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"MADRE, MA ANCHE DIVINA SAPIENZA"

Rubrica "Tempi di sororità" a cura di Catti Cifatte

da Tempi di fraternità, Aprile 2009

Dalla precedente considerazione su questa rubrica abbiamo visto che è possibile e importante poter annoverare tra il modelli di Dio quello di Dio come madre; prendere in considerazione il divino materno significa ammettere esplicitamente che è stata rimossa da millenni di patriarcato una condizione di relazione con il mondo, di cui gli umani fanno parte, e il soggetto originario della vita, un soggetto meglio e più facilmente identificabile con la madre, tuttavia le metafore femminili di Dio non devono poter comprendere solo quelle materne.

Gli studi effettuati alcuni anni or sono presso la Libera Università delle donne di Milano, sui miti e sulle divinità femminili, come le ricerche sulla Dea madre nell’ambito delle civiltà pre-patriarcali, hanno rilevato diversificate funzioni e ruoli del divino femminile, perché la funzione della divinità non conduce direttamente a ruoli culturalmente definiti, ma può effettivamente spaziare in tutte le “condizioni possibili” sia maschili che femminili.

La persistente presenza nelle storie della bibbia di alcune Dee, ancorché denigrate e citate con disprezzo, come la permanenza di richiami alla componente femminile del divino, richiami tipici della tradizione sapienziale, anche se limitati ed utilizzati strumentalmente dai profeti classici, ci fanno comprendere quanto fosse difficile far scomparire del tutto questa  componente sessualmente caratterizzata che preesisteva nei culti precedenti al monoteismo.

Da un lato quindi soffermarsi sul ruolo materno di Dio aiuta a scardinare gli stereotipi legati al sesso/genere per farci apprezzare il ruolo genitoriale divino necessariamente legato alla creazione, facendoci anche comprendere come uomini e donne siano parte di tutto il creato, di cui peraltro hanno bisogno per la loro vita, e siano effettivamente frutto di una “gestazione gravidica”, (si pensi per esempio ai tempi/giorni descritti simbolicamente e sapientemente nel “disegno intelligente” della creazione nel Genesi). D’altro lato scoprire la componente femminile del divino, di cui è innegabile l’esistenza rinvenuta anche attraverso la lettura di tutto ciò che ad essa si richiama e traspare nella ‘Sapienza’, ci aiuta ad apprezzare proprio quei lati femminili, non necessariamente legati alle funzioni biologiche delle donne, come componente essenziale della divinità.

Infatti attraverso la figura della Donna Sapienza/Sophia (trasformata da ‘attributo di Dio’ a ‘soggetto attivo’) hanno trovato affermazione non solo i valori più prettamente femminili e le componenti naturali della fertilità, della sessualità, dell’acqua, della terra, della cura (ella è chiamata sorella, madre, sposa, maestra, amata) ma anche quelli, generalmente maschili della scienza/conoscenza, della giustizia e dell’ordine (si proclama insegnante, saggia, giudice, consigliera, benefattrice).

Tanti sono gli attributi della Sapienza divina: la Sophia, generata prima di tutti gli altri esseri e quindi prima mediatrice nella creazione, è colei che va alla ricerca per strada dei più poveri ed emarginati per invitarli a mangiare al suo banchetto, essa diventa la guida e profetessa nel cammino di Israele.

Inoltre, cosa molto importante, essa si proclama (come la Dea Iside egiziana) nello stile declamatorio della divinità: “io sono” per inviare il suo messaggio universale di salvezza. Come Iside, Sophia è invocata in particolare come Salvatrice divina: (…) “In contrasto con i profeti classici e con le loro severe polemiche contro il culto della Dea ( vedi ad esempio Os 1-3 o Ger.. 44) la teologia sapienziale, con il suo linguaggio inclusivo a proposito del Divino, sembra decisa ad usare un linguaggio femminile su D** per i suoi scopi teologici. I discorsi teologici su Sophia parlano in modo positivo del D** di Israele nel linguaggio della propria cultura ellenistico-egiziana: usano elementi mitologici tratti dai culti internazionali della Dea, in particolare dal culto di Iside, e li integrano nella teologia monoteista giudaica. (…) E’ un genere di teologia che accoglie elementi tratti dal linguaggio e dal culto della Dea per parlare della sollecitudine amorevole di D** per il popolo di lei, Israele e per tutta la creazione. Sophia è la personificazione dell’attività salvifica di D** nel mondo, dell’elezione di Israele e della salvezza di tutti i popoli. Ciò diventa particolarmente evidente nel fatto che le azioni salvifiche della Sapienza vengono identificate con le gesta di YHWH nella storia della salvezza di Israele. .” ( Elisabeth Schussler Fiorenza – “Gesù figlio di Miriam profeta della Sophia” - Claudiana)

Pertanto la scoperta della sapienza e della sua presenza nella storia e nelle tradizioni giudaica e cristiana, può essere veramente d’aiuto per una teologia liberante ed inclusiva.

