Marcello Vigli

Una, due... cinque costituenti

Roma 8 maggio 2007- www.italialaica.i

 

Per uscire dalla sua crisi la sinistra italiana ha avviato un percorso che per il momento prevede almeno cinque costituenti, diversi coordinamenti in aggiunta ai cantieri aperti o in gestazione per  ricomporre la sua frammentazione.

Forse troppo per una cura ri-costituente per la quale non mancano in giro diagnosi e ricette offerte in convegni, seminari, incontri, dibattiti su giornali e riviste da vecchi medici di famiglia nostalgici e giovani laureati senza memoria. Manca, però, una terapia condivisa.

Non c’è in verità neppure la certezza che si tratti dello stesso malato: la sinistra.

La sua identità cominciò ad essere messa in discussione, in un passato ormai remoto, quando, a cominciare dagli anni sessanta, a sinistra del Pci e del Psi proliferarono riviste, gruppi, giornali e poi comitati e partiti che si definirono Nuova sinistra dichiarandosi eredi e continuatori della stagione di lotte che dalle scuole, dalle università e dalle fabbriche aveva sconvolto il panorama sociale e gli equilibri politici e sindacali. Seguì un duplice processo in opposte direzioni: da un lato la rincorsa per essere sempre più a sinistra, dall’altro lo sforzo ad accreditarsi come sinistra aperta al “compromesso”. Questo, nonostante fosse definito”storico”, divenne ben presto cronaca di successivi arretramenti, e si concluse con la distruzione del Partito comunista perseguita con fredda determinazione e grande tenacia, diventate  necessarie per aver ragione del suo profondo radicamento nella società.

La Nuova sinistra, sempre più autoreferenziale, implose in tanto settarismo da inquinare e di fatto impedire che dalle ceneri del Pci si rifondasse realmente una sinistra autenticamente “nuova” capace, cioè, di fare quei conti con la democrazia e la laicità che il Pci non aveva potuto regolare fino in fondo costretto a cimentarsi con problemi di sopravvivenza imposti dalla guerra fredda.

Il conto, sia per la laicità sia per la democrazia, si ripresenta oggi a chiunque intenda candidarsi a governare da sinistra questo Paese nei prossimi decenni, promuovendo giustizia e libertà per tutte e tutti, e si proponga, al tempo stesso,  di contribuire alla costruzione di una forza politica con lo stesso obiettivo a livello europeo.

Fare i conti significa realizzare il primato del lavoro sul mercato, proclamato dalla Costituzione quando recita L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, in  una democrazia rappresentativa nella quale, però, L’iniziativa economica privata è libera ... e la proprietà privata è riconosciuta .. seppure con limiti  allo scopo di assicurarne la funzione sociale.

Allo stesso modo c’è da imporre l’uguaglianza dei cittadini senza distinzione di religione in presenza del riconoscimento della dimensione religiosa come una riserva di cittadinanza privilegiata prevista dagli articoli 7 e 8 della stessa Costituzione.

Una forza politica, che non intenda appellarsi alla Costituzione solo per  l’articolo 11, ma realizzarne tutti i contenuti di solidarietà e di laicità, che la caratterizzano, non può limitarsi ad inneggiare ad un generico antiliberismo ad agitare vecchi slogan anticlericali. All’interno, cioè, dell’impegno ad assolvere al compito della Repubblica di rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese, deve, invece,  da un lato proporre una gestione dell’economia all’insegna della solidarietà credibile in un paese integrato in “questa” Unione europea e a sua volta inserita nell’Organizzazione mondiale per il commercio, e dall’altro contrastare nei fatti la volontà prevaricatrice della gerarchia cattolica.

In questo contesto la giustizia sociale e la laicità, premesse indispensabili perché ci sia autentica libertà, si perseguono solo appellandosi al ruolo che la stessa Costituzione attribuisce alle pubbliche autorità nel definire e imporre i “limiti sociali” del mercato e quelli “politici” delle autorità religiose.

La struttura e il funzionamento delle Istituzioni repubblicane e delle loro strutture amministrative, e la loro laicità non sono quindi un optional per chi intende avviare un percorso di ri-costruzione di una forza di sinistra o impegnarsi a dar vita ad un Partito democratico degno di questo nome: per regolare il mercato, per promuovere e tutelare il lavoro - anche solo per limitare le morti bianche!!! - resta fondamentale il funzionamento delle Istituzioni e della Pubblica Amministrazione.

In questa prospettiva la discriminante all’interno sia del costituendo Partito democratico sia dell’auspicata deframmentazione della sinistra sta fra chi intende piegare Istituzioni a garantire il mantenimento al potere e il sostentamento economico dei “professionisti” della politica, magari con la complicità di una nuova legge elettorale truffa, e chi considera la legalità e la funzionalità costituzionale un bene primario da non barattare con nessun altro; fra chi intende perpetuare la loro subalternità alle ingerenze ecclesiastiche, favorendo il “clericalismo” nella comunità ecclesiale, e chi intende contrastarle al pari delle baronie, delle corporazioni, che si sono costituite all’interno della Pubblica Amministrazione, e delle infiltrazioni mafiose nella vita politica.

Forse è bene anche ricordare che la Costituzione ieri fu varata da un’assemblea formata per quasi due terzi da “costituenti” di sinistra, ed oggi è stata difesa da oltre il 61% di venticinquemila cittadini andati alle urne referendarie per bloccare la controriforma berlusconiana.