Elisa Salerno, una cattolica ribelle

Dal sito di NOI DONNE

A cura di Giancarla Codrignani

Nata troppo presto, dice un omaggio - voluto da donne d'oggi che sono suore - ad una donna cattolica nata nel 1873 e vissuta fino alla morte (1957) a Vicenza, città di quel Veneto ancor oggi tradizionalista e conservatore (ma nelle amministrative del 1920 fece vincere i socialisti), che un secolo e mezzo fa vedeva la donna condannata al "silenzio in Chiesa e all'obbedienza in casa".

Elisa Salerno, dopo aver pubblicato una specie di romanzo dal titolo fogazzariano ‘Un piccolo mondo cattolico’ con l'eloquente sottotitolo "ossia episodi e critiche pro democrazia e femminismo", fondò nel 1909 un proprio periodico ("La donna e il lavoro") e, dopo il 1918 fino al 1927 (data di soppressione della libertà di stampa: Elisa si ridusse quasi al silenzio durante il fascismo),"Problemi femminili".

Resta sconosciuta ancor oggi per le stesse donne vicentine e per il mondo cattolico ufficiale, come quasi ignote sono le posizioni femminili al sorgere dei movimenti cattolici e dell'Opera dei congressi. Chi sa che nel manifesto del Movimento cattolico femminile al Congresso di Roma del 1900 si trova scritto "niuno è escluso dal potere, niuno del pari lo sia dal dovere. Con quali limiti (la donna) fu data in aiuto e compagna (all'uomo)? Senza limiti di sorta?". Infatti il Vaticano e la conservazione borghese vincolarono la nascita dell'Unione donne di Azione cattolica con la condanna del femminismo egualitario. Tuttavia, le donne possono venire represse, non domate: Elisa resistette per tutta la vita in un ambiente in cui gli stessi titoli dei suoi scritti dovevano apparire audaci se non eretici: "Per la riabilitazione della donna", "Risorta?"(come se la resurrezione per la Chiesa non fosse certa al femminile), "Pro muliere, programma di studio e azione", "Dottrina cristiana sulla donna sotto forma di domande e risposte"(versione femminista del catechismo cattolico), "Commenti critici alle note bibliche antifemministe", "Il neoantifemminismo", "Le tradite" (le donne sedotte con promessa di matrimonio e le prostitute).

E' una donna scomoda, come succede a quelle che non si scostano né dai principi fondamentali delle loro scelte, né dalla propria indipendenza. Le frasi estrapolate dal contesto forse non formano giudizi del tutto corretti, ma vale la pena di citarne, per imparare a conoscere una testimonianza di grande coraggio femminile. "La donna non può assolvere le alte missioni assegnatele dalla divina Provvidenza finché è degradata e schiava. Il fondamento del femminismo cristiano è la personalità della donna, il riconoscimento sincero della sua integrità personale. Negare per la donna questo principio è lo stesso che volere il Vangelo solamente per metà". "Non si tratta d'invertire le parti, tra di loro, del marito e della moglie, ma soltanto di far sparire dalla casa il musulmanesimo". "Coloro che credono ci sia opposizione tra gli interessi pubblici e gli interessi domestici, tra i doveri di sposa e di madre, tra la virtù della modestia (che san Paolo intima anche all'uomo) e gli uffici extrafamigliari, tra la femminilità e la libertà, sono ispirati da concetti abbietti sulla donna, cui attribuiscono l'imbecillità di natura, ritenendola quindi bisognosa di guida, di limitazioni che regolino la sua operosità in maniera uniforme, livellandola, in un certo senso, ai cavalli, agli asini, ai bovi". “La Chiesa cattolica ha il mandato d'insegnare il santo Vangelo, ma d'ordinario gli uomini che reggono la Chiesa, cedendo alle passioni del maschio, non corrispondono a tale mandato". "L'antifemminismo non è la Chiesa, ma un male che è nella Chiesa; quindi, ho il dovere, davanti a Dio, di obbedire alla Chiesa e non all'antifemminismo che è nella Chiesa". "La Chiesa riunisce le donne in associazioni per scopi antifemministi". "Un abisso incolmabile è scavato tra il prete e la donna". In tempi di condanna al modernismo e di vescovi ligi a Pio X, il giornale di Elisa ‘La donna e il lavoro’ e i suoi scritti vennero censurati e definiti "non appartenenti alla stampa cattolica". Forse - mi viene da pensare riflettendo un secolo dopo - anche la senatrice Binetti la riterrebbe un'eretica dal cui insegnamento astenersi. Senza preoccuparsi delle censure, Elisa pare prendere maggior audacia e, convinta dell'infedeltà della Chiesa all'uguaglianza dei figli di Dio nel 1917 invia al Sommo Pontefice Benedetto XV il suo appello "Per la riabilitazione della donna", un libello in tre parti - Accuse ed errori, Origine e conseguenze, Le difese - di grande determinazione: anche suor Michela che lo commenta nell'edizione - a cura del centro "Presenza Donna"- del 2006 non osa ripetere le espressioni forti dell'autrice, a cui si suppone non sia mai pervenuta una risposta dall'augusto interlocutore.

