I palazzi cattolici scelgono Berlusconi 

Filippo Gentiloni

Da il manifesto 24 marzo 2005

 

Stato e Chiesa

Sembra proprio che si sia aperta una nuova stagione del cattolicesimo italiano. Un nuovo protagonismo. I tempi nei quali i palazzi cattolici si facevano rappresentare dalla Democrazia Cristiana sono ormai lontani. E' seguito un tempo di relativo silenzio, dovuto anche al nuovo bipolarismo politico: non più quella larga piazza del centro, nella quale le autorità cattoliche avevano stabilito la loro dimora. Ormai o destra o sinistra: i vescovi per non schierarsi da una parte o dall'altra hanno dovuto accettare qualche anno di relativo silenzio. Ora non più. Le autorità cattoliche hanno ripreso la parola e si stanno orientando più o meno decisamente verso la maggioranza di governo. Una situazione, dunque, in buona parte nuova e sulla quale vale la pena di riflettere.

Si noti bene, prima di tutto, che non si può parlare di un cattolicesimo italiano unitario, tante sono, ormai, le differenze e le divergenze al suo interno. Molti e vari cattolicesimi. I «palazzi» cercano di unirli e unificarli, e anche per questo motivo si lanciano in un nuovo protagonismo: si pensi al recente affratellamento, all'ombra dei palazzi, fra l'Azione Cattolica e Comunione e liberazione, ripetuto ed evidenziato anche recentemente di fronte alla salma di don Giussani. Comunque le differenze fra le varie anime permangono e si può prevedere che nessun palazzo avrà la autorità sufficiente per unificarle.

Il nuovo protagonismo si sta manifestando in molti modi, diversi fra di loro ma convergenti. Basti osservare i mass media e lo spazio che il cattolicesimo riesce a occuparvi. Dalle trasmissioni sulla salute del papa alle prese di posizione sui prossimi referendum sulla procreazione assistita. Quest'ultima vicenda è particolarmente significativa del nuovo corso: la presa di posizione del cardinale Ruini a favore dell'astensione ha dominato e continua a dominare lo spazio politico, etico, religioso. Una presa di posizione che ha eliminato in un solo colpo le riserve e le prudenze che generalmente nel passato accompagnavano le voci cattoliche.

Una voce, quella del presidente della conferenza episcopale, che ha evidentemente voluto superare - e tacitare - le voci divergenti nel mondo cattolico. Queste voci sono continuate - un certo pluralismo è ormai all'ordine del giorno - ma come in sordina: voci non esplicitamente condannate, ma emarginate.

In realtà quella equidistanza politica che aveva caratterizzato i palazzi dell'episcopato italiano fino a ieri si può dire finita: bisogna sostenere il governo Berlusconi. Nonostante tutto; nonostante le mille e mille voci cattoliche che auspicano il ritiro delle truppe italiane dall'Iraq o una diversa politica nei confronti degli immigrati.

Perché? Come mai questa scelta senza incertezze? Molti i motivi, oltre a quelli personali. Fra gli altri le concessioni che il governo Berlusconi ha fatto alla chiesa, in termini di insegnamento della religione cattolica nelle scuole e di vari finanziamenti. Probabilmente importanti le spinte che provengono da vari movimenti e istituzioni a tendenza più o meno «neocons». Molti di essi guardano agli Usa e a Bush con ammirazione, mentre temono le incertezze e i cedimenti di un cattolicesimo più vicino ai metodi democratici. La paura del comunismo non è finita.

Difficile dire se questa tendenza della maggioranza dell'episcopato, sotto la guida decisa del cardinale Ruini, riuscirà a soffocare i molti cattolici (movimenti, associazioni, gruppi, parrocchie, ecc.) che la pensano diversamente. Non è difficile, invece, prevedere che le spaccature nell'ampio mondo cattolico sono destinate ad aumentare e ad approfondirsi.