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Editoriale

IL SENSO DEI NOSTRI “VIOTTOLI”

Viottoli, N° 2 - 2009

Non aspettarti troppo. Non sei davanti ad una autostrada; non ti trovi nemmeno davanti alla proposta di una strada. Al più ti inviteremo a cercare con noi dei viottoli da percorrere confrontandoci tra compagne/compagni di viaggio. (…) Il nostro obiettivo, piuttosto, è quello di costruire un “foglio” che colleghi comunità, gruppi, realtà, movimenti e singole persone interessate ad una esperienza di liberazione umana e di ricerca di fede. Siamo donne e uomini che tentano di rimanere aperte/i a quel “Dio che è più grande del nostro cuore”. (...) I nostri viottoli, ricchi di zig-zag, probabilmente non danno molto affidamento. Noi, anzi, speriamo che nessuno si fidi eccessivamente né di noi, né dei nostri viottoli. Può essere anche questo un invito a fidarsi radicalmente di Dio per imparare a fidarci progressivamente gli uni gli altri. Questo foglio, che nasce all’interno di un’esperienza di comunità cristiana di base, ne riflette in bene e in male la sensibilità, i limiti e gli orizzonti”.
(Le viuzze di Viottoli, Viottoli n° 1/92).

 

“Viottoli intende offrire proposte di lettura biblica, di preghiera, di riflessione teologica, di esperienze comunitarie. Vorremmo lavorare umilmente e silenziosamente in questa direzione costruttiva, attenta alla “dimensione” del nutrire il nostro cammino di donne e uomini che cercano di accogliere il dono della vita e della fede sulla strada di Gesù di Nazareth. (…) ci preme soprattutto lavorare in positivo, accogliere nei nostri cuori il tesoro della Parola di Dio, dando vita a “momenti” di dialogo e confronto.
(Viottolando, Viottoli n°2/93).

 

“Siamo sempre più convinti che, senza il cibo della Parola di Dio, i sentieri si perdono, le strade si interrompono, i cuori si raffreddano, le mani si chiudono. Mentre “i dotti e i sapienti” (anche nelle nostre comunità) non hanno più tempo per leggere con i semplici la Bibbia e vanno in cerca di parole mondializzate, altisonanti, onnipotenti e gratificanti, è sempre più necessario trovare chi spezzi il pane della parola di Dio e lo condivida. (…) Per questo motivo continuiamo a dare il primo posto all’ascolto della Parola di Dio attraverso le letture bibliche di “semplici” fratelli e sorelle. Oggi è "facile" raccogliere in un volume studi biblici di teologi e teologhe. Dare la parola e la penna a chi non è un professionista della Bibbia, ma tenta di vivere la fede dentro l’esistenza quotidiana tra lavoro, famiglia, volontariato… questo resta invece l’orizzonte in cui ci muoviamo. E’ dentro la vita che la Parola di Dio si fa vicina, amica e dialoga con i nostri cuori.
(Nutrire i cuori, Viottoli n°11/97).

 

Nello scorso mese di novembre la nostra comunità cristiana di base ha vissuto un intenso e fecondo momento di riflessione su di sé, sul senso del suo  esistere e sui diversi desideri che la animano.  Anche Viottoli, questa piccola rivista che avete tra le mani, si è trovata al centro, per brevi attimi, di un confronto importante: quale teologia veicola? O, meglio, quale teologia "dovrebbe" veicolare?

Chi ha intrecciato, nel tempo, il proprio cammino di fede con la scoperta che il mondo è abitato da donne e uomini, irriducibilmente differenti e, perciò, radicalmente uguali, ha percorso strade che sono andate allontanandosi da quelle delle dottrine e delle tradizioni, soprattutto quelle con la T maiuscola.

Abbiamo faticosamente imparato la bellezza della libertà personale, irrobustita e sostenuta dal confronto reciproco, dalla capacità di ascolto e dall’abitudine a prendere la parola per offrire il dono del proprio pensiero.  Ascoltare  chi ha studiato di più ed ha maggiori strumenti non comporta dipendenza, ma può rivelarsi come un grande dono, di cui essere riconoscenti. E si continua a pensare con la propria testa e a confrontarsi partendo ciascuno e ciascuna da sé, dalla propria esperienza di vita e dalle proprie elaborazioni di pensiero.

Nasce, quindi, un riconoscimento di autorevolezza verso chi percepiamo, a poco a poco, compagno/a prezioso/a di strada, perchè ne riconosciamo la saggezza, la capacità di vivere con cura le relazioni, l’impegno coerente nel coniugare la vita quotidiana con la riflessione e lo studio...

Questa autorevolezza non dipende, però, da un’ordinazione “sacra” o dall’abito che gli è stato messo addosso un giorno; dipende, invece, dalla qualità della relazione che posso vivere con lui/lei. E’ il mio cammino di libertà che mi indica le persone di cui riconoscere l’autorità per me. Niente altro.

Anche nella nostra comunità di base, così come è avvenuto nel movimento delle cdb, nel tempo, molti/e hanno preso atto che “il padre è morto”, che la “legge del padre” non ha più così presa: non la Tradizione, non il prete/pastore in quanto tale, non la teologia “alta” né le prassi sacramentali consolidate. Per altri/e il cammino è stato diverso, ma anche questo, come ogni differenza, è ricchezza e va profondamente rispettato.

Nel costruire la nostra vita di fede e di relazione, abbiamo imparato a mettere in discussione, a decostruire molte cose. Il sacro delle nostre tradizioni catechistiche e religiose era sinonimo di “separato” e il prete ne era il segno più visibile. Oggi, invece, “sacro” per noi è divenuto ciò che davvero ci è prezioso, ci interessa, appartiene alla vita di ognuno/a.

Ecco che la comunità di base non è più solo un “mezzo”, uno strumento utile per imparare qualcosa da spendere nella vita che scorre altrove..., ma anche le comunità cristiane di base sono luogo di vita, di relazione, spazio “sacro”, senza genuflessioni né sacramenti.

Ci confermiamo a vicenda, dunque, il senso e il valore del nostro desiderio di continuare a camminare su questi “viottoli”:  la teologia che veicoliamo sono le riflessioni che nascono nella e dalla nostra vita, dai nostri confronti con le parole che nella Bibbia e non solo ci raccontano i cammini di fede e di vita di uomini e donne che hanno calcato prima di noi gli stessi sentieri, a volte sassosi, a volte erbosi.

E se chi "ne sa di più" vorrà farci compagnia, offrendoci le sue elaborazioni, riceverà sempre la nostra riconoscenza e il riconoscimento della sua autorevolezza.  Non è un ruolo che gli/le chiediamo di "incarnare", ma  un  dono  che  gli/le  chiediamo di condividere, che ricambiamo con i nostri, magari più piccoli, ma profondamente sinceri.

 

La Redazione

 

Pinerolo, 15 dicembre 2009