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LE COMUNITÀ CRISTIANE DI BASE EUROPEE : IL CAMMINO CONTINUA

di Rosaria De Felice

da Adista n°. 52-2009

“L’eucarestia senza preti”, “Quale Europa vogliamo”, “Vivere l’ecumenismo nel quotidiano”, “Donne nella Chiesa”: quattro distinte problematiche per articolare un unico tema, “Vivere la fede oggi”, al centro dei lavori dell’ottavo incontro europeo delle comunità di base cristiane, svoltosi dall’1 al 3 maggio 2009 a Vienna, con la partecipazione di circa 150 persone, in rappresentanza di comunità di diversi Paesi (Belgio, Spagna, Italia, Svizzera, Austria, Germania, Repubblica Ceca, Ungheria). Tra esse, l’italiana, l’austriaca  e la spagnola erano le delegazioni più numerose. 

La discussione è stata introdotta nel pomeriggio del primo maggio, dopo una breve presentazione dei lavori da parte delle comunità di base viennesi. Sono seguite quattro relazioni, curate dalle comunità belga, spagnola, svizzera e italiana sulle quattro articolazioni del tema del convegno.

Un volumetto, predisposto ad hoc, permetteva ai presenti di seguire contemporaneamente nella propria lingua tutti i contributi, oltre riportare le risposte dei diversi coordinamenti nazionali ad un questionario predisposto dal Collettivo europeo e distribuito nei mesi precedenti all’incontro a tutte le realtà nazionali. Il tema quale Europa vogliamo è stato sviluppato dalla delegazione spagnola che a partire da una denuncia delle tendenze neoliberiste, che ne caratterizzano la situazione attuale, si è soffermata sui problemi dell’immigrazione e della laicità. Le Comunità svizzere hanno riferito sulle diverse esperienze di ecumenismo di base promosse nelle diverse realtà. Quelle belghe hanno proposto il tema dell’eucarestia senza preti e le interpretazioni che sull’argomento emergono dalla esperienze in corso nelle diverse realtà comunitarie. La relazione italiana, presentata da Giancarla Codrignani designata dai Gruppi donne delle Cdb, si è soffermata sul “percorso delle donne nelle Cdb”. Un percorso, ha detto la Codrignani, che le donne vorrebbero diventasse luogo di evidenza per tutti, “per i loro uomini, per il mondo politico, per le Chiese”. Dentro la Chiesa, ha proseguito, “ci sono donne che chiedono per sé il sacerdozio ed è necessario riconoscere la legittimità di questo loro desiderio. Ma anche per loro può prevalere il ricatto dell'omologazione a ‘questo’ clero. Noi riteniamo che un'autentica libertà di genere comporti il superamento della kyriarchia clericale nella laicità e nella contestazione del principio gerarchico e di obbedienza”.

Il giorno successivo si è aperto con  la relazione della teologa  Martha Heizer, che ha declinato il tema dell’incontro alle quattro virtù cardinali e le tre teologali: la sapienza, intesa come sapienza di gruppo, che porta a decisioni “che sono spesso migliori di quelle che potrebbero essere prese da un membro isolato”; la giustizia, che è denuncia di tutte le “strutture di peccato, di disonestà, di ineguale distribuzione dei beni, di abuso di potere, di violenza, di morte”; il coraggio “di combattere per qualche cosa di superiore e con la disponibilità ad affrontare danni e sacrifici per valori più alti”; la moderazione, non nel senso di stemperare la radicalità degli obiettivi, ma nell’equilibrio, nella sobrietà, nella giusta misura che deve contraddistinguere le relazioni tra gli uomini e degli uomini con il creato. E poi anche la fede, “traduzione del termine greco pistein nel significato fondamentale di ‘affidarsi’”, la speranza, che è la prospettiva di un orizzonte altro per l’umanità in lotta; e, soprattutto, l’amore, che è amore per gli altri ma anche amore di sé, perché “una sana autostima e un sano amore di sé sono non solo alla base di un maturo rapporto di relazione, ma anche - d’altra parte- il suo frutto”.

