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Marcello Vigli

EVANGELIZZARE IL POST MODERNO

 

Da sempre i cristiani, impegnati a diffondere il messaggio di Gesù, ad evangelizzare, hanno dovuto affrontare il problema della ricerca del linguaggio idoneo a renderlo comprensibile a interlocutori diversi nello spazio e nel tempo.

Si è posto per i primi seguaci di Gesù di Nazareth usciti dalla Palestina: sia per la redazione dei primi scritti, sia per la prima predicazione.

Si pone oggi in forme più complesse perché sul messaggio originario si sono accumulati secoli di metafore e di definizioni, di sistemi teologici e studi esegetici,di rituali e modelli di predicazione.

Lo falsificano secondo alcuni, lo mistificano secondo altri, rendono certo problematica la ricerca  dell’autenticità dei suoi contenuti.

Come parlare di Gesù oggi In questo mondo post moderno e onestamente nichilista approdato al crudo disincanto (26),  quando un ok renderebbe più comprensibile l’amen? E’ la domanda che si pone Gilberto Squizzato nel suo Il miracolo superfluo (perché possiamo dirci cristiani) scritto per raccontare Il Vangelo di Gesù di Nazareth ai suoi figli, ormai adulti, ai quali ha “risparmiato” il battesimo per non violare la loro libertà di scelta. Intende darne loro una chiave di lettura che sia adatta ai nostri tempi e significativa dentro il contesto della vostra cultura post-moderna (16)

Per farlo, a differenza di altri che scelgono la via di presentare un Gesù di comodo, non solo affronta gli interrogativi e le critiche dei tradizionali avversari del cristianesimo, ma si cimenta con gli esiti della cultura post-moderna che lascia solo e senza speranze l’uomo in una terra di nessuno del pensiero, in uno svuotamento irreversibile che ha sgretolato ogni certezza e presunzione umana. Fa i conti con la scienza e le sue verità, che sono di un certo tipo e non tutta la verità, per rivendicare valore anche ad altri modi di conoscere, di confrontare, di valutare. Per la conoscenza dell’uomo è  essenziale e irrinunciabile il criterio esistenziale: e la verità “esistenziale”,  pur essendo parziale, storica, diversa da individuo a individuo, non per questo è “meno verità” di altre; è soltanto diversa perché appartiene ad un altro ordine di cose. (41)

A quest’uomo che, in una società “liquida” e orfana delle grandi narrazioni ideologiche, torna a vivere l’incubo di Prometeo di non saper dominare gli esiti incalzanti delle innovazioni tecnologiche, i cristiani non possono proporre una fede razionalizzata secondo i canoni della cultura greca, come pensa anche papa Ratzinger. All’inizio essa fu il veicolo che consentì al Vangelo di superare i confini dell’ebraismo, ma oggi rischia di diventare una porta stretta capace di impedire agli uomini del nostro tempo l’incontro con quel Gesù che non è nato in Grecia, ma in terra d’Israele e non si espresso usando categorie filosofiche, ma il linguaggio delle parabole. Per restare fedele al suo messaggio bisogna assumersi oggi la responsabilità di trasgredire, non inventandosi un vangelo personale ma traducendo il patrimonio ricevuto dalle generazioni precedenti: trasgredire, come fecero i cristiani greci nei confronti degli ebrei cristiani, senza nulla perderne.

In questo sta l’originalità del testo di Squizzato: nel tentativo di tradurre le parole più ostiche della tradizione come anima, redenzione, sacrificio, ... peccato, salvezza, resurrezione.... a favore dell’uomo del XXI secolo che vive dentro la cultura post-moderna del mondo tecnologico, telematico e globalizzato (39) facendo i conti con la scienza e le sue “verità” acquistando la consapevolezza che la verità di “fede” è una verità, personale, soggettiva (43).

