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DONNE DI CARTA

Sottotitolo: "Per una lettura parabolica (e non moralistica) della situazione"

di Lidia Maggi

Voglio raccontarvi una storia.

Parla di un mondo dove il potere di un solo uomo sembra raggiungere ogni angolo dell’esistenza, un mondo dell’immagine, patinato, costruito, di cartapesta, come il fondale di un teatro.  Basterebbe un niente e può crollare, eppure, mentre si svolge la scena, sembra così solido e indistruttibile da farti cadere le braccia.

C’era una volta un re che si credeva tanto potente anzi, il più potente tra tutti i re.  Del resto non si è mai visto un poter pari al suo. Questo re, su suggerimento dei suoi fidati consiglieri, legiferava secondo i suoi bisogni. Voleva dare l’immagine di un re clemente? Ecco che emanava un decreto sulla libertà. Voleva che sua moglie abbassasse la testa? Altra legge che richiamasse le donne al ruolo tradizionale. Per mostrare al mondo tutto il suo potere questo re organizzava feste sfarzosissime nei suoi palazzi. Invitava politici e capi di stato nelle sue residenze private. Feste come non se ne erano mai viste prima, di un lusso sfrenato dove l’alcol scorreva a fiumi e le giovani ragazze, bellissime, intrattenevano gli invitati.

Leggiamo dalle cronache di corte:

“C’erano divani d’oro e d’argento, sotto un pavimento di porfido, di marmo bianco, di madreperla e di pietra nera. Si offriva da bere in vasi d’oro di diverse forme e il vino alla corte era abbondante, grazie alla liberalità del re... Il sovrano aveva ordinato che a tutti i nobili della sua casa di lasciare fare a ciascuno secondo la sua volontà”.

In tutto il mondo si raccontava delle sue feste e della sua capacità di divertirsi e far divertire. Voi mi direte: ma non ero uno spreco tutto quel lusso? Non si poteva dare parte di quei beni ai poveri? E quelle donne che rallegravano il suo harem, non erano trattate come oggetti?  Possibile che nessuno ponesse il problema della morale del re? Come faceva questi a governare se era così impegnato a divertirsi?

In un regno qualsiasi queste domande sarebbero state legittime, ma non in questo. Il dissenso non era ammesso. Nessuno doveva criticare il suo agire e tantomeno i suoi decreti.  Ogni possibile critica era considerata un complotto contro la sua persona, un tradimento dello stato.

Il destino vuole che fu proprio sua moglie, anche lei una donna bellissima, la prima a ribellarsi dichiarando pubblicamente il suo dissenso verso il re. La regina non sopportava l’esibizionismo e non aveva gradito quelle feste piene di giovinette usate come oggetti di piacere. Il guaio è che lo aveva fatto pubblicamente. Così il re fu costretto a separarsi da lei, nonostante ne fosse ancora innamorato. Era in fondo un uomo romantico: dietro tutto quel potere batteva il cuore di chi avrebbe volentieri cantato per la sua bella una canzone appassionata.  Il re fu molto triste senza la sua regina e così, su consiglio dei suoi fedeli servitori, consolò le pene del suo cuore (e i suoi bollenti spiriti) con giovani ragazze bellissime.  Si dice che ne avesse una per ogni notte. Qualche volta, le più meritevoli venivano riconvocate a palazzo. Tutte ricevevano doni per le loro prestazioni. Potevano chiedere un favore ed ottenerlo senza difficoltà.

Avrete certo capito di chi stiamo parlando...

La vicenda di questo governante è stata raccontata in tutto il mondo, pubblicata nelle lingue più diverse e anche in versioni a volte così discordanti da trasformare radicalmente l’intera vicenda.

Ebbene sì, è la storia del re Assuero. 

Si trova nella Bibbia in un libro che, ironia della sorte, non porta nemmeno il suo nome, ma quello della regina: Ester. E fin qui niente di nuovo: almeno altri due libri biblici sono dedicati a figure femminili: quello di Ruth, la straniera moabita antenata di Gesù; e quello del Cantico, dove l’eros è narrato soprattutto con voce di donna.

Il libro di Ester

Questo libro, tuttavia, ha qualcosa che lo rende particolarmente attuale in quanto risulta pieno di crepe. A cominciare dal fatto che il re più potente della terra governa su tutti, ma non riesce a governare la sua stessa casa. Infatti, nemmeno sua moglie gli ubbidisce.

