Filippo Gentiloni

Pentecostali, è semplice

 il manifesto 7 maggio 2006

 

Quale è veramente la situazione del cristianesimo nel mondo? La conosciamo troppo poco, soprattutto perchè guardando da Roma siamo portati a considerare quasi esclusivamente il cristianesimo cattolico; tutt'al più a quello cattolico aggiungiamo, anche se con una certa fatica, gli altri cristianesimi più tradizionali come quello protestante e quello ortodosso. L'uno e l'altro con le loro varie forme plurali.

Dimentichiamo troppo facilmente tutto quel mondo cristiano che non si riduce alle chiese tradizionali e che è in pieno sviluppo. L'esempio più evidente, anche se da noi più sconosciuto, è quello dei pentecostali. Il più importante movimento spirituale del nostro tempo, è stato detto. Era nato un secolo fa in una periferia afroamericana di Los Angeles, e in un secolo i pentecostali sono diventati circa 500 milioni, un quarto dei cristiani di tutto il mondo.

Un tasso di crescita impressionante. Qualche esempio: in 30 anni in Europa da 8 a 37 milioni; in Nordamerica da 24 a 80, in Africa da 17 a 125; in Asia da 10 a 134, in America Latina da 12 a 141 milioni.

Come mai questo incredibile successo? Sulla rivista Riforma (settimanale delle chiese evangeliche, battiste, metodiste, valdesi) sotto il titolo «Un cristianesimo entusiasta» Paolo Naso risponde alla domanda. In primo luogo la «portabilità» del movimento pentecostale, che non ha bisogno di chiese e di pesanti strutture: è elastico, va dove la gente vive. Poi la «accessibilità»: semplicità del culto e calore della accoglienza. E ancora la «trasmissibilità»: una fede agile, che è facile comunicare. Poca teologia e pochi dogmi. E molto «entusiasmo», proprio quello di cui la società di oggi - delusa, pessimista, incerta - ha bisogno.

Al movimento pentecostale, d'altronde, non mancano i problemi: fra gli altri la frammentazione, una certa tendenza al fondamentalismo biblico, una certa chiusura all'interno del proprio recinto.

Con il cattolicesimo i rapporti non sono facili. Comunque anche Roma dovrà fare i conti con il cristianesimo dell'entusiasmo che, non soltanto dal punto di vista quantitativo, sta diventando una parte sempre più importante dell'«ecumene» cristiano, soprattutto nei paesi fuori dall'Europa.