Filippo Gentiloni

Il ritorno a Costantinopoli

il manifesto 28 novembre 2006

 

Il papa ha tenuto duro e oggi è in volo per la Turchia. Nonostante le contestazioni, mai forti come questa volta nei confronti di un viaggio pontificio e quindi della chiesa cattolica. Anche se ieri in piazza a Istanbul i contestatori non raggiungevano il milione, erano comunque una gran folla, ampliata e moltiplicata dai media di tutto il mondo.

Un contenzioso dalle grandi radici storiche, che vicende recenti hanno contribuito a sottolineare. Le radici sono evidenti: una terra nella quale il cristianesimo aveva vissuto i primi passi trionfali per secoli e dove poi era stato praticamente annientato dall'islam. La terra delle origini - basti pensare ai destinatari delle lettere di Paolo - ma anche della sconfitta. Una storia sconvolgente. Oggi il papa di Roma va a rendere omaggio ai vincitori, mentre i suoi fedeli non sono che qualche migliaio. Pochi di più i cristiani di altre chiese.

Oggi il papa sembra quasi a chiedere scusa per le crociate riconoscendone il fallimento. Uno sconvolgimento storico al quale si sono aggiunte sottolineature recenti, come l'ormai famoso discorso pontificio di Ratisbona. Al di là delle intenzioni di Ratzinger, il mondo islamico - quasi tutto - ha letto nelle parole del papa una offesa alla memoria di Maometto e ha reagito di conseguenza. Roma ha moltiplicato le spiegazioni - non le scuse - ma la distanza è rimasta: il viaggio di oggi dovrebbe giovare a diminuirla. Nonostante, dunque, sia Ratisbona che Alì Agca, il turco che aveva sparato al papa.

Anche perché in questi giorni in Turchia il papa apparirà come rappresentante e paladino più dell'Occidente e dell'Europa che del Vangelo. Di questo si parlerà poco, mentre si cercherà in tutti i modi di avvicinare i confini , le frontiere. Anche i confini fra Istanbul e Mosca: il patriarcato che Benedetto va a visitare conta ormai ben poco nei confronti di quello di Mosca enormemente più ricco di fedeli. Ma soprattutto si tratterà di avvicinare la Turchia all'Europa e quindi anche a tutto l'Occidente. Dietro al papa di Roma sono ben presenti l'Europa e anche gli Stati Uniti. Questo il significato sempre più politico della stretta di mano con l'islam. Una stretta di mano che dovrebbe anche giovare all'islam «moderato» e quindi alla pace del mondo.

Difficile prevedere se sarà veramente così. Se, in altri termini, il mondo islamico accetterà questa rappresentanza che il papa assume: rappresentanza non tanto e non soltanto del cattolicesimo ma anche dell'Europa e insieme dell'occidente. E forse anche della democrazia. Proprio di quella democrazia che la Turchia ha offeso con le persecuzioni del secolo scorso e che anche oggi stenta ad accettare in pieno. Non poche voci nel nostro occidente hanno chiesto, infatti, che il papa se ne faccia interprete esplicito, non limitandosi agli abbracci di rito. Vedremo.

Quello che è certo è che questo viaggio pontificio si differenzia dagli altri. Non tanto un annuncio quanto una correzione. E anche, implicitamente, un riconoscimento. In negativo, il riconoscimento di una sconfitta storica; in positivo il riconoscimento della vittoria dell'islam. E' vero che l'avanzata dell'islam in Europa era stata fermata secoli fa in Francia, ma in Africa e in Asia l'islam ha continuato a camminare e oggi trionfa, con la Turchia - già baluardo della Nato verso Oriente - come avamposto dell'islam verso l'Europa. Fra i cristiani delle varie denominazioni unite insieme e i musulmani i numeri oggi più o meno si equivalgono. Non lo avrebbe certamente immaginato Goffredo di Buglione conquistando Gerusalemme.

Una situazione che oggi influisce pesantemente su tutti i problemi e i conflitti del mondo, a cominciare da quelli più sanguinosi, come in Afghanistan e soprattutto in Medio Oriente. Speriamo che le difficili giornate del papa in Turchia, al di là delle formalità di rito, servano a quella pace nel mondo che fino ad oggi le varie religioni sono riuscite ben poco a favorire.