Enzo Mazzi

La rivoluzione di dio e le sue contraddizioni

Da il manifesto 12 ottobre 2005

 

Il figlio di Maria secondo gli evangelisti Gesù, nel suo concepimento, è figlio di una ragazza madre. Solo quando Maria è già incinta Giuseppe la sposa

 

«Noi (cristiani), in quanto credenti, siamo sempre contemporaneamente coloro che cercano e coloro che trovano»: questa frase del nuovo libro Ioseph Ratzinger, il primo da papa, La rivoluzione di Dio, è l'emblema del carattere pesantemente e direi provocatoriamente contraddittorio del suo pensiero e della sua prassi. E' la dogmatica postridentina di Wojtyla verniciata di postmoderno. L'assolutismo dogmatico rimane tale anzi è ribadito (siamo sempre coloro che trovano) ma viene presentato coperto dal manto della ricerca (siamo coloro che cercano). Non ne faccio una colpa a papa Benedetto XVI. E' vittima egli stesso di una contraddizione strutturale insita nella forma storica che ha assunto il cristianesimo dopo Costantino e che il cattolicesimo ha ingigantito con la Controriforma. Il libro è uscito l'11 ottobre, nel giorno in cui nel 1962 si aprì il Concilio. Ma quanto sono distanti i due eventi! Il Concilio fu indetto da papa Giovanni proprio per tentar di sciogliere l'ambiguità profonda del cattolicesimo chiamando le periferie del mondo a rompere l'assolutismo monarchico di cui si sentiva prigioniero. Il libro di papa Ratzinger invece tende a ribadire l'assolutismo. La contraddizione che chiamo strutturale non si evidenzia solo in un libro. Esce da ogni poro della chiesa cattolica.

Prendiamo a mo' di esempio questa radicale determinazione dei vertici ecclesiastici nell'opporsi ai Pacs e nel blindare il matrimonio. Dicono di voler salvare l'amore e in realtà lo denigrano, lo distruggono. Questa radicale determinazione dei vertici ecclesiastici nell'opporsi ai Pacs e nel blindare il matrimonio è spiegabile solo con una grande paura. Sono angosciati dal timore che si sfasci la società. Insistere nel considerare il patto matrimoniale sancito dalle istituzioni e consacrato dalla Chiesa come unica ed esclusiva cellula fondamentale della società è frutto di una sfiducia totale nella forza intrinseca dell'amore umano. L'amore ha bisogno di essere protetto e imbrigliato perché in lui cova il male. I sentimenti umani, la spinta sessuale, il bisogno del piacere, la creatività affettiva, sono ormai tutti sotto il dominio distruttivo del peccato. Per redimerli vanno posti sotto il segno della grazia e ciò può avvenire solo col sacramento del matrimonio. Si fa eccezione per il matrimonio civile, sebbene non venga considerato un sacramento, perché comunque esprime un controllo sull'amore da parte di un'autorità pubblica.

Le contraddizioni che si aprono sono abissali. Oltre alle contraddizioni politiche e sociologiche sulle quali si concentra il dibattito, aggiungiamo qualche spunto, a mo' di esempio, sulle contraddizioni che si annidano più in profondità, nella cultura, nell'etica e nella stessa teologia. Ad esempio: oltre all'ambiguità nella considerazione del matrimonio civile, che non è affatto chiara anzi è intrisa di ipocrisia, c'è la contraddizione del «matrimonio fra divorziati». Cosa dicono le gerarchie a proposito dei divorziati che si risposano? Il Catechismo parla chiaro: sono semplicemente adulteri e concubini. Gli negano l'assoluzione e la comunione e arrivano a colpire con sanzioni i ministri, preti e vescovi, che osano distribuire l'ostia sacra ai divorziati. Interi episcopati, come quello tedesco, sono sotto stretta osservazione da parte del Vaticano. Questo fanno a livello mondiale. Ma allora se il matrimonio fra divorziati non è per loro un vero matrimonio che cosa è mai? A me sembra lapalissiano: è un Pacs.

Caro card. Ruini, si rassegni, la sua battaglia per blindare il matrimonio difendendolo dall'assalto dei Pacs è già persa. Il nemico è già dentro le istituzioni pubbliche. E vi è massicciamente. Pensi quanti sono i matrimoni fra divorziati: tutti Pacs!

