Luigi Sandri

Dopo Ruini

l'Adige del 19 Gennaio 2007

 

Corre, nei corridoi vaticani, un tam-tam: il papa avrebbe ormai deciso di nominare il cardinale Angelo Scola, patriarca di Venezia, presidente della Conferenza episcopale italiana (Cei), in sostituzione del card. Camillo Ruini, che per ben tre mandati ha retto quest'alta carica. L'esperienza insegna che le «voci» ufficiose sono, spesso, dei tranelli, per silurare un candidato (e, del resto, alcuni sostengono che il papa punta sul card. Ennio Antonelli, arcivescovo di Firenze ex numero due della Cei). Dunque, la promozione di Scola non è certa ma, allo stato dei fatti, altamente probabile.

     La scelta del nuovo presidente della Cei pone problemi di metodo, e di merito, a parte naturalmente l'identikit di colui che infine sarà incoronato. Tutte le Conferenze episcopali del mondo (sviluppatesi dopo il Concilio Vaticano II per aiutare i vescovi di una data nazione a pensare insieme la pastorale e ad affrontare uniti problemi comuni) eleggono il loro presidente; fa eccezione il nostro paese ove, essendo il papa vescovo di Roma e primate d'Italia, si è finora riservato il diritto di scegliere il presidente della Cei. Paolo VI optò per «sdoppiare» la carica di presidente della Cei e di Vicario di Roma (il vescovo che, a nome del papa, regge la diocesi); Giovanni Paolo II decise invece di unificare le due cariche, dal 1991 affidate a Ruini. Questi, nato a Sassuolo (RE) il 19 febbraio 1931, al giro di boa dei 75 anni dovette rassegnare le dimissioni. Il 14 febbraio dell'anno scorso il Vaticano annunciava che Benedetto XVI aveva confermato il card. Ruini presidente della Cei, donec aliter provideatur, «fino a che non si decida diversamente». Rimanendo, intanto, Vicario di Roma.

      Giusto un anno fa si apprendeva che il nunzio in Italia, mons. Paolo Romeo (attuale arcivescovo di Palermo), aveva chiesto ad ogni vescovo italiano di indicare al papa un nome come nuovo presidente della Cei. Il pontefice, naturalmente, sarebbe stato libero di utilizzare come meglio avesse ritenuto i risultati del «sondaggio». Ufficialmente, nulla si sa delle risposte dei vescovi; indiscrezioni non confermate dicono che ai primi posti della «graduatoria» sarebbero arrivati il card. Dionigi Tettamanzi, arcivescovo di Milano, e i vescovi di Novara (Renato Corti) e di Piacenza (Luciano Monari); solo al quarto posto sarebbe arrivato Scola. Anche sul «quando» sarebbe avvenuta la sostituzione di Ruini, le opinioni erano variegate: alcuni pensavano (e pensano) entro il febbraio 2007, altri il prossimo giugno.

      Joseph Ratzinger affiderà, o no, alla stessa persona la presidenza della Cei e quella di Vicario di Roma? Sembra che il papa voglia seguire la linea di Paolo VI, e cioè di «sdoppiare»: Scola, o chi per lui, andrà alla Cei; un altro prelato al Vicariato (e, anche qui, corrono molte e variegate ipotesi).

     Comunque, se (ripetiamo: «se») i sussurri e le grida dei felpati corridoi vaticani troveranno conferma, tra poco tempo Scola sarà il nuovo presidente della Cei. Una scelta - se tale sarà - del tutto in linea con l'orientamento generale di questo pontificato, perché la «biografia» teologica del patriarca di Venezia è vicinissima - pur nella diversità delle situazioni - a quella di Benedetto XVI.

     Nato da umile famiglia - padre camionista, madre casalinga - nel 1941 a Malgrate (provincia di Como e diocesi di Milano), sacerdote dal '70, Scola si è laureato in filosofia a Milano e in teologia a Friburgo, Svizzera. Negli stessi anni, e fino alla sua nomina a vescovo di Grosseto (1991), ha partecipato attivamente a Comunione e Liberazione: un movimento dagli aderenti, e dai simpatizzanti, considerato uno sprone eccezionale per incarnare, nella concreta realtà, la fede in Cristo; ma dai critici ritenuto viziato da integriamo e dogmatismo. Sempre dagli anni Settanta Scola collaborò a Communio, rivista internazionale di teologia che si contrapponeva a Concilium, consorella nata prima e cattedra di punta dei teologi che volevano approfondire le intuizioni del Vaticano II. Joseph Ratzinger, che sulle prime aveva ben visto Concilium, poi si orientò invece sulla più prudente Communio.

     Dopo alcuni anni di docenza a Friburgo, nell'82 Scola divenne professore alla pontificia università Lateranense di Roma, della quale - dopo quattro anni di episcopato a Grosseto - nel '95 fu nominato rettore. Infine, Wojtyla nel 2002 lo nominò patriarca di Venezia e, l'anno seguente, cardinale. Tre anni fa Scola ha creato Oasis, una rivista internazionale di studi e ricerche per approfondire il dialogo cristiano-islamico, e che esce in varie lingue (tra esse, anche l'arabo e l'urdu, la lingua del Pakistan, uno dei più popolosi paesi musulmani). Proprio questa settimana, martedì e mercoledì, il cardinale ha presentato a Washington ed a New York la sua rivista nell'edizione inglese. Un evento che - sostengono quanti si dicono sicuri del prossimo arrivo di Scola alla Cei - segna la sua ouverture anche oltre i confini europei, e un modo per farsi conoscere, in vista di ulteriori cammini, all'episcopato statunitense.

     La «biografia» di Scola dice molto per capire il personaggio; ma non dice tutto. Per certi aspetti ricalcherà Ruini, ma per altri sarà diverso. Alcuni temono che Scola ripeterà le tesi integriste di Comunione e liberazione, altri invece pensano che il patriarca di Venezia oggi è diverso, su alcuni punti (i rapporti Stato-Chiesa, e Chiesa-laicità), dalle tesi classiche di quel movimento. Alcuni rilevano che il porporato vuole che sia dato maggior spazio (anche decisionale?) alle donne nella Chiesa; altri dicono che l'idea di una Chiesa strutturalmente povera di mezzi mondani sia estranea alla teologia scoliana. Ma solo il modo concreto con cui egli guiderà la Cei (sempre, beninteso, che sia lui l'eletto di Ratzinger) potrà confermare o smentire speranze e timori di quanti, nella Chiesa cattolica italiana, lo attendono con gioia e di quanti lo vedono con preoccupazione.