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Valerio Gigante

ISTANZE GIOVANI CON RADICI ANTICHE.
IL “CAMP” 2009 DEI RAGAZZI DELLE CDB

Adista n. 129/2009

 

“E a questo punto della storia?”. È questa la domanda che alcuni mesi fa si sono posti i giovani delle Comunità di Base Italiane, dopo diversi anni di una “lunga e fruttuosa esperienza ecclesiale”, cresciuta all’ombra del movimento dei più “grandi”, ma divenuta nel tempo sempre più autonoma (da quest’anno i giovani romani hanno deciso di entrare a far parte della Segreteria della Comunità e hanno inviato una loro rappresentante all’incontro delle CdB europee di Vienna). Una domanda che nasceva dal desiderio di capire e di interrogarsi sull’esperienza in cui sono nati, ma anche dalla necessità di cominciare a costruire una “loro” teologia ed ecclesiologia, sulle “loro” prassi politiche e sociali.

Riappropriarsi del passato per progettare il futuro

Le riflessioni scaturite da questa domanda hanno dato corpo e gambe al Camp 2009, svoltosi presso il Centro Ecumene di Velletri, dal 6 all’8 dicembre scorsi sul tema “Fedi, politica, vita quotidiana”: un appuntamento voluto per partire dalla conoscenza della storia delle CdB, dalle motivazioni della loro nascita e dalle esperienze di vita concreta di alcune persone che le hanno fondate, per arrivare ad analizzare lo stato attuale del cosiddetto “dissenso” ecclesiale e ragionare sull'impegno possibile dei giovani nel futuro delle comunità.

La prima giornata di lavori è stata così caratterizzata da una contestualizzazione politico-sociale ed ecclesiale del percorso delle Comunità di Base. Luciana Angeloni, della Comunità dell’Isolotto, ha parlato del rapporto tra fede e politica nella storia delle CdB: “Non sono qui - ha premesso la Angeloni - per dire delle cose da una posizione altra rispetto ai vissuti delle nuove generazioni”. Piuttosto, “perché è importante l’intreccio tra generazioni”. Anche perché “parole come fede e politica, nel tempo subiscono cambiamenti a volte radicali di significato” e l’incontro tra generazioni è essenziale per risemantizzare parole e percorsi. Lo stesso che all’origine dell’esperienza dell’Isolotto moltissimi credenti fecero rispetto al depositum fidei che avevano ricevuto: “Tutto era condanna, tutto era paura”. Una fede di precetti e divieti minuziosi. “Per liberarci da una cultura così repressiva ed aggressiva, tutta giocata sulla paura, sull’autoritarismo, sulla sottomissione e passività, sulla punizione e la condanna, non avevamo altra possibilità che reagire con forza. E reagire voleva sempre dire pagare di persona. E qualche volta usare un linguaggio aggressivo anche da parte nostra”. “Continuammo la nostra esperienza fuori dalle Chiese - ha proseguito la Angeloni - e ci definimmo Comunità Cristiana di Base, affermando con forza la volontà di voler essere Chiesa altra e non di voler fare un’altra Chiesa”: “Fu l’inizio di tante esperienze di questo genere in tutta Italia, tante storie diverse ma animate dal medesimo spirito e dalle stesse speranze. tante esperienze nel mondo”.

Gabriella Natta, del gruppo donne CdB di Roma, si è invece soffermata sui principi fondamentali del movimento femminista degli anni ‘70 ed ‘80 da cui anche i gruppi donne presero origine: l’autodeterminazione, innanzitutto; poi il principio della differenza sessuata; il partire da sé, “come vissuto, esperienza ed emozioni”, ma anche come sintesi tra il soggettivo ed oggettivo, “nel momento in cui - ha raccontato - incontravamo i percorsi di altre donne e trovavamo tante somiglianze con i nostri e ci accorgevamo della dimensione collettiva delle istanze di cui ciascuna di noi era portatrice”; poi il senso del limite, “che significa partire dalla parzialità e non dalla totalità”; la relazione, “quella tra le donne certo, ma anche quella con gli uomini, non più vissuta nell’idea della complementarietà, ma in quella della reciprocità nella differenza”. Un percorso, quello fatto dalle donne CdB all’interno del movimento femminista, che ha portato a conquiste fondamentali nella lotta per la modernizzazione del Paese, come il nuovo diritto di famiglia, i consultori familiari, il divorzio, l’aborto, la legge sulla violenza sessuale. “Fondamentali, certo - ha ribadito la Natta - se solo si pensa che il codice civile fino al 1975 sanciva il primato del marito sulla moglie e l’obbligo di seguirlo ovunque si spostasse; oppure che la violenza sessuale, che esisteva solo nella fattispecie della violenza carnale, era fino al 1996 un reato contro la morale, e non contro la persona”.

