Filippo Gentiloni

L'ordine vaticano

Da il manifesto 13 novembre 2005

 

A distanza di tre anni dalla visita di Giovanni Paolo II il papa è nuovamente presente nel Parlamento italiano. La vista, questa volta, è meno solenne: Benedetto XVI non viene di persona, ma invia delegati e messaggi. Lo stato, da parte sua, si inginocchia ancora una volta e rinnova le sue dichiarazioni di devozione. Sono pochi, però, a ricordare che la raccomandazione del papa precedente che aveva pensato concretamente alla situazione dei detenuti nelle nostre carceri, sono state assolutamente disattese.

Comunque l'incontro si è svolto, come era prevedibile, all'insegna della laicità. Un concetto che tutti citano, anche oltre Tevere, ma che ciascuno tira, come la famosa coperta, dalla parte sua. Il papa, in particolare, è sembrato voler fare una specie di passo indietro nei confronti delle affermazioni dei mesi scorsi, soprattutto quelle contenute nel famoso messaggio al presidente del Senato Pera. Un messaggio che, letto alla luce degli interventi precedenti di Ratzinger, sembrava piuttosto limitativo della laicità. Sembrava dire che la laicità è valida soltanto nel rispetto di regole etiche universali, che, quindi, non possono venire se non dall'alto. La chiesa cattolica, perciò, ne sarebbe promulgatrice e custode. Gli stati democratici dovrebbero accettare e sottomettersi. Per il loro bene.

Tutti i teocons, infatti, si sono affrettati a esultare, dimostrando con i loro applausi che la limitazione ratzingeriana della laicità era corretta. Così gli «atei devoti».

Probabilmente il messaggio di ieri alla Camera dovrebbe servire a correggere il tiro. Perciò la ripetuta affermazione che «la legittima laicità dello stato non è in contrasto con il messaggio cristiano». Ma si noti l'inciso importantissimo: «se bene intesa». Non viene precisato che cosa qualifichi questo «bene» e chi sia a determinarlo: l'elogio della laicità, così, rimane piuttosto vago e anche ambiguo.

Più che le parole, allora, contano i fatti. I fatti proprio di questi mesi e giorni, oltre alle parole rivolte dal papa a Pera, indicano quali limitazioni il Vaticano imponga alla libera laicità dello stato. Basti pensare alla battaglia di pochi mesi fa contro la fecondazione assistita, a quella contro le coppie di fatto e soprattutto agli strali del cardinale Ruini contro la pillola RU486 che si abbatte sui diritti delle donne. Come sempre si ripete da parte laica, nessuno contesta il diritto dell'autorità ecclesiastica di parlare ai cattolici. Si contesta, invece, la volontà di influire su tutti gli italiani, cattolici e non. Come se all'autorità ecclesiastica cattolica spettasse una sorta di imposizione sull'etica di tutti e dello stato che li rappresenta.

Perciò le affermazioni di rispetto della laicità - ma sempre quella «buona» - ripetute solennemente anche ieri non possono non lasciare, a dir poco, perplessi tutti coloro che pensano che la laicità veramente «buona» non sia quella indicata da una autorità suprema, che detta legge dall'alto di qualche cattedra, ma quella che dialoga, cerca, discute con tutti quelli che condividono il cammino.