SULLA VIOLENZA, PER LEGITTIMA DIFESA E …..SULLA NONVIOLENZA

 

Pur essendo le maggiori destinatarie della violenza in tutti i tempi, in tutte le guerre, ed in tanti contesti, è possibile per noi donne costruire un messaggio ed un mondo di pacificazione nonviolenta?

D’istinto sono portata a dire di no perché mi sembra impossibile vincere l’attuale situazione in cui si trovano le donne. Mentre nella nostra società occidentale le donne lottano contro il potere maschile che ancora impedisce una piena parità e che in modo profondo incide sulle coscienze e sui comportamenti sia degli uomini sia delle stesse donne, nel mondo dei paesipiù poveri le condizioni delle donne sono terribili: persistono per i due terzi delle donne nel mondo la lapidazione, le violenze quotidiane ad opera dei padri, dei fratelli e dei mariti, le mutilazioni genitali, la denutrizione, la schiavitù, l’analfabetismo, le malattie, le peggiori condizioni di sottomissione e di povertà.

  • … avete letto che un ragazzo turco, istigato dal padre e da uno zio, ha ucciso sua madre perché aveva “disonorato la famiglia” presentandosi alla televisione a denunciare i soprusi del marito e per di più col capo scoperto?
  • ….avete letto che in Palestina un gruppo di fondamentalisti ha ucciso una studentessa poco più che ventenne perché aveva osato andare a chiacchierare sulla spiaggia in compagnia di un suo amico e di una sua amica?
  • ….avete letto che secondo un rapporto di Amnesty International in Spagna, nel 2006, sono state assassinate dal proprio partner o ex partner ben 72 donne e altre 7 hanno avuto diritto ad un'ordinanza di protezione?
  • …... avete letto che a Lecco una donna di 79 anni è stata violentata da un giovane di ventisette anni dal quale aveva accettato un passaggio in macchina?
  • … avete letto che in Messico continuano gli omicidi di donne a Ciudad Juarez, città alla frontiera con il Texas, crocevia del traffico di stupefacenti e di esseri umani, dove dal 1993 ad oggi sono state rapite, torturate e uccise oltre 500 giovani donne, secondo stime di Amnesty international.
  • …ed avete sentito la sentenza clamorosa dell’Aia su Szebrenica…i Serbi dopo aver usato la pulizia etnica, dopo migliaia di stupri ed il massacro di migliaia civili e militari bosniaci non hanno colpa!
  • …ed avete presente quante uccisioni di donne italiane sono avvenute in questi ultimi due anni? E ad opera principalmente di mariti, amanti o figli……cosa ve ne sembra?
  • …..il marito marocchino uccide la moglie italiana con diverse coltellate al corpo, getta il cadavere in un fiume, e dopo poco ne denuncia la scomparsa e partecipa lui stesso, indifferente, alle ricerche… tutti gli indizi sono contro di lui.

Siamo talmente assuefatte a tali notizie quotidiane (ogni giorno ne possiamo leggere diverse) che la nostra rabbia non è solo giustificabile; la lotta violenta appare la più immediata delle risposte. Inoltre, se la violenza nella nostra società è così radicata da diventare consuetudine, anche le donne non ne sono esenti, anche loro ne possiedono nel loro intimo una bella dose, accumulata da millenni di soprusi, e dunque possono tirarla fuori, se non altro, per legittima difesa!

Ma il più delle volte le donne si sentono impotenti, si ritrovano umiliate anche nella loro impossibilità fisica di difendersi, molte volte usano l’unica arma difensiva della parola, parola violenta, lingua tagliente e contro-offensiva.