A chiudere questa prima ricognizione storica l’intervento di Luigi Sandri, provocatoriamente intitolato “Perché non possiamo non dirci laici”. “L’Italia - ha spiegato Sandri - è l’unico Paese con il papato. Un fatto storico di grande rilevanza con cui bisogna fare i conti. Solo qui, infatti, si fanno leggi perché il papato le vuole, o le si blocca perché il Vaticano non gradisce. E solo nel nostro Paese tutti i partiti rappresentati in Parlamento ritengono sia opportuno, oltre che conveniente, mantenere rapporti, avere una certa complicità con la Chiesa”. Per questo, ha aggiunto Sandri, ciò che è avvenuto a cavallo tra gli anni ‘70 e gli ‘80 ha rappresentato “un fatto miracoloso: i credenti si mostravano finalmente più avanti della loro gerarchia”. Basti pensare, al “referendum sull’aborto, che si teneva 3 giorni dopo l’attentato al papa. C’era in quel periodo addirittura chi sosteneva che la mano dell’attentatore del papa l’avessero armata gli abortisti. In pochissimi Paesi cattolici, in quel contesto infuocato, un referendum del genere sarebbe passato. Invece, sebbene fossimo e siamo tuttora un Paese cattolico al 90%, il referendum è stato vinto con una percentuale vicina al 70%”. Sono stati quegli anni, ha spiegato Sandri, a suggellare in maniera inequivocabile il primato della coscienza individuale. Una conquista storica: “La possibilità, la dignità e la irrinunciabilità del giudizio etico sulle questioni della vita che non possono essere appaltate al Vaticano ma che spettano al singolo”. Tanto più che gli esponenti della gerarchia “non hanno nemmeno il diritto morale di parlare di difesa della vita, perché eredi di un magistero che per mille anni ha sostenuto in linea di principio il diritto di bruciare gli eretici”. Ma incuranti di ciò, “e con la complicità della quasi totalità del mondo politico, della stampa laica, oltre che di quella cattolica, loro si presentano come coloro che sempre hanno difeso la vita”. La serata di sabato è stata dedicata ad una chiacchierata-intervista informale ed appassionata “a chi c’era sin dalle origini” dell’esperienza delle Comunità di Base: Giovanni Franzoni, Enzo Mazzi e Franco Barbero.

Costruire solidarietà, a partire dalle relazioni

Proprio Barbero, della Comunità di Base di Pinerolo, ha avviato anche i lavori della giornata di domenica, dedicata alla “vita quotidiana” del vivere la fede e le scelte politiche. Barbero ha incentrato la sua riflessione sul tema della “condivisione”. Un tema niente affatto intimistico, ha spiegato, se solo si considera come “nulla della vita di Gesù si possa capire prescindendo dalla sua pratica di condivisione”. “Chi fa lettura anche solo minimamente storica dei vangeli non può non notarlo: Gesù compie un viaggio sulle strade della Palestina privilegiando nei suoi incontri coloro che la società dell’epoca emarginava, trascorre il suo tempo pubblico ed i momenti di convivialità con persone con cui nessuno voleva intrattenere relazioni. A cui era addirittura vergognoso accostarsi. Lo ‘stare insieme di Gesù’ nel quotidiano è concreto e provocatorio insieme, perché contrasta ogni idea della struttura sociale, ogni divisione di casta, ogni ritualismo, ogni morale perbenista. Gesù scompagina gli schemi mentali e sociali, cambia la grammatica stessa del vivere quotidiano. Ed è solo in questo contesto che possono nascere progettualità dal basso. Del resto – ha chiosato Barbero – la Bibbia stessa lo dice chiaramente: è ‘la pietra scartata dai costruttori’ che è destinata a diventare ‘testata d’angolo’”.

“Matrimoni: sì, no, quali, perché”, era invece il tema al centro della riflessione di Giovanni Franzoni. Secondo Franzoni il dato costante che caratterizza tutti gli esseri viventi è la vulnerabilità. Per contrastare questo dato di natura uomini e animali cercano di conseguire forme di stabilità, sicurezza, che si raggiungono attraverso le relazioni e che si fondano anche sulla solidarietà tra i membri di uno stesso gruppo sociale. La relazione supera la fragilità degli individui. In questo contesto nasce anche la coppia, esempio emblematico di “sicurezza solidale”. Oggi, la crisi dei rapporti di coppia tradizionali, “avvertita da molti come una minaccia” è forse - secondo Franzoni - soprattutto “il segno di un cambiamento in senso evolutivo”, il segno della ricerca di forme “più flessibili, ma forse anche per questo più resistenti e compatibili con la complessa contemporaneità in cui viviamo” di armonizzare sicurezza e solidarietà.

Dentro o fuori?

Il Camp è terminato la mattina del 7 dicembre, con una tavola rotonda che intendeva proporsi come un momento di confronto dei giovani delle CdB con alcune realtà ecclesiali espressione del “disagio” che caratterizza quanti oggi continuano a lavorare a contatto con l’istituzione ecclesiastica. C’erano Ivana Toniolo, esponente di una comunità di laici che, fin dagli anni ‘70, ha cominciato ad operare nella parrocchia di S. Leone Magno nel quartiere Aurelio di Roma con i poveri e per i poveri, attraverso una serie di attività, prima fra tutte la “Colazione per i poveri” del sabato mattina. Un impegno bruscamente ed inspiegabilmente interrotto dal rettore della Chiesa nel luglio di quest’anno (v. Adista n. 84/09). C’era don Franco Amatori, ex parroco di S. Galla nel quartiere Garbatella di Roma, rimosso dal card. Camillo Ruini nel 2005 per il suo impegno contro la guerra in Iraq, la pastorale conciliare e i rapporti con le realtà sociali del quartiere; c’era Francesco Cagnetti, legato all’esperienza della Tenda, nata nel 1969 per iniziativa di un prete operaio, don Nicolino Barra, intorno ad un foglio di informazione ecclesiale che raccontava le contraddizioni tra l’istanza evangelica di una presenza non consolatoria a fianco degli esclusi della capitale ed i compromessi dell’istituzione ecclesiastica il potere politico che quella marginalità produceva ed alimentava; c’era Fabio Perroni, gay credente animatore di LiberamenteNoi, associazione sorta nel 2008 come laboratorio di idee, ricerche, analisi, per promuovere in Italia il dialogo sui diritti della persona e in particolare della persona glbt; e c’era infine don Gaetano Zaralli, recentemente sollevato dalla Curia di Velletri dall’incarico di parroco di S. Michele per aver discusso con la sua comunità, in modo considerato eccessivamente “aperto”, temi di attualità politica, di morale, teologia, partorale.