• Domande in ordine sparso:

    - Breve presentazione di sé e di come ci rapportiamo col divino? A partire da sé andiamo alla scoperta del rapporto con l’altra e le altre……..anche con donne straniere.

    - Consideriamo e definiamo straniere le donne di diversa nazionalità o di diversa religione, ma cosa vuol dire per noi una donna straniera?

    - Il termine, sia in senso positivo che negativo, può significare l’estraneità da un contesto o l’appartenenza ad uno stato diverso da quello tradizionale di riferimento. Ma allora come possiamo essere un “insieme”?

    - Cosa ci accomuna con le donne straniere? Cosa si distingue tra  donne di differenti religioni? Le di genere riguardano tutte le donne?

    Spunti di riflessione:

  •  

    Letture bibbliche:

     

     

     

     

    Letture di teologia femminista:Ma vediamo cosa rappresenta la realtà che nella nostra società viene definita “degli stranieri”: cosa rappresenta la realtà delle donne straniere  in particolare. Attraverso le straniere per differenza leggiamo al nostra condizione

    Almeno nei confronti delle donne che appartengono alle popolazioni ove sono prevalenti le religioni monoteiste dovremmo ricercare formule e messaggi non discriminanti.

     

     

    LABORATORIO DELLA PAROLA  - B

     (coordinato da Mira Furlani e Letizia Tomassone)

     

     Sacro e divino di fronte alle tradizioni: percorsi di libertà delle donne.

     

    ITINERARIO:

     

             Parleremo della differenza sessuale (..maschio e femmina li creò” – genesi 1,27), ma non ci soffermeremo troppo sulle paure espresse da Ratzinger nella sua recente lettera ai vescovi.

    Noi sappiamo bene che il sesso maschile nella storia si è nominato “uomo” includendo in questo nome anche il sesso delle donne. Sappiamo bene che l’ ”uomo” si è messo al centro della realtà umana imponendosi come cultura universale neutra maschile. Sappiamo pure che “il patriarcato ha separato l’umano dal divino, ma in più ha privato le donne delle loro dee o divinità” (Luce Irigaray – Sessi e genealogie, pag.213)

    Tanta storia di usurpazione maschile ha portato la differenza femminile a combattere per avere identità umana: ottenendo che cosa? Le politiche di emancipazione femminile e quelle di pari opportunità hanno dato alle donne la possibilità di esprimere i loro reali desideri di libertà? A che cosa sono servite le richieste di più donne nelle istituzioni, l’entrata negli eserciti maschili, ecc.?

     

    “Mentre una storia dominata dalla logica del potere sembra arrivata al capolinea, e le speranze di riscatto umano affidate allo sviluppo tecnologico sono finite, c’è una direzione verso la quale possiamo rivolgere le nostre speranze di progredire, ed è il progresso simbolico. Cosa intendo? La possibilità di aprire, nel vecchio mondo, nuovi mondi attraverso la creazione di un senso più grande e libero dell’esistenza umana, e con l’invenzione o la riscoperta delle pratiche di una mediazione vivente” (Luisa Muraro, Oltre l’uguaglianza, p.141).

     

    Credo che più la allontaniamo da noi, ponendola in figure lontane con cui possiamo avere solo relazioni “virtuali” (p. es. le due Simone), più diventa una pratica vuota.

  • Questo senso della forza che nasce dalle relazioni fra donne rischiamo di perderlo ogni volta, forse semplicemente perché diamo per scontata la forza femminile. Ma essendo una forza che si basa sulle relazioni se si smette di investire in quelle relazioni in termini di attenzione e passione (“è là che si trova il tuo cuore”) non ne nasce più forza.

    Le relazioni femminili in un certo senso sarebbero sempre relazioni di cura, in quanto capaci di tenere insieme “corpi e anime”, nostri e altrui:

    Certo la rinuncia alla cura del privato si è accompagnata in questi quarant’anni ad un passaggio dell’attenzione e della cura nel mondo del sociale

     

     

     

    XIV Incontro nazionale Gruppi donne delle CdB

     “Quel divino tra noi leggero” 

     

    LABORATORIO DELLA PAROLA  - A

    (coordinato da Catti Cifatte)

     

    Introduzione:

    (…) Io chiedo la parola

        Quando uso il termine “genere”, penso al grido della diversità che ha fatto irruzione non solo nel misterioso e segreto gioco dell’uomo e della donna, ma anche nelle nostre vite, nelle nostre istituzioni e nei nostri popoli (anche quando non lo vogliamo riconoscere). Penso al linguaggio alternativo che nonostante tutto emerge dalla storia globalizzata e globalizzante, il linguaggio delle religioni e dei popoli: culture, gesti e sapienze. Penso al diritto etico alla dignità e al riconoscimento di molte categorie di persone che la società borghese lascia al margine della storia ( omosessuali, detenuti, prostitute e poi indigeni, neri, ecc). Infine, penso al misterioso linguaggio della creazione.

        Oggi parlare e riflettere sul genere è lasciare germogliare gli infiniti linguaggi delle differenze, è parlare del lento cammino ecumenico dei popoli e delle religioni, della nostalgia di una nuova ecologia e del desiderio di ricominciare un delicato incontro con la sapienza di popoli narratori ma non scrittori.

        “Io chiedo la parola”, è il grido di genere, dove l’”io” non è una semplice entità filosofica umana, ma l’io soggettivo di ogni realtà differente: umanità, creazione, donna uomo, sole, terra e aria che formano un insieme.

