa scelta nel senso anche di svolta. Per poi passare alla storia, specialmente quella cristiana che nel quarto secolo (Concilio di Nicea 325 d.C.) inventa la contrapposizione tra ortodoxia e àiresis, ortodossia e eresia, che resiste fino ad oggi lasciando una orrida scia di sofferenze, umiliazioni, annullamenti, sangue e roghi. Per finire con il senso comune che ormai include in una dilatazione del termine eresia tutto ciò che si presenta o è visto come “controcorrente”, “trasgressione”, “discontinuità”, non solo in campo culturale ma anche politico (es. il marxismo eretico), economico o perfino di costume. La mia riflessione vorrebbe andare oltre queste consuetudini, senza tuttavia ignorarle, e applicarsi all’eresia come realtà positiva, dinamica, forza generativa in eterna espansione, anima della trasformazione cosmica, storica, personale. Realtà osteggiata da un’altra forza opposta, il potere, la stabilità de-generativa in perenne implosione.

Mi rendo ben conto di correre alcuni rischi. Uno è il rifiuto pregiudiziale. Vedere l’eresia come realtà positiva e addirittura principio creativo cozza contro il sentire comune che ha ormai introiettato una connotazione radicalmente negativa dell’eretico. L’eresia considerata e studiata soprattutto dal punto di vista dell’ortodossia, come ci dirà uno storico, Corrado Morese, ha portato a vedere le eresie come deviazioni, imperfezioni, errori o snaturamenti dell’unico criterio di verità rappresentato dall’ortodossia e dall’ortoprassi. È l’impostazione inquisitoriale, che sopravvive anche oggi. Il rischio di un rifiuto pregiudiziale lo ritengo inevitabile, a meno di non restare muti. Va corso. “È più facile rompere un atomo che un pregiudizio” diceva Albert Einstein.

Ma c’è un rischio ancor più pericoloso: mitizzare l’eresia o anche solo dar l’impressione di volerlo fare. Mi sforzerò di evitarlo. Prevedo però molte difficoltà. È vero che le eresie e gli eretici, come tutte le realtà umane, sono un insieme complesso di luci e ombre, da avvicinare con senso critico. Ben venga il senso critico e cercherò di usarlo. È l’acqua in cui mi muovo costantemente. Ma non ho e non voglio svolgere il ruolo di giudice col bilancino per misurare il bene e il male, i torti e le ragioni, il vero e il falso, la perla e il marciume di ogni singola esperienza eretica. Ritengo di essere semplicemente un testimone. Il carattere di fondo positivo, dinamico, creativo dell’eresia è una “intuizione” frutto di esperienze di vita e di reti complesse di relazioni che hanno condotto a una vera e propria impostazione dell’esistenza e hanno consentito una verifica diretta niente affatto superficiale o cervellotica. È quell’intuizione che vorrei indagare ulteriormente esaminando diverse esperienze eretiche. Lo faccio con i modesti mezzi a mia disposizione per seminare speranza e invitare chi ha strumenti più idonei a proseguire la ricerca…