Filippo Gentiloni

Codice di comportamento

il manifesto 14 maggio 2006

 

Il matrimonio sempre più al centro del dibattito fra la gerarchia cattolica e lo stato (meglio: la società). Il Vaticano insiste un giorno sì e l'altro pure: l'unico matrimonio vero e proprio è quello in chiesa, niente pacs e niente divorzi o unioni libere, tanto meno se omosessuali. Ma a queste insistenze contraddice la realtà: basta guardarsi intorno. Una conferma viene dalle cifre, anche quelle autorevolmente diffuse dall'ufficio statistiche dell'Unione europea. Si sfascia un matrimonio ogni 33 secondi. In Europa un milione di divorzi all'anno. In 25 anni un aumento, sempre in Europa, del 50% dei matrimoni falliti (nel 1980, erano 637 mila, nel 2004 quasi un milione).

E' anche interessante notare che la maggiore percentuale di crescita dei fallimenti nell'ultimo decennio si ha proprio nel cattolico Portogallo. Segue l' Italia: qui da noi gli addii definitivi in 10 anni sono aumentati del 62%.

Dati veramente sconcertanti. Inutile insistere sulle cause che sono sotto gli occhi di tutti: sociali, economiche, psicologiche, anche religiose. La secolarizzazione prosegue il suo cammino.

E la chiesa? Una vera sconfitta, della quale la gerarchia non sembra rendersi conto. L'insistenza sull'unico matrimonio autentico continua, nonostante tutto. Si ha l'impressione di una priorità che inevitabilmente manda in secondo piano altri valori e altri capitoli (quelli, ad esempio, sul battesimo o sulla frequenza alla messa o sulla preghiera). Perché? Come mai questa priorità che la gerarchia sembra attribuire al matrimonio cattolico? La risposta - forse - deve fare riferimento al fatto che la gerarchia cattolica continua a privilegiare i temi che sono «per tutti», anche per coloro la cui fede è debole e incerta, ma che fanno genericamente parte di un «universo» cattolico. Se ne sono ai margini, la gerarchia cerca di recuperarli, come «suoi». Un atteggiamento certamente comprensibile, ma non privo di rischi. Fra l'altro quelli di mettere in secondo piano i temi tipici della predicazione evangelica. La quale, è bene ricordarlo, non illustra né tanto meno impone un tipo unico e universale di matrimonio. Piuttosto invita all'amore in tutte le situazioni familiari e non, secondo tutti i codici.

Con la sua insistenza su un tipo unico di matrimonio, la gerarchia cattolica inevitabilmente riduce l'annuncio a una sorta di «religione civile», nella quale è inevitabile la tendenza a ridurre il vangelo a un codice di comportamento. Un vantaggio per le magistrature e le polizie, ma non per la memoria di quel Gesù che le magistrature e le polizie hanno condannato e perseguitato.