TEMPI DI SORORITA’

a cura di Catti Cifatte

DeA – Donne e Altri”

 

Intervista con Alberto Leiss

 

Giornalista, ha lavorato all’Unità sino al 2000, scrivendo anche su varie riviste (tra cui Via Dogana, Critica Marxista) poi ho collaborato per due anni con la Rai (La storia siamo noi) e dal 2001 ha lavorato con il Comune di Genova (consulenza per il G8), dal 2002 accettando l’incarico di Direttore della Comunicazione e portavoce del Sindaco e della Giunta. Da alcuni anni tiene un corso di storia dei media all’Università della Calabria. Con Letizia Paolozzi, Bia Sarasini e Monica Luongo dal 2002 ha progettato e sta gestendo il sito DeA (www.donnealtri.it) che recentemente si è costituito in associazione per operare soprattutto nel campo dell’informazione e della formazione.

 

  • Esiste veramente la possibilità per un uomo di vedere ed esprimere, in senso positivo, la sua parzialità? Chi o cosa lo aiuta in ciò?… una scelta di campo coraggiosa e rara che a volte, a noi donne, appare difficile ma che apprezziamo moltissimo; siamodunque curiose di sapere come nasce, perché nasce l’esigenza di guardare il mondo con occhi di genere, al maschile? Come ci si sente nei rapporti personali con le donne, per esempio con le colleghe, quando sifa questa scelta di campo?

 

L’idea che la rappresentazione del mondo si sia finora basata su un falso universalismo, perché in grande misura determinato dal punto di vista maschile, mi è divenuta chiara abbastanza presto, credo soprattutto per il rapporto con alcune donne libere e intelligenti che me l’hanno fatto capire. Forse c’entra anche il tipo di educazione che ho ricevuto da mia madre e mio padre. Che poi un uomo sia capace di “esprimere in senso positivo” la sua parzialità è un altro discorso, assai più difficile. Penso che alcuni ci stiano provando. E io fra questi, ma con una serie di problemi, soprattutto, direi, proprio per quell’apprezzamento e quall’attesa femminile che resta ancora estremamente difficile riuscire a soddisfare davvero. Nei rapporti personali sono portato a pensare che le cose possano andare meglio con le donne, verso le quali in genere provo più simpatia. Ma le cose, soprattutto nelle relazioni di lavoro, sono spesso piuttosto complicate. Nel mio ufficio mi trovo nella situazione – molto diffusa nella pubblica amministrazione – in cui svolgo un ruolo dirigente con collaboratrici che sono quasi tutte donne. In genere persone con forti motivazioni e forte personalità. Mi auguro che una certa mia sensibilità alla differenza tra i sessi possa essere percepita come un lato positivo del rapporto con me ma non ne sono sicuro. E’ un tema che non si è ancora abituati a trattare “seriamente”, se non con l’uso di battute e motti di spirito. Non sono nemmeno sicuro se sia un bene o un male che le cose , da un punto di vista linguistico, stiano così.

 

  • La comunicazione è un’arte, attraverso quest’arte si possono manipolare le coscienze, si può creare un simbolico di parte, effetti psicologici, orientamenti politici, influenzare filosoficamente e imporre visioni unilaterali … eppure la comunicazione è anche necessaria per esprimere in libertà le diversità, le opinioni, le intuizioni, le prospettive……cosa vuol dire per te che sei giornalista da molti anni fare comunicazione?

 

Ho sempre fatto del giornalismo politico, e ho sempre vissuto come un problema e una responsabilità molto grande il tenere ben distinto il peso delle opinioni di cui mi sono fatto interprete e la descrizione il più oggettiva possibile dei fatti di cui mi sono trovato a parlare. Credo che chi fa informazione, ovunque sia collocato, debba prendere a riferimento principale il diritto del suo pubblico ad essere informato il più correttamente possibile, in modo esauriente e soprattutto trasparente. Ho sempre detestato la faziosità e la prosa “ad effetto” con cui il giornalismo costruisce una “verità” convincente e molto spesso assai semplificata. Una certa cultura del giornalismo tende a concepire il servizio al pubblico come un compiacere verso quelle che si ritengono, magari senza alcun serio riscontro scientifico, le opinioni e le attese della gente, del pubblico stesso. In questo modo si costituisce una “vulgata” comunicativa che finisce per rafforzare pregiudizi edistorcere la coscienza dell’opinione pubblica. Naturalmente esistono ormai molteplice fonti e canali di informazione, senza dimenticare mai tutto quello che ogni persona impara nelle sue pratiche di relazione quaotidiane, a prescindere dalla pur lunga esposizione ai media, e questo fa sì che il pubblico sia molto meno manipolabile di quanto comunemente si creda. Questa è almeno la mia opinione. Non nascondo poi che la sensazione di una crisi molto acuta nella professione giornalistica mi ha spinto a sperimentare un’attività nuova, sia pure sempre nel campo della comunicazione, come quella di contribuire al “discorso pubblico” che può definire l’amministrazione comunale di una città importante come Genova, in un momento, tra l’altro, di intesa trasformazione urbana, sociale e culturale.