  • ...15 agosto 2004: Ateqeh Sahaleh , anni 16, viene impiccata sulla Simetry Street , nel centro di Neka, cittadina del nord dell’Iran. La sentenza è stata emessa dal capo del dipartimento di giustizia, successivamente approvata dalla suprema corte dei mullah e dal giudice capo Mahmoud Shahroudi. Durante il processo, la ragazza non ha un avvocato, e gli sforzi della sua famiglia per ingaggiarne uno sono inutili. Ateqeh si è difesa da sola. Ha detto al giudice religioso, Haji Rezai, che avrebbe dovuto punire i principali diffusori della corruzione morale, e non le vittime. Questo giudice ha personalmente insistito perché fosse pronunciata la sentenza di morte, contro ogni procedura, e dopo la sua morte Rezai ha dichiarato che l’impiccagione non è stata tanto la punizione per i reati commessi da Ateqeh [quali che fossero], ma che lui ne ha voluto la morte perché «aveva la lingua troppo lunga» [dalle fonti di lingua inglese che riportano la notizia, tra le quali l’Hindustan Times, «lingua affilata» sarebbe la traduzione letterale più calzante]. Ateqeh non è l’unica vittima della violenza repressiva di carattere integralista che si sta abbattendo in Iran: l’agosto appena alle spalle sarà ricordato come uno dei mesi più tristi per i diritti civili delle donne in Iran, paese dal quale si stanno inutilmente levando voci forti contro il fondamentalismo ormai imperante, basti ricordare la Premio Nobel Shrin Ebadi o la disegnatrice satirica Satrapi.( da CARTA – rubrica a cura di Monica Lanfranco)

Talvolta invece le donne non hanno via d’uscita se non nella liberazione suicida….che è violenza contro se stesse.

  • ... avete letto che in Afganistan “molte donne ricorrono al cosiddetto “incidente domestico” per metter fine agli abusi che continuano a subire in famiglia. La maggioranza di loro, infatti, non ha accesso ai diritti fondamentali della vita. Sono considerate cose, oggetti, merce di scambio; “in una società di un patriarcalismo arcaico, feroce, misogino, gli uomini - racconta Elettra Deiana - per metter fine ad una lite, usano far pace scambiandosi reciprocamente la propria sorella o la propria figlia”. Nonostante la Costituzione lo vieti, le donne continuano ad essere condannate alla lapidazione e lapidate”.
  • ... e così succede in India dove molto spesso giovani spose si “suicidano” a causa della mancanza di dote: il matrimonio, dapprima considerato la condizione migliore per le giovani donne, diventa ben presto la condizione peggiore. La cupidigia della famiglia dello sposo e le percosse di quest'ultimo, per denaro, per una televisione, per un pugno di rupie, sono la primacausa della morte della sposa che spesso è costretta al rifiuto, scatenando gesti di crudeltà inaudita. Migliaia sono le morti di giovani donne che vengono mascherate come “incidenti domestici”: aspersione di carburante e messa a fuoco da parte del marito e dei suoi parenti complici, oppure suicidio forzato davanti ai fornelli.

 

In questo contesto che sommariamente ho tracciato sono anche convinta che per molte donne non usare la violenza e agire d’astuzia, sia una scelta derivata dalla impossibilità fisica e psichica di sopraffare il maschio, piuttosto che una convinzione nonviolenta. Anzi penso che il concetto di nonviolenza, intesacome scelta consapevole per la risoluzione del conflitto di genere, sia una cosiddetta “terza via” che quasi mai viene scelta, ma sia spessissimo a sua volta “imposta” dalle circostanze: in fondo coincide con una atteggiamento di legittima difesa!

Ma cosa è questa terza via? Ci aiutano nella ri-scoperta della nonviolenza Monica Lanfranco e Maria G. Di Rienzo in Donne disarmanti ( Ed. Intra Moenia 2003): una analisi vasta e partecipata dalle curatrici, con storie e vissuti di donne e sullo stretto legame tra nonviolenza e femminismo, dove risulta evidente che molte donne, pur colpite violentemente, hanno scelto la strada della nonviolenza, quella che oggi molte femministe definiscono come una strada non solo praticabile, non solo possibile, ma l’unica strada che può garantire sia a breve che a lunga scadenza un cambiamento radicale della realtà.