Evita vie troppo facili, sceglie la difficile via maestra di un commento puntuale del Credo apostolico, codificato nel 325 dal primo Concilio convocato a Nicea per mettere fine alle dispute teologiche che, attraversando le prime comunità cristiane, turbavano anche l’ordine pubblico nelle diverse province dell’Impero.

Ne rivisita, in un linguaggio comprensibile, tutti i “capitoli”, a cominciare dal credo in Dio Padre, in Gesù suo figlio, e nello Spirito Santo: nel loro essere la Trinità.

Sottolinea che essi non sono “oggetto” della fede, ne sono il “fondamento” che giustifica gli altri contenuti Si crede, invece, la Chiesa non nella Chiesa. Lo stesso vale per tutte le altre “verità” che rivisita tutte, fino alle più ostiche all’uomo post moderno: la resurrezione della carne, la comunione dei Santi, la vita eterna. Nessuna ne trascura. In un’ intricante serie di successivi capitoli, le sottopone ad analisi, confutazioni, rielaborazioni, suggestioni interpretative per demolire critiche e sciogliere contraddizioni nell’intento di “tradurne”, cioè tramandarne, i contenuti attraverso un’attenta opera di demitizzazione. E’ un viaggio attraverso tutti i temi della teologia cattolica che deve, però, essere percorso a tappe, senza fretta e senza l’obbligo a leggere tutte le pagine, né a leggerle tutte di seguito (16), come lo stesso autore suggerisce ai figli destinatari del libro,.

Ci vuole, infatti, tempo e molta attenzione per la lettura perché per ognuno dei temi l’opera di traduzione ha comportato comprensione del testo, superamento delle obiezioni e delle critiche e una nuova formulazione che conservasse e rendesse credibile il senso del messaggio una volta demitizzate le diverse immagini e definizioni costruite nel tempo da predicatori, teologi e magari confermate da concili.

Non è possibile un sommario di questi capitoli densi e documentati in cui l’autore si confronta con quanto le Scritture, prima , l’esegesi, la teologia, la critica, la scienza, poi, hanno elaborato, a cominciare dai nodi centrali della ”dottrina”cattolica, la creazione e l’incarnazione, sui quali, dentro e fuori la Chiesa, ci s’interroga, si discute e si polemizza.

In essi si dà conto della fede riposta in Dio, nonostante lo si sappia negato, accusato di abbandonare le sue creature alla sofferenza o alla irrilevanza come confermato dagli interrogativi di Giobbe e dallo scandalo dalla Shoah, e in Gesù, “proposto” figlio di Dio crocefisso, risorto e asceso  al cielo non attraverso una conoscenza oggettiva, ma un “racconto di fede”, quando non contestato nella sua storicità.  

Con la stessa cura e attenzione l’autore si cimenta con le altre “verità”: dalla verginità di Maria, alla discesa dello Spirito, dalla nascita della Chiesa al costituirsi dei sacramenti.

A conclusione di questo suo percorso di fede dopo averne confrontato le conclusioni con chi ne nega ogni valore, ne trae le conseguenze operative.

Contro il matematico Piergiorgio Odifreddi, autore di un libro Perché non possiamo essere cristiani, sostiene che anche ai giorni nostri si può esserlo senza per questo diventare, come pretende Odifreddi, dei cretini creduloni accecati dall’ignoranza. Dopo aver citato  passi di un suo testo stroncatorio di ogni pretesa di attribuire a un Dio la creazione del mondo la cui origine pone nel nulla, Squizzato propone due obbiezioni che ne rovesciano le argomentazioni. Se il nulla è un “concetto limite” paradossale, perché del nulla non possiamo dire e pensare nulla, allora - a rigor di logica –anche il concetto di Dio potrebbe avere diritto di cittadinanza nei nostri discorsi, come entità di cui non si può dir nulla neppure concettualmente (sarebbe l’Ineffabile, appunto). (241) Per di più il nulla non può configurarsi come il vuoto che Odifreddi descrive come “un teatro” sul cui palcoscenico continuamente compaiono e scompaiono particelle e antiparticelle. ..... Se infatti da esso scaturisce qualcosa, come spiega la fisica moderna e come ci racconta Odifreddi , allora che nulla è? (242)

Dio resta Mistero indicibile, definizione che a suo avviso che consente di considerare superata la contrapposizione fra “creazionisti” ed “evoluzionisti”, giungendo ad affermare che, grazie a Gesù di Nazareth, gli si può confidenzialmente dare del Tu.  

