I viandanti smarriti della fede

Filippo Gentiloni

da il manifesto 6 febbraio 2005-

 

Condom, matrimoni gay, rapporti prematrimoniali, procreazione assistita, aborto: sono questi i principali temi dello scontro in atto fra il cattolicesimo ufficiale e il mondo laico. Il mondo, la cultura, almeno in parte. Sono i temi dello scontro in atto fra il governo Zapatero e il Vaticano. Al di là e al di sotto di questi temi, il confronto si può compendiare con un termine che li abbraccia tutti, il relativismo. E' questo, oggi, anche se non lo si nomina sempre, il grande avversario. Ieri non era così. Ieri il grande nemico era l'ateismo, sia quello degli intellettuali - si pensi a Nietzsche - sia e soprattutto quello del comunismo. Una battaglia finita - più o meno - con la vittoria delle religioni, in particolare di Roma che quella battaglia aveva combattuta in prima persona, con particolare impegno.

Oggi la battaglia è, forse, più difficile, anche perché l'avversario è più sfuggente. In discussione proprio il modo di intendere la verità. Una discussione che è madre e sintesi di tutte le altre.

Per il cattolicesimo la verità è ancora e sempre una, assoluta. Non dipende dalle circostanze di tempo e di luogo. E' la posizione di quella metafisica classica che il cristianesimo - in particolare quello cattolico - ha ereditato dalla cultura greca e che nel corso dei primi secoli e poi fino a ieri (si pensi, fra l'altro alle idee «chiare e distinte» di Cartesio) si è sovrapposta alla tradizione biblica, costruendo un edificio oggettivo, sicuro, incrollabile. Aut aut: o con me o contro di me. Bianco o nero; vero o falso. Un edificio dai confini sicure e ben disegnati: o dentro fuori, o nella ortodossia o nell'eresia. Una casa che ha offerto per secoli identità, tranquillità anche psicologica, vantaggi inestimabili.

 Oggi non è più così. La cultura moderna ha cominciato a mettere in discussione la solidità di quelle mura. La verità è un cammino, un viaggio, un percorso. Non ha una stazione di arrivo; meglio, ogni stazione è di arrivo ma anche di partenza. La sua caratteristica non è il punto esclamativo (la soddisfazione, il riposo), ma il punto interrogativo, come nella grande tradizione ebraica. Conoscere è interpretare, ci dice la cultura moderna (Heidegger e mille altri). E l'interpretazione è infinita, come ricorda il titolo di un bel libro di Pier Cesare Bori.

 Fra le due concezioni della verità non molti sono i punti in comune. E' vero che si sono gettati ponti e si continua a gettarli, soprattutto da parte del mondo cattolico, che non vuole perdere i contatti con il moderno. Ponti, comunque, fragili. Bisogna scegliere . Le vicende di queste ultime settimane lo confermano. Anche i cattolici sono chiamati a decidere se rimanere ancorati alle certezze metafisiche o affrontare l'avventura affascinante delle interpretazioni.