        Tutto questo ci chiede una metodologia: ripercorrere le rotte che la storia ufficiale non ha riconosciuto e incontrarci con l’inedito della storia. La questione di genre getta sulla società una luce che aiuta a parlarsi, a scoprirsi, a fare memoria dei cammini già fatti, a partire dalla differenza e la a differenza è l’inedito più forte che può irrompere nel quotidiano e nel conosciuto. (da Antonietta Potente , “Un tessuto di mille colori”  ed. anterm - Roma  1999 , pag. 14 )

    Metodologia:

    l laboratorio non ha un titolo, ma si svilupperà parlando su e tra “diversità”,  in questo senso ci sono solo alcuni spunti di riflessione per avviare un confronto ed aprire il dibattito.

    dopo parola e ascolto nel gruppo si potrà trovare un messaggio, uno slogan, una idea chiave da portare/proporre in assemblea.

    vengono scelte due amiche per sintetizzare il lavoro del laboratorio per gli atti.

    Il tema che ci interpella è quello del rapporto con la straniera: le donne di altra religione, il divino delle donne straniere, le simbologie del divino, le straniere oggi al confronto con il nostro simbolico, con il divino nelle religioni patriarcali e tutto ciò che le religioni hanno imposto a alle donne.

    La tragicità del confronto con le straniere oggi: con le mussulmane , i veli che ci impediscono di aprire, di vedere,  ed il velo che significa nello stesso tempo appartenenza ma anche sottomissione. Il dibattito sulla legge francese e sulla scuola religiosamente connotata.

    Quale è il rapporto con le donne che vengono a lavorare in Italia e, siano cristiane o non, hanno diverse concezioni di Dio e del rapporto donna-Dio….. pensiamo per esempio  alle badanti  ed al lavoro di cura. La non conoscenza o il pregiudizio anche sull’inedito ci impedisce di dialogare.

    Ma anche ciò che non conosciamo di noi nel rapporto con Dio: la straniera che è in noi.... cosa significa riscoprire il divino attraverso le diversità..... quali linguaggi, quali segni o espressioni, quale rapporto con la natura ecc...c’è un inedito della nostra persona?

    nel Testamento ebraico si leggono imperativi contro gli stranieri ed in particolare contro le straniere. Si tratta di pagine che maggiormente fanno comprendere quale fosse la condizione di subordinazione delle donne in quel periodo. Invece nei confronti degli stranieri il discorso si fa più articolato: generalmente l’uomo straniero, se non è da combattere, è ben accolto nella casa dell’israelita, anzi molte volte rappresenta simbolicamente il Signore stesso.

    nel libro di Ruth invece si tratta della presenza e del ruolo determinante di una donna straniera che diventa quella su cui potranno basarsi tutte le risorse e le speranze della casa di Noemi sua suocera, antenata di Gesù.”Il tuo Dio sarà il mio Dio” afferma Ruth, con ciò ponendosi in forte contrasto con l’impostazione ebraica della tradizione fino ad allora: in sostanza per Ruth moabita quello che conta è il rapporto con la donna (suocera) e privilegiando questa conseguentemente determinerà il rapporto con Dio.

    due donne nei Vangeli vengono citate e scelte in quanto straniere, entrambe, proprio perché straniere non hanno un nome proprio ma vengono identificate con la terra di appartenenza: sono la donna sirofenicia e la samaritana. Più che due inediti, sono due donne estranee che usano al parola per ottenere una relazione con Gesù. Una caparbia e tenace ottiene la salvezza che vuole a tutti i costi, l’altra assetata di conoscenza avrà aperta la strada per la scoperta del divino “in spirito e verità”. Due significativi ruoli femminili a cui , chi scrive i vangeli, attribuisce un’ importanza strategica nel cammino di Gesù e quindi veri esempi e testimonianze di discepolato. La estraneità al territorio non preclude l’appartenenza al discepolato e quindi l’unicità e straordinarietà dei ruoli.

    Esiste un radicamento simbolico femminile che possa rispondere ai fatti che oggi (ci) accadono (vedi donne carceriere in Iraq, donne kamikaze, ecc.)?

    Quali situazioni, persone o fatti ci hanno fatto volare nell’ultimo anno? Chi ci ha permesso di sperimentare la nostra liberà? Dove troviamo oggi la nostra “mediazione vivente”?

    Come riscoprirne la presenza nelle relazioni vicine, che frequentiamo ogni giorno fra noi?

    Abbiamo forse perso il senso della forza che nasce dalle relazioni fra donne quando ci siamo esposte nel mondo misto?

    Ma cosa significa oggi la valorizzazione del lavoro di cura, in una realtà sociale in cui il lavoro fuori casa ha condotto molte di noi a delegare la” cura” vera e propria di figli/e e persone anziane ad altre donne?

    Ma se i valori che non si ha più il pudore di esprimere nella società neoliberista sono quelli della competizione e del successo, questo significa che la cultura femminile della cura e dell’attenzione sono stati sommersi? Se non siamo più dentro le case e non siamo neppure nella società, dove si manifesta la nostra presenza e la nostra autorità? Sopravvive solo per isole e frammenti? E’ significativa solo per alcune fortunate di noi che hanno trovato e potuto intrecciare relazioni significative nei luoghi di vita quotidiana e di lavoro?

    Infine, o anche a fondamento di tutto, dove troviamo oggi la sorgente del nostro essere divine, integrali, amate e amanti, inserite nell’armonia della vivente Gaia?