 

  • Eperché hai scelto, tra l’altro, di fare comunicazione ed informazione con le donne, per le donne ed insieme a donne? Puoi narrarci l’avventura del sito DeA ? e dopo un periodo di attività quali sono le prime riflessioni critiche, i primi bilanci?

 

Per due buoni motivi. Uno è quello da cui siamo partiti. Se si pensa che la rappresentazione dominante della realtà è viziata dal prevalere del punto di vista di un solo sesso, è giusto cercare modalità di comunicazione e di informazione che aprano un taglio critico rispetto a questa situazione. E questo ritengo che sia possibile farlo solo partendo da una pratica politica e professionale che tenga insieme donne e uomini, naturalmente con un certo grado di omogeneità, almeno su questo punto di partenza. La seconda ragione sta nell’amicizia e nella lunga collaborazione professionale con Letizia Paolozzi – con la quale abbiamo scritto anche molto insieme sui temi dell’informazione – e con le altre amiche, Bia e Monica, con le quali gestiamo il sito. Mi piace ricordate che per noi è un po’ la prosecuzione di precedenti esperienze editoriali, che si erano concluse. Con Letizia e Monica avevamo lavorato insieme a una pagina tematica dell’Unità che nel 1997 era uscita quotidianamente sul rapporto tra i sessi, rubricata come“L’una e l’altro”. Bia Sarasini era direttrice di “Noi donne”.

Quanto ai bilanci, è quasi miracoloso che siamo andati avanti per questi anni solo perpassione e buona volontà. Da poco ci siamo costituiti in associazione e stiamo pensando a un certo rilancio dell’iniziativa, per renderla più fresca quanto a informazioni e commenti, e poi, chissà, a valutarne un possibile sviluppo editoriale di tipo professionale.

 

  • Spesso sul sito DeA nella sezione “anima / corpo” ospitate scritti di donne e di uomini che rilanciano le questioni inerentila laicità dello stato, commenti sulle prese di posizione delle gerarchie ecclesiastiche, tematiche del “personale” che diventa politico, ecc….riscontri interesse per una visione diversa della fede religiosa da parte femminile? Hai conoscenza della teologia femminista? Sareste aperti ad ospitare in modo più sistematico interventi di teologhe, recensioni di testi in materia?

 

Non ho una conoscenza approfondita della teologia femminista. Ho letto alcuni testi di Luisa Muraro e di Rosetta Stella che mi sono sembrati molto interessanti. Oggi una discussione con le posizioni della Chiesa mi sembra indispensabile, per contrastare quella che mi sembra una tendenza francamente reazionaria, ma anche per leggere bene la preoccupazione che anima una parte delle gerarchie cattoliche e tutto quello che c’è di buono in una posizione che, almeno finora, e penso a molte delle cose dette sia da Giovanni Paolo II , sia da Ratzinger, ha sempre valutato l’importanza della pace e del dialogo tra religioni e civiltà diverse. Woityla ha scritto cose molto interessanti sul genio femminile, e anche la lettera di Ratzinger sulle donne poteva far pensare a una sensibilità diversasul ruolo dei due sessi.La Chiesa su questo sembra fare molta fatica, penso perché si sente accerchiata da culture che giudica estranee e pericolose, e non ha il coraggio di guardare in faccia il “cambio di civiltà” che ha prodotto la rivoluzione femminile del nostro tempo. Purtroppo non è sola in questa paura. Penso quindi che DeA sia senz’altro interessata a ospitare interventi su questa materia. Del resto abbiamo scelto di svolgere un ruolo anche di apertura critica a posizioni molto diverse tra loro, cercando di rompere, da un punto di vista politico e culturale, le rigidità schematiche e le contrapposizioni rigide che non mancano anche all’interno dell’universo femminile e nei suoi rapporti con gli schieramenti politici.