Infatti Elisa non risparmia niente ad una Chiesa che cammina sugli "errori" di san Tommaso: l'imposizione dell'uomo "caput mulieris" ha "decapitato" le donne, "costrette ad ingoiare i peggiori affronti, soggiogate dalle leggi ingiuste, dai pregiudizi, dal diritto della forza e, soprattutto, legate, vinte dall'amore verso i loro figli", cosicché "gli ospedali e i manicomi accolgono gran numero di donne vittime di maltrattamenti e tradimenti". Anche l'esclusione dal sacerdozio "ha servito all'apoteosi dell'uomo", così come irragionevole e indecoroso appare che "la Madre di Dio non abbia avuto una sapienza da magistero perché ciò disdiceva il sesso femminile". Infatti, il modello di assoluta perfezione rappresentato dalla Madonna è dovuto alla sua sapienza anche nell'accogliere con il "fiat" la maternità divina: "libera di disporre di se medesima, atta, ella sola, a decidere la cosa più importante che mai abbia occupato la mente umana". La critica non si limita alla scolastica: ce n'è anche per sant'Agostino, che scrisse "due cose hai fatto, o Signore, una quasi Te, cioè l'uomo, l'altra quasi niente, cioè la donna"; per le definizioni teologiche derivate dalle antiche credenze che il seme femminile fosse sterile, ormai smentite dalla scienza, che "i capelli che sono per la donna, secondo gli Scolastici, un segno della sua soggezione, per l'uomo sono simbolo di sapienza", che il tabù dello spargimento del seme maschile sia dovuto alla similitudine del divino ("quod semen est verbum Dei"), mentre la donna mestruata è "figura dell'immondezza della mente"(gli specchi nuovi e puri contraggono impurità dall'aspetto di una donna menstruata"), che la verginità rende "la Madre di Dio da meno delle altre donne madri". Sull'obbligo di rapporti sessuali, come diciamo oggi, "aperti alla vita", constata che "si ha riguardo solo al seme dell'uomo, come se la donna non fosse neanche una persona", che "dei figli illegittimi si dice soltanto peccatum patris, negando alla donna qualunque importanza nella discendenza della prole" e resta convinta che da tali principi derivano il disordine del comportamento maschile, le violenze, la prostituzione ("il turpe mercato di carne umana"), la stampa pornografica, la pubblicità ("siamo disonorate sulle scene, sui cinematografi, nelle canzoni"). Riassumendo: "la Chiesa vuole la salute dell'uomo uccidendo, in certo senso, la donna". Chi in Vaticano lesse questo libello certo rimase terrorizzato: come sempre, si sarà tranquillizzato con la ben nota accusa di pazzia che spetta alle donne scomode. Varrebbe la pena di rispedirlo a Benedetto XVI.

 

’Devote’ e ‘protestanti’

Le donne credenti sono sempre apparse unite nello standard delle "devote", quando non delle bigotte o delle pinzocchere. Invece anche le beguine avevano inventato il béguinage per vivere in comunità femminili senza necessariamente sposarsi o farsi monache. Si è donne con le reticenze, le timidezze, le difficoltà del "genere" in tutte le epoche e in tutte le condizioni. Per molte la fede ha confermato il ruolo domestico, ma molte sono state "protestanti". Ancor oggi lo sono e si fanno laiche a fianco di tutte, almeno da quando l'aborto le ha indotte a prendere posizione su una "colpa" che investe anche loro, forse perfino con maggior costo psicologico. Tuttavia, anche in questo settore restano poche - paradossalmente meno che un secolo fa - quelle che intervengono a viso aperto.

 

(8 aprile 2008)