Subito dopo i quattro sottotemi sono stati affrontati dai gruppi di lavoro (articolati in una decina di sottogruppi per facilitare la comunicazione nelle varie lingue presenti) Si è scontata nell’elaborazione la difficoltà di raccordare esperienze comuni che, provenendo da storie diverse, spesso - anche nella differenza del linguaggio specifico usato per narrarle - non trovavano formulazioni  che consentissero una piena adesione a conquiste comuni: tale difficoltà si è riscontrata soprattutto nel confronto sulla condizione e le prospettive delle donne nella Chiesa. Maggiore sintonia invece nel confronto sulle possibilità di ecumenismo vissuto nel quotidiano emergenti dalle esperienze, specialmente delle comunità e gruppi austriaci e italiani, nelle relazioni con comunità rom ed islamiche. Anche la partecipazione all’eucarestia senza l’esigenza una “presenza legittimante” ha trovato un consenso diffuso, sia pure articolato per la diversità delle esperienze, delle storie e delle condizioni ecclesiali. Quanto “all’Europa che vogliamo”, sono emerse la necessità di un maggiore e migliore scambio tra le diverse nazionalità, nel rispetto delle differenze culturali; il rifiuto di prendere in carico una crisi che non è “nostra” e che pertanto non “dobbiamo risolvere noi”, anche se dobbiamo preoccuparci di trovare alternative all’economia delle banche favorendo iniziative di microcredito: sorgente di speranza è la consapevolezza che la storia umana, come avviene nella fisica, non è lineare, ma procede per cerchi e spirali. Durante il momento di condivisione dei risultati del dibattito all’interno dei laboratori, è intervenuto anche François Becker, responsabile dell’European Network, una rete di realtà ecclesiali di base che comprende anche “Noi Siamo Chiesa”. Becker si è chiesto quale sia il ruolo delle Cdb a 40 anni dalla loro nascita, soprattutto considerando il fatto  che “il numero delle comunità di base decresce dappertutto così come il numero degli aderenti, mentre l’età media di questi aumenta ogni anno”. “Le comunità - ha spiegato Becker - sembrano sempre più marginalizzate sia per la diminuzione dei loro rapporti con l’istituzione cattolica, si potrebbe anche parlare di rottura, che per la mancanza di visibilità (in parte dovuta alla diminuzione della loro forza e della difficoltà di organizzare la propria visibilità)”. “Ciò induce a chiederci se le comunità di base sono solo le vestigia dell’utopia che le ha fatte nascere e vivere e se, ineluttabilmente, scompariranno”. No, spiega Becker, se si considera il declino delle religioni istituzionalizzate e si comprende e si intercetta “l’emergenza di un cristianesimo altro, nascosto da un effetto di superficie dei fondamentalisti”. E, soprattutto, se troveranno il modo di diventare “cellule vive” della Chiesa futura “senza abbandonare le loro caratteristiche e la loro capacità di vivere e testimoniare il Vangelo”.

L’esito dei lavori ha trovato espressione immediata in brevi comunicazioni all’assemblea, il giorno successivo in appropriati momenti durante la  condivisione eucaristica, e infine in un documento, alla cui preparazione aveva lavorato il collettivo europeo. Ad esso è tata affidata la redazione definitiva comprensiva delle osservazioni e suggerimenti emersi nel corso della discussione fra i partecipanti. La celebrazione liturgica e l’agape, che hanno concluso i lavori hanno avuto il merito di coinvolgere con canti appropriati e puntuali riferimenti ai temi del convegno tutti coloro che vi hanno partecipato.

L’ospitalità delle comunità viennesi, che hanno messo a disposizione una sede ampia e confortevole nella parrocchia di Akkonplatz, è stata assai cordiale e festosa, oltre che in grado di soddisfare tutte le esigenze logistiche dovute all’affluenza di tante comunità straniere.