Tra realtà e finzione, attraverso una rappresentazione teatrale, il libro prova a riflettere sul potere.  Non è un caso che tale storia venga letta nelle sinagoghe di tutto il mondo durante la festa del Purim, il carnevale ebraico, a ricordare che le sorti possono capovolgersi, e che il nemico, anche se solo per un giorno, può essere smascherato.

Il libro di Ester è una caricatura del potere, volutamente esagerato nei tratti, nelle descrizioni sempre eccessive. Nessun personaggio evolve. Ognuno rimane sé stesso, blindato nel suo ruolo fino alla fine. Il solo carattere che cambia e si modifica è quello della protagonista, Ester, una fanciulla ebrea che approdò, con tante altre giovani ragazze nei palazzi del re e fu la più gradita. Così, dopo che la prima moglie fu allontanata, quando si rifiutò di presentarsi davanti agli invitati perché il re potesse esibire la sua bellezza, Ester divenne regina. All’inizio la ragazza è totalmente passiva, umile, sottomessa: ubbidisce alle istruzioni che il precettore di turno le da. Man mano che il tempo scorre, il carattere acquista autonomia, fino a dirigere i fili della trama che porterà alla salvezza del suo popolo. Una direzione “dietro le quinte”, discreta ma ferma. Ester, esibita per la sua bellezza fino a diventare regina, non è un’esibizionista come il re che l’ha sposata.

All’interno del palazzo, dietro i fondali di cartapesta, si consumano intrighi di corte che la ragazza, insieme al suo fidato zio Mardocheo, riuscirà a smascherare. Il tentativo crudele di Aman, servitore infedele del re, che complotta alle sue spalle, cercando di sterminare un intero popolo, sarà svelato grazie all’astuzia della giovane regina. Il re scoprirà, alla fine, di non avere poi tutto quel potere, se solo grazie alla protezione di una fragile fanciulla salverà la sua vita.

Il re è nudo

Il libro di Ester è uno smascheramento del potere iniquo. Una versione biblica della famosa favola di H. C. Andersen, I vestiti nuovi dell’imperatore, dove alla fine si svela che il re, considerato vestito con abiti pregiati, è in realtà nudo.

In quel racconto, “per non passare da stupido o da immeritevole della carica ricoperta”, la nudità è inizialmente negata da tutti i ministri del vanitoso re. Il gioco è tenuto saldamente in mano dagli imbroglioni, i quali acquisiscono consenso e potere e ricevono il titolo di “tessitori del Regno”. Al momento del dunque, però, sarà la voce di un bambino, che ride dell’imperatore in mutande, a svelare l’imbroglio. Il libro di Ester svela l’inganno, senza tuttavia permettersi una conclusione etica. Lo fa non limitandosi ad offrire una narrazione burlesca, carnevalesca - e si sa che nel carnevale il potere viene sconfitto soltanto per un giorno: solo in quel momento è data possibilità al povero di vestire abiti regali e di salire sul carro - ma suggerendo che a svelare l’inganno sia proprio una di quelle donnine che riempivano i palazzi (oggi diremmo: una escort che ha fatto carriera!).

Come una parabola

Una lettura parabolica (e non moralista!) della storia di Ester sembra suggerire agli spettatori delle attuali vicende politiche che potrebbero essere proprio le veline, le donne di carta, le donne immagini, utilizzate da questi politici per sfoggiare un potere forte, virile, a far vacillare il castello di cartone.

Ma l’esito delle vicende dipenderà anche da noi. E’ giusto e legittimo indignarsi per come le donne vengono considerate: trasformate in un accessorio, in uno specchio per il proprio immaginario di potere. Ma questo non basta. Bisogna riconoscere che le puttane, ancora più delle forze “morali” del paese, hanno saputo denunciare il potere facendolo vacillare. Che lo abbiano fatto perché è saltato lo scambio pattuito, per un favore non ricevuto, poco importa. 

La favola di Andersen suona un po’ ingenua nel suggerire che basta un bambino a smascherare l’imbroglio e far crollare il potere.  Il libro Ester ieri (e le escort oggi) ci ricorda piuttosto che le cose sono più complesse. Non basta gridare: “ il re è nudo”. La gente potrebbe non reagire, limitarsi a sorridere ed affermare: “è solo un bambino a denunciarlo” (è solo una puttana!). Ed il re può così continuare la sua sfilata come se niente fosse, con la complicità di tutti. Occorre un lungo cammino per arrivare a rompere quel muro di omertà e consenso che ha trasformato molti cittadini in sudditi compiacenti. Le puttane, tuttavia, hanno aperto una crepa. Anche per questo, forse, ci precederanno in paradiso?