Il personaggio più importante della Bibbia figlio della Sapienza, come si sa , è re Salomone, figlio di Davide, al quale sono ricondotte non solo funzioni regali ma, come diremmo oggi, di grande scienziato, visto che la sua sete di ricerca e studio ha riguardato tutti gli esseri viventi animali, vegetali e minerali e la sua saggezza e conoscenza ebbe fama talmente grande da travalicare i confini delle terre del suo regno e raggiungere l’estremo Oriente e la  famosa regina di Saba  che  si recò a visitarlo.

“Dio diede a Salomone profonda saggezza, grande intelligenza e vasta cultura. Così la sua sapienza fu superiore a quella dei popoli dell'Egitto. Fu davvero il più saggio degli uomini: più di Etam l'Ezrachita, più di Eman, di Calcal e di Darda, figli di Macol. La sua fama si sparse in tutti i popoli vicini. Salomone pronunziò tremila proverbi e compose millecinque canti. Parlò di ogni tipo di pianta, dal cedro del Libano all'issopo che cresce sui muri. Parlò di quadrupedi, di uccelli, di rettili e di pesci. Gente di ogni nazione veniva ad ascoltare i suoi discorsi pieni di saggezza. Re di tutto il mondo sentirono parlare della sua saggezza e mandarono gente ad ascoltarlo ( I Re 5,9)”.

Tanto fu saggio quanto trasgressivo ! “Il re Salomone oltre alla figlia di Faraone, amò pure molte altre donne straniere: Moabite, Ammonite, Idumee, Sidonie, Etee di quelle nazioni di cui il Signore aveva detto ai figli d’Israele: <Non avrete rapporti colle loro donne> (…) e divenuto vecchio il suo cuore, a causa delle donne, fu sviato al punto di andar dietro a dei stranieri, sicché non era più tutto per il Signore, Dio suo, come quello di Davide, suo padre. Salomone venerava Astarte, dea dei Sidonii, Milcom idolo abominevole degli Ammoniti; egli fece quello che era male davanti al Signore(…)”(I Re 11,1-6)

In una mia riflessione sulle donne trasgressive nella Bibbia, di qualche anno fa, questa posizione assunta da Salomone e trascritta fedelmente nel libro dei Re, è testimonianza “sapienziale anch’essa” molto positiva del permanere nel tempo della religione della Dea, come componente forte della religiosità delle donne, ed anche quindi delle donne d’Israele, che nonostante il patriarcato imperante, vivono una dimensione ben più ampia ed articolata del divino, comprensiva delle diversità  di genere e quindi sicuramente molto più inclusiva. Questa religiosità sapienziale, benché spesso tacciata di idolatria, è presente nelle donne di Israele in tutti i periodi descritti, prima e dopo la imposizione delle leggi mosaiche, ed è compresa e condivisa dallo scienziato Salomone! E gli studi storico critici ci confermano che essa si protrae nel primo cristianesimo che, venendo tra l’altro in contatto con il mondo ellenistico in cui erano ancora presenti diverse forme di culti delle dee, troverà nuove forme di linguaggio, di intreccio e sintesi.

La tradizione sapienziale trova spazio nel primo cristianesimo anche e soprattutto con il trasferimento sulla figura di Gesù degli attributi della Sapienza; alcune delle più antiche tradizioni del movimento di Gesù intesero la sua missione, ed ancor prima quella di Giovanni il battezzatore con l’acqua,  come una continuità della missione sapienziale profetica: la presa di parte dei più poveri, la salvezza dalla sofferenza e dal dolore (nonostante la terribile morte in croce!), lo stesso concetto della resurrezione, l’affermazione della giustizia. Tutte queste caratteristiche della sua testimonianza, della sua vita, della sua predicazione e del suo messaggio ne fanno un tramite e continuità, con una trasposizione in chiave nuova dell’antica tradizione, quella della presenza della “divina Sapienza”.

Se questa tradizione sapienziale è presente nel primo periodo dopo la morte di Gesù noi possiamo coglierne tracce negli scritti evangelici ed in particolare in quelli che fanno riferimento alle fonti Q dei detti. In particolare Luca, capitolo 11, dopo aver descritto : <Mentre Gesù così parlava, una donna alzò la voce di mezzo alla folla e gli disse: ‘Beato il seno che ti ha portato e le mammelle che ti hanno allattato!’ Ma egli disse: ‘Beati piuttosto quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica’ > dà poi rilievo alla tradizione sapienziale quando afferma, a proposito della regina di Saba: “La regina del Mezzogiorno risorgerà nel giorno del giudizio, con gli uomini di questa generazione e li condannerà, perché essa venne dagli estremi confini della terra, per ascoltare la sapienza di Salomone; ed ecco, qui vi è uno da più di Salomone” ( Luca 11,31)

Sicuramente, nel processo retorico, occorreva ‘caricare’ il nuovo profeta Gesù della teologia della Sapienza, per poter veramente riconoscere in Lui la Sophia di Dio, e  l’importante era  che non vi fosse una negazione della tradizione giudaica!  Ma Luca fa di più, in questo senso mi sembra che tramandi anche l’essenza del messaggio cristiano: sì che è importante il ruolo materno, in questo caso della madre Maria di Nazareth, ma in aggiunta sarà importante, nel giudizio finale, chi opera nella scia della Sapienza!