Nel cimentarsi, in questa che potrebbe sembrare un’astratta polemica Squizzato, pone le premesse da un lato per affermare che ha un senso la vita dell’uomo, che chiama miracolo superfluo perché dono non necessario di un atto di amore (239), dall’altro per rivendicare al cristiano il diritto di vivere “come se” Dio esistesse. Forte dell’esperienza della croce su cui con Gesù lo stesso Dio soffre, accetta la fatica di vivere “come se” Dio fosse davvero amore ... non avendo trovato nulla di più convincente della risposta ... offerta dal Vangelo (249)

Di questi cristiani a suo avviso è costituita la vera Chiesa “cattolica”, cioè universale, avviata ad assumere un modello aperto, reticolare, inclusivo (259) l’unico, a suo avviso, capace di promuovere l’ecumenismo e l’unità delle tante chiese cristiane esistenti  superando la rivendicazione della “continuità della successione apostolica. Questa, infatti, non sarebbe stata garantita dall’istituzione cattolica romana, i cui scandali glielo avrebbero impedito, ma dalla testimonianza non solo dei primi apostoli, ma anche di tutti gli evangelizzatori che attraverso i secoli hanno permesso al kerigma di Gesù di giungere sino a noi annunciandolo con la parola ma ancora più con la credibilità della loro vita (260).

Allo stesso modo, a garantirla per il futuro sono chiamati i “battezzati” che devono avere la loro consapevolezza, da lui stesso condivisa: che tutti gli uomini sono figli del Mistero divino e che in tutti opera lo Spirito del Creatore e Consolatore, non per questo ne farò per forza dei cristiani: non sono spinto da alcuna ansia di proselitismo (271).

Il loro impegno e la loro responsabilità stanno nel ricambiare l’amore che Dio ha per loro con il loro  amore per gli uomini imparando a donare “gratuitamente”, opponendosi alla logica del mercato, oggi in vigore, che trasforma in merce le persone, il loro lavoro, le loro capacità, le loro vite (279), e lottando contro i nuovi idoli della nostra epoca del trionfo globale del feticismo di massa. (297) Sono frutto del nuovo paganesimo, diffuso nella cultura post moderna che l’autore, forte della sua accettazione del relativismo, crede di poter individuare come matrice dell’alienazione delle masse, schiavizzate dall’idolatria dei prodotti, provocata da tale logica:  una malattia mortale dell’anima, anzi un avvelenamento planetario non meno tossico di quello dell’inquinamento del pianeta. (299)

Per curarla è necessaria una nuova, decisa, e intransigente “teologia della liberazione” ....una nuova rivoluzione culturale e spirituale (306).

Per promuoverle il cristiano non possiede né una specifica dottrina sociale cristiana, né maggiori doti di altruismo degli altri uomini. Dispone però, per fede, di una motivazione del tutto particolare: egli sa che Gesù il Signore, il Vivente, è presente nei poveri, nei miserabili, in coloro che soffrono  (308)

Questa perfetta identificazione fra se stesso e i poveri che Gesù ci ha lasciato come unica sua eredità, fa della fede cristiana la via più diretta per arrivare a Dio ma anche la più scandalosa, la più difficile da accettare  (309) è l’unico modo, però, secondo l’autore per rendere credibile l’annuncio cristiano proclamato nel credo di Nicea da lui rivisitato.

 

Roma 2 settembre, 2010