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Il potere del sacro, la paura del mondo

Nello scorso mese di settembre Adista fece circolare in Italia una notizia-bomba: i Padri Domenicani della Provincia olandese dell’Ordine, dopo mesi di studio, preghiera e meditazione, resero pubblico, inviandolo a tutte le parrocchie d’Olanda, un documento dal titolo Kerk en Ambt  (Chiesa e Mistero)  che rivendicava  per ogni comunità cristiana il diritto di scegliere una o più persone tra i suoi membri, “non fa differenza se sono  uomini o donne, omosessuali o eterosessuali, sposati o single”.  Il ministro così scelto e la comunità pronuncerebbero assieme le parole della consacrazione, che “non sono una prerogativa o un potere esclusivo del prete, ma la consapevole espressione della fede da parte dell’intera comunità”.

La notizia, giunta velocemente in Vaticano, fece rizzare i capelli ai prelati funzionari dei vari dicasteri della Santa Sede, dove non si aspettavano il ritorno del clima dell’ormai superato e dimenticato Catechismo Olandese che, nell’immediato post-concilio, per  la sua  dirompente lettura in chiave conciliare della ecclesiologia e della catechesi, impaurì la gerarchia ecclesiastica romana quasi quanto le tesi di Lutero al tempo della Riforma. Ancora più scandalo provocò in Vaticano il fatto che l’iniziativa della elaborazione del documento e della sua diffusione avveniva con l’approvazione del Padre Provinciale dell’Ordine in Olanda P.Ben Vocking.

Per questo, con immediata reazione, il Vaticano chiese alla Conferenza Episcopale Olandese come avesse potuto permettere che dei Religiosi si fossero spinti così tanto fuori dalla tradizione e dalla disciplina ecclesiastica. La Conferenza, nel tentativo di placare l’irritazione vaticana, sconfessò pubblicamente il documento, ne proibì l’ulteriore diffusione e  definì il contenuto “in contrasto con la fede cattolica”.

La provocazione dei domenicani olandesi è stata vista come una sfida all’intera comunità cattolica, a cominciare dai vescovi, perché finalmente  decidessero di affrontare con coraggio il problema della sempre più grave emergenza clero, la cui scarsezza priva molte comunità del diritto all’eucarestia almeno domenicale. Già negli anni novanta si era svolto, ancora in Svizzera, un acceso dibattito, sempre per dare risposta allo stesso problema. Fior di studiosi fornirono ad un’attenta opinione pubblica, laica ed ecclesiastica, approfonditi studi per dimostrare che non esisteva alcun fondato argomento  né teologico, né biblico, né storico, che impedisse ad una comunità di fedeli di scegliersi  un uomo o una donna, celibi, nubili o sposati per la celebrazione e la consacrazione della eucaristia.

Lo stato di necessità in cui si sarebbero trovate le comunità è stato quasi sempre l’argomento base sul quale teologi e pastoralisti hanno appoggiato le loro