“Conversando con” :

E’ possibile cambiare rotta? E come ?

 

Il momento del “Conversando con”, svoltosi il pomeriggio del 25 aprile, ha visto l’ascolto attento e l’attiva partecipazione di circa duecento persone; le relatrici e i relatori, ciascuno/a con la sua esperienza e con il suo personale approccio, hanno saputo dare risposte sia alle sollecitazioni provenienti dai loro diretti interlocutori (Catti Cifattee Peppino Coscione) sia alle domande di chiarimento o di critica provenienti dall’assemblea.

Roberto Bartoli, membro del gruppo economico della Fondazione Balducci, è partito dall’assunto che solo un modello economico, capace di mantenere i legami sociali tra le persone, i gruppi sociali, i Paesied in grado di non distruggere le risorse della natura, può essere considerato accettabile sia eticamente che socialmente. Quindi ha sottolineato come il modello capitalistico attuale non solo non è stato in grado di eliminare la povertà, ma, soprattutto in questo ultimo trentennio nel quale ha fatto da padrone il capitale finanziario, ha fatto crescere le disuguaglianze sia traPaesi che all’interno di ciascuno di essi. Così è andato consolidandosi e radicalizzandosi un sistema di esclusione, basato sulla logica del massimo profitto e della crescita economica illimitata e senza regole. Questo sistema continua con la sua ingordigia e con il suo sfrenato consumismo a distruggere vincoli e solidarietà sociali ead inquinare pesantemente l’habitatdi vita di milioni e milioni di uomini e donne.

Sull’ingordigia di questo sistema, ha proseguito Giuliana Martirani, docente di geografia politica ed economica, per stigmatizzare l’ubriacatura, la sindrome di Caino,presente nel sistema economico, politico, culturale attuale, ubriacatura che si produce e riproduce come capitalismo mafioso e sostanzialmente autoreferenziale. Alle transazioni finanziarie compiute da questo capitalismo è necessario applicarela Tobin tax il cui ricavato va investito nelle necessità primarie del paese. La relatrice, dopo aver letto alcuni brani di don Tonino Bello, espone il contenuto di quella via della sobrietà considerata fondamentale per attivare il processo di profonda trasformazione del presente. Elementi che non si limitano a modificare soltanto gli stili di vita personali ma che vanno a trasformare i meccanismi produttivi ed economici della società: la valorizzazione dell’autoproduzione, della produzione locale e biologica, del lavoro comunitario, del microcredito d’impresa, del commercio equo e solidale. Il cambiamento è possibile perché siamo convinti che anche il sistema capitalistico, come ogni impero, com’è nato e cresciuto così conoscerà la fine.

Nella concretezza dei processi dicambiamento si è sviluppato il ragionamento di Alberto Zoratti, dirigente della Faircoop, partendo da esperienze vissute di reti di commercio equo e solidale, ha disegnato lo scenario del commercio internazionale dominato da poteri economico-finanziari la cui logica è mantenere la cesura tra gli interessi e le condizioni di vita dei produttori, soprattutto di quelli dei paesi produttori di materie prime, dai consumatori. Allora il nostro compito è far crescere sempre di più la responsabilità sociale negli acquisti, valorizzare là dove ciascuno/a di noi vive sistemi di produzione locali, ricondurre i nostri stili di vita ad un consumo sobrio e critico, impegnarci per uno sviluppo quantitativo e qualitativo del commercio equo e solidale come sistemadi commercio che cerca di costruire un’alleanza tra produttori e consumatori e si può coniugare efficacemente con il sostegno alle economie locali della cosiddetta filiera breve .

Antonella Visintin, coordinatrice delle donne della Federazione delle chiese evangeliche, ha messo in risalto le responsabilità delle chiese che non hanno saputo contrastare la logica della crescita illimitata; quella logica che ha portato sia ad un lavoro alienante, fondato su una teoria sacrificale, che ad una aggressione feroce dell’ambiente. E’riflettendo su questo che le chiese evangeliche sono pervenute alla definizione di una confessione di fede che mette al centro la promozione della giustizia economica ed ecologica. Le chiese, dice, hanno bisogno di riscoprire il senso del limite, come hanno cominciato a fare i gruppi-donne sia nelle loro pratiche che nel loro lavoro di decostruzione di un concetto di Dio onnipotente che ha prodotto un immaginario di dominio patriarcale. La relatrice esprime il timore che il richiamo allasobrietà venga collegato all’idea del sacrifico mentre la richiesta che viene dalle donne, e non solo, è : non vogliamo di meno, vogliamo di più, di più di relazioni, di più di convivenza, di più di qualità nel lavoro e nella vita di ogni giorno.

In sintesi, da questo interessante ‘conversando con’, ci pare che emerga con forza che cambiare rotta vuol dire proprio realizzare questo di più, oggi mancante, ricercandolo nelle culture e nelle pratiche di quelle realtà ‘molecolari’ chetestimoniano fattivamente che un mondo migliore è possibile e necessario.

Catti Cifatte e Peppino Coscione