Testata sito CdB
CHIUDIVAI AL SITO

Comunità Cristiana di Base di san Paolo - Gruppo Roma Sud-Est

Roma, Eucarestia del 2 maggio 2010

V domenica di Pasqua

 

Letture

 

Dagli Atti degli apostoli At 14,21-27

In quei giorni, Paolo e Bàrnaba 21 ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia, 22 confermando i discepoli ed esortan-doli a restare saldi nella fede «perché – dicevano – dobbiamo entrare nel regno di Dio attraverso molte tribolazio-ni». 23 Designarono quindi per loro in ogni Chiesa alcuni anziani e, dopo avere pregato e digiunato, li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto. 24 Attraversata poi la Pisìdia, raggiunsero la Panfìlia 25 e, dopo avere pro-clamato la Parola a Perge, scesero ad Attàlia; 26 di qui fecero vela per Antiòchia, là dove erano stati affidati alla grazia di Dio per l’opera che avevano compiuto. 27 Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede. - Parola di Dio.

 

Dal Vangelo secondo Giovanni  Gv 13,31 -33a.34-35

31 Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32 Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subi-to. 33 Figlioli, ancora per poco sono con voi. 34 Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35 Da questo tutti sapranno che siete miei discepo-li: se avete amore gli uni per gli altri». - Parola del Signore. (Giovanni 13,31 – 33a. 34-35)

 

Commento introduttivo

Il nostro commento si è soffermato soltanto sul vangelo di Giovanni.

Qui al comandamento antico, ricordato nel vangelo di Luca al cap. 10 (Ama il prossimo tuo come te stesso), il Gesù di Giovanni aggiunge una nuova versione, “Un comandamento nuovo”, come lo chiama: “Che vi amiate gli uni gli altri” – e aggiunge “da questo tutti sapranno che siete miei discepoli”.

Questo segno di riconoscimento dei seguaci di Gesù pone problemi su diversi piani.

Su un piano politico/sociale, prendendo come scala l’umanità intera, o se vogliamo una sua porzione, ad esempio la nostra nazione, i cristiani dunque dovrebbero potersi distinguere dall’amore, e questo non si vede.

L’opinione pubblica può tutt’al più far riferimento al popolo “cristiano” per altre caratteristiche; ad esempio sul modo di intendere certi principi etici, il matrimonio, il sacro, Dio, il culto. Ma non certo per l’amore.

Anche sul piano ecclesiale il comandamento appare desolatamente inosservato. Basta pensare al moltiplicarsi, nel tempo, di chiese “cristiane”, alle scomuniche reciproche, alle guerre di religione, ai conflitti interni alle singole chiese. Fatti salvi i milioni di persone che nella storia hanno saputo ben interpretare il comandamento nuovo.

Sul piano comunitario, di piccola chiesa, come la nostra, qualcosa si può dire. Ci torneremo poi.

Sul piano del nucleo sociale elementare, quello della coppia, anche qualche osservazione interessante, nel gruppo è stata fatta.

Tornando al primo punto, il livello sociale, nel gruppo si sono fatte diverse considerazioni coniugando l’amore come “segno di riconoscimento” tra seguaci di Gesù, con il comandamento dell’amore per il prossimo, distinguendo l’amore come concetto astratto, come sentimento, dall’amore concreto, come quello di Dio che ama facendo sorgere il sole sui cattivi e sui buoni e facendo piovere sui giusti e sugli ingiusti. Amore che si fa azione verso chi ci sta vicino; per questo, per noi delle CdB, è stato sempre conseguente vivere il nostro cristianesimo con l’impegno politico e sociale. E contemporaneamente è sempre stato chiaro che in questo modo di operare non c’è differenza tra credenti e non credenti o diversamente credenti.

Oggi, purtroppo, la crisi dei valori di solidarietà che contraddistinguevano gli anni della nascita delle CdB, e con essa la crisi della sinistra a cui abbiamo fatto e vorremmo continuare a fare riferimento nei nostri comportamenti di cittadini, ci pongono dei problemi.

Si osserva anche, nel gruppo, come nella nostra società il volersi bene al di fuori della propria cerchia ristretta (la famiglia, gli amici), non sia più un valore. Non si può voler bene ad un estraneo, e questo è un pensiero che si sta diffondendo. E ancora: tutto è lecito per primeggiare. L’individualismo e l’egoismo sempre più al centro dei comportamenti.

La cronaca e l’analisi politica conseguente ci mostrano una società che in massa corre dietro  a comportamenti individuali e collettivi incivili e anticristiani che fanno pensare ad un futuro fosco.

Ne è segno che partiti xenofobi e razzisti conquistino sempre più masse popolari, non solo in Italia, ma ovunque in Europa.

La disgregazione arriva anche a livello elementare di coppia: spesso c’è resistenza, ci dicono, da parte dei giovani al formarsi di rapporti di coppia proprio per non doversi compromettere nel dare; oppure quando una coppia si forma spesso aleggia un modo di intendere il rapporto a due fondato piuttosto sulla reciproca diffidenza, che sull’affidarsi reciprocamente. Si sta attenti a non farsi fregare dall’altro/a.

 

Aggiungo un pensiero personale: credo che questo brano del vangelo debba farci riflettere sul comportamento degli appartenenti alle chiese come quelle visitate da Paolo e Barnaba che leggiamo negli Atti.

Queste sono per lo più chiese domestiche, si riuniscono in una casa. La stessa Chiesa di Antiochia ai tempi di Paolo è una piccola comunità di poche persone (forse due-trecento). Eppure sebbene piccole, come quella di Corinto (forse una trentina di persone), mostrano di avere non pochi problemi.

Insomma sono chiese che hanno la dimensione, più o meno della nostra attuale comunità.

Quindi le parole del vangelo di Giovanni ci riguardano anche nella nostra dimensione comunitaria.

Certo non è che manchi sincero affetto tra di noi, ma margini di miglioramento sono possibili nei nostri comportamenti: condividere le decisioni da prendere e aver fiducia in chi si fa carico di portare avanti una iniziativa; rispettare le idee di tutte e tutti (potremmo dire rispettare le minoranze, se avesse senso tra di noi questa espressione) e , nello stesso tempo, non essere di freno per la comunità; coinvolgersi nel lavoro degli altri/e anche in quello che ci è di peso o di cui non si è convinti. E concludo con una ultima indicazione mutuata dall’esperienze delle donne: coltivare le relazioni; può essere questa la chiave per far sì che ci riconoscano come discepoli di Gesù avendo amore gli uni/le une per gli altri/le altre.