Ma la contraddizione più inquietante per i cristiani riguarda il rapporto col Vangelo. La cultura e la teologia predominanti nell'esperienza da cui sono nati i Vangeli è di un «radicalismo etico», quasi una rivoluzione, che si oppone alla cultura e alla teologia tradizionali sostenute dal potere. «Si trattò all'inizio di un movimento di contestazione culturale e di abbandono delle strutture della società» (G. Theissen, La religione dei primi cristiani, Claudiana, 2004). Del resto per gli evangelisti Gesù stesso, nel suo concepimento, è figlio di una ragazza-madre. Solo in un secondo momento quando Maria è già incinta Giuseppe la sposa. E il loro consenso matrimoniale sarebbe nullo per l'attuale ordinamento ecclesiastico perché escludeva la procreazione. Infatti Maria secondo la interpretazione ufficiale è vergine e tale vuol restare dopo il matrimonio col pieno consenso di Giuseppe. Quanti matrimoni sono stati e sono tutt'ora dichiarati «nulli», inesistenti, dalla Sacra Rota, a causa dell'esclusione della prole. Quanti sposi sono riusciti con questa motivazione e con tanti soldi a recuperare la condizione di celibi o nubili, ottenendo la sentenza di nullità del matrimonio dal Tribunale vaticano. I crociati della intangibilità assoluta del matrimonio canonico dove metterebbero oggi la famiglia anomala di Gesù? Gliela darebbero la casa dell'edilizia pubblica oppure li lascerebbero nella capanna al freddo e al gelo? Gesù bambino avrebbe gli assegni familiari e, una volta divenuto orfano, gli verrebbe riconosciuta la pensione del padre putativo? E che ne sarebbe di Maria, vedova di un marito non-marito?

Un orizzonte nuovo di valori universali si apre in realtà nel Vangelo col superamento del concetto tribale di appartenenza. Dietro una spinta così forte, da anni ci siamo impegnati, come tanti altri, a immedesimarci nelle discariche umane prodotte nella «città delle famiglie normali». E lì abbiamo trovato bambini abbandonati per l'onore del sangue, ragazze madri demonizzate e lasciate nella solitudine più nera, handicappati rifiutati, carcerati privati della parentela, gay senza speranza, coppie prive di dignità perché fuori della norma, minori violentati dai genitori, mogli stuprate dietro il paravento del «debito coniugale». Le «case-famiglia» non sono nate negli anni `50-`60 proprio come superamento della blindatura disastrosa della famiglia tradizionale? A Firenze si collocavano nella scia di una lunga storia di accoglienza costituita dall'Istituto degli innocenti. E all'origine di queste famiglie tanto anomale da scandalizzare a quel tempo i benpensanti non ci sono coscienze ed esperienze ispirate dal Vangelo? Basterebbe ricordare l'esperienza di Nomadelfia di don Zeno Saltini e il tentativo di annullarla. E anche per l'Isolotto di Firenze uno dei motivi della repressione nel `68 fu certamente l'anomalia di questo tipo di approccio alle emarginazioni del tempo.

Oggi le case-famiglia appaiono superate. Fine della famiglia tribale? Macché. Nuove emergenze incombono. La competizione globale, questa guerra di tutti contro tutti, riporta a galla il bisogno di mura e di blindature. Il mondo del privilegio non accetta la condivisione e non ne conosce le strade se non nella forma antica dell'elemosina che oggi è confusa impropriamente con la solidarietà. Conosce molto bene però l'arte dell'arroccamento. E di questo bisogno di blindatura approfittano i crociati della famiglia. Guardando bene al fondo, in nome di che si ricacciano in mare gli extra-comunitari? Sono estranei alla nostra famiglia e alla nostra famiglia di famiglie. Si sciolgono i cuori di fronte alla povertà del cosiddetto Terzo mondo, carità a non finire, ma si alzano le mura delle strutture profonde. La famiglia canonica oggi è fonte di esclusione verso i dannati della terra. E' un'esclusione radicata nel profondo, cancro che si annida nella difesa integralista del matrimonio. Bisogna riscoprire le strade dell'apertura planetaria della famiglia, densa di storia anche evangelica, nelle esperienze delle giovani generazione e dei nuovi soggetti. Senza nascondersi limiti e pericoli, presenti in ogni apertura al nuovo, e quindi con sagge regolamentazioni e con opportune mediazioni. Ma anche senza demonizzazioni. Perché ritengo che proprio in quell'apertura stia la salvezza della famiglia umana e dello matrimonio.