Un percorso di scoperta della nonviolenza non può non considerare le tante storie e testimonianze di donne di tutti i tempi; nel libro citato leggiamo a riguardo qualche testimonianza storica:

  • ...dice Lisistrata ai suoi concittadini militari ateniesi: “Se aveste cervello trattereste i conflitti come si fa con la lana. Come quando la matassa è ingarbugliata, la prendiamo e la dipaniamo sui fusi, tendendola da una parte e dall’altra, così se ci lasciate fare sbroglieremo al guerra, lavorando da una parte e dall’altra, con le ambascerie.”
  • …dice Audre Lorde poetessa femminista nordamericana: “ Non possiamo smantellare la casa del padrone con gli attrezzi del padrone”.
  • …dice Christa Wolf scrittrice tedesca: “tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere”.
  • …scrive Berta von Suttner dopo una gigantesca manifestazione di operaie viennesi per il voto alle donne nel 1911: “ Politica femminile? No : politica per l’umanità. E il contributo iniziale della metà finora diseredata del genere umano è soltanto uno dei sintomi del fatto che si avvicina il tempo in cui il bene e i diritti dell’umanità saranno considerati come massimo criterio per la politica”.
  • …dice Rosa Luxemburg rivolgendosi ad un amico: “ Procura allora di rimanere un essere umano. Rimanere un essere umano è la cosa principale. E questo vuol dire rimanere saldi e chiari e sereni, sì, sereni malgrado tutto, perché lagnarsi è segno di debolezza”.

 

Sicuramente individuare la terza via della nonviolenza con consapevolezza significa ritrovare la propria ed altrui dignità di persona, rivendicare in modo appropriato i propri diritti e spostare su di un piano “altro”, oggettivamente più elevato,la considerazione di sé e dell’altro/a. Fare la scelta di non ferire il/la nemico/a con le stesse armi improprie e violente, significa far valere le proprie ragioni su di un piano di ragionevolezza e di sana conflittualità morale ed intellettuale. Ma è anche riconoscere il proprio limite ed essere disponibile all’accettazione della differenza e all’ascolto della parte avversaria.

Nella scelta nonviolenta entrano in gioco nuovi fattori, modalità, sentimenti, espressioni umane positive che la violenza aveva sopito ed allontanato. La violenza genera violenza…fare il salto del fosso e imparare la non violenza può significare, anzi già per molti e molte ha significato, generare un atteggiamento sempre più diffuso di nonviolenza. Moltiplicare il caso che a lungo andare può significare la vera a e profonda inversione di tendenza. E di questa inversione di tendenza verso un altro mondo possibile ne abbiamo impellente ed assoluto bisogno! Ed allora perché non provare?

  • …dice Monica Lanfranco: “Oggi il pensiero critico femminista si salda con quello dellanonviolenza anche su un altro importante fronte, quello dell’opposizione radicale e assoluta alla guerra e al militarismo in ogni sua forma”
  • …dice Maria Di Rienzo,: “La nonviolenza desidera creare un mondo che sia: - affermativo della vita, un mondo che valorizzi tutto ciò che è vivo; - amabile ed empatico: un mondo che si curi della gente che al mondo vive; - egualitario: un mondo che dia valore ad ogni singolo individuo; - cooperativo: un mondo che incoraggia la condivisione fra tutte e tutti; democratico: un mondo che risponde equamente ai bisogni ed ai desideri di ciascuno, in cui ciascuno assume per sé responsabilità; - gioioso: un mondo in cui ci sia spazio per ridere e amarsi e giocare.”

Sì ma, tutto ciò è possibile anche nei conflitti tra i sessi? Quale nodo è ancora da sciogliere?

  • …dice Sauad Al Sabah scrittrice di origine araba scrive: “ La democrazia non è quando un uomo parla di politica senza che nessuno lo minacci. E’ quando una donna parla di chi ama senza che nessuno la uccida.”

 

A cura di Catti Cifatte, 11 marzo 2007, Genova