Donne normali che fanno cose straordinarie:

il secondo sinodo europeo delle donne

Giovanna Romualdi

 

“Ordinary women doing extraordinary things!”: così titolava la seconda newspaper interna al II sinodo europeo delle donne “Compartir culturas/daring diversity/ zusammen vielfalt leben”, svoltosi presso il Campus della Università autonoma di Barcellona dal 5 al 10 agosto. Sicuramente una cosa straordinaria è aver fatto questo secondo sinodo, autoconvocato e autogestito, e che malgrado i conseguenti alti costi di partecipazione ci siano andate oltre 700 donne. Certo al primo sinodo (a Gmunden in Austria, nel luglio ’96) c’erano 1200 donne e le organizzatrici di questo secondo speravano di arrivare al migliaio (non è facile individuare le motivazioni che hanno maggiormente influito), ma sicuramente la scommessa di portare il sinodo in Spagna (lanciata proprio a Gmunden) è stata vinta, confermando la validità di questo spazio di confronto per donne che vogliano intrecciare impegno nel sociale e analisi politica con ricerca di identità e di spiritualità. Non è solo l’incontro quello che conta ma la rete che si va costruendo attorno a questi eventi: come giustamente ha sottolineato la pastora tedesca Antje Roeckemann, presidente della European Women’s Synod Association, le donne che “camminano insieme” sono di più di quelle presenti a Barcellona; il loro denominatore comune è quello della denuncia delle strutture patriarcali e delle violenze nella società e nelle chiese e dell’impegno a trovare strategie di cambiamento avendo come poli di riferimento “differenza” e “diversità” . Una visione ampia del loro orizzonte viene dalle “risoluzioni” reperibili in altra parte di questo sito.  

Le partecipanti provenivano da tutte le parti d’Europa ed anche, qualcuna, da altri continenti: dopo le spagnole e le catalane che ospitavano, le nazioni più rappresentate sono state Germania, Austria, Italia, Olanda, Svizzera... il 10% secondo i dati ufficiali provenienti dall’Europa centro-orientale; le tradizioni religiose rappresentate: cristiane, mussulmana ed ebraica.

In particolare le italiane sono state una quarantina (quadruplicando la partecipazione al primo sinodo) con un bel gruppo proveniente dall’area dei gruppi donne delle cdb e dintorni: una partecipazione direi eccezionale tenendo conto che il costo della sola iscrizione è stato di 225 euro e che non era prevista traduzione simultanea in italiano e neanche in francese.  Al comitato di coordinamento internazionale che ha preparato il sinodo hanno partecipato per l’Italia Nicole Adam Cogliati (che aveva ricevuto una sorta di investitura dalle italiane presenti al primo sinodo) e Assunta Sozzi Mancini del gruppo Promozione donna di Milano, con un lavoro sicuramente enorme e costi non indifferenti (ad Assunta va il merito di aver tradotto e distribuito alle italiane in anticipo la maggior parte delle relazioni: un aiuto essenziale alla partecipazione!).

Fra le realtà europee presenti segnalo, a titolo esemplificativo ma non esaustivo delle diversità presenti:

·           il Col-lectiu de donnes en l’Esglesia  di Barcellona che ha sopportato il carico dell’organizzazione (fa parte del Forum europeo di donne cristiane, v. Consiglio ecumenico delle Chiese, e del movimento “Noi siamo chiesa”; www.donesglesia.org);

·           Mulleres Cristias Galegas, che aderisce alla Marcia mondiale delle donne (mcg_exeria@eresmas.com);

·           la Women’s church dell’Islanda (www.kirkjan.is/audureir);

·           molte religiose appartenenti a vari ordini;

·           l’Associacio cristiana de Gais i Lesbianes

·           Islamic women’s centre for research and encouragement (www.zif-koeln.de)

Il programma delle giornate del sinodo, seguendo lo schema sperimentato nel primo sinodo in Austria, ha offerto una gamma di attività enorme; nell’arco della giornata ognuna ha potuto seguire/scegliere i seguenti spazi (in successione): meditazione, relazione, oasi (gruppo di scambio non tematico), workshop a tema, espressione con linguaggi non verbali. Altri gruppi di interesse si sono formati sulla base delle indicazioni delle presenti. E, a sera, momenti culturali vari. Un ritmo troppo serrato? Forse andrà ripensato.

 Il tema del sinodo, comunque lo si voglia tradurre in italiano (convivere nella differenza, osare la diversità, condividere le culture), va letto non solo in rapporto a quello del primo sinodo “donne per il cambiamento nel XXI secolo” ma anche con la lente dei processi di costruzione dell’Europa e quelli in atto a livello mondiale: “la sfida della differenza culturale e religiosa nell’Europa contemporanea” è stata al centro della relazione introduttiva di Teresa Forcades y Vila (suora benedettina di Montserrat); attorno al razzismo come violenza sono intervenute le relazioni della pastora anglicana Rose Hudson Wilkin (“fare di tanti un solo popolo”) e della teologa tedesca Eske Wollrad (“la bianchitudine come mito e terrore”); l’impatto della ristrutturazione economica neoliberista e della privatizzazione sulla vita delle donne in Bulgaria è stato ampiamente analizzato da Genoveva Tisheva, avvocata della fondazione Bulgara per le ricerche di genere, mentre i rapporti fra “società del rischio” e processi decisionali politici sono stati affrontati dalla filosofa bulgara ed esperta di diritti umani Tania Marincheshka . sulla capacità delle donne a rompere le frontiere culturali ed in particolare religiose sono intervenute le due relazioni della rabbina austriaca Eveline Goodman-Thau (la prima rabbina ortodossa) e della teologa femminista spagnola Mercedes Navarro Puerto (dell’ordine delle “mercedarie”).

In particolare Mercedes Navarro ha affrontato a tutto campo la metafora della frontiera nella sua relazione “donne e religioni: visibilità e convivenza nel sud dell’Europa” che è stata più volte sottolineata da applausi scroscianti (qualcosa vorranno pur dire!). Partendo dallo smantellamento del metafora del sud (connettendolo alla dominazione maschile-femminile), dal presupposto che non si è disposte ad accettare qualsiasi tipo di visibilità e qualsiasi tipo di convivenza, dal riconoscimento delle religioni come prodotto storico patriarcale, ha proposto la metafora della frontiera (la terra di nessuno) come “spazio di libertà, luogo dove si entra e si esce da un sistema con il quale non siamo d’accordo”, un luogo critico e scomodo (funzione della teologia femminista), un luogo dove esercitare la capacità di rompere limiti imposti  ma anche di darne. Con esplicito riferimento alle istituzioni religiose ha legato potere ed autorità a visibilità e convivenza: “Il potere di condividere le culture richiede che noi ci sentiamo comproprietarie della nostra cultura, che abbiamo la generosità di offrirla e il coraggio di sottoporla a confronto in un clima frontaliero di dialogo e scambi reciproci e paritari. Richiede il potere di e per condividerla, cioè di essere soggetti delle nostre culture e religioni, riconosciute come tali  e capaci di assumere i rischi dell’acculturazione, avvicinando la nostra cultura e la nostra fede alle frontiere dove essere libere, discutere, pattuire, distinguere, delimitare e porre limiti, negoziare, cedere e accettare. Rimane ancora molto cammino da fare.” “Non aspettiamoci, noi donne, che le religioni- cioè le loro istituzioni - ci diano il potere. ... Il potere e l’autorità non si trovano in una bolla d’aria ma spettano ad individui o collettività concrete, situati in un preciso contesto storico e sociale”.

Sui contenuti ho dato solo alcuni flash; i materiali del sinodo saranno pubblicati e, via via che perverranno sistemati, inseriti nel sito www.synodalia.net.

  Ognuna di noi  è andata al sinodo con alle spalle esperienze diverse e aspettative diverse; i contenuti emersi ad alcune potranno sembrare già noti , ad altre ancora legati a vincoli di appartenenza o troppo al di là... Ognuna darà una diversa valutazione complessiva del sinodo; sicuramente per molte è risultato importante (nonstante le difficoltà linguistiche) l’impatto con le altre, con la loro diversità e la loro ricchezza. E per chi fa percorsi solitari o minoritari, non riconosciuti nelle chiese di appartenenza, questo è fondamentale.

Intanto già si comincia a pensare al prossimo sinodo: quando (2008?), dove (Islanda, Finlandia, Polonia?), come farlo diventare ancor più interreligioso, come reperire gli appoggi finanziari salvaguardando autonomia e autogestione. Innanzitutto, dopo la prima riunione di valutazione dei risultati con lo scioglimento dell’attuale comitato di coordinamento, andrà riformato un nuovo soggetto di gestione dell’organizzazione dell’eventuale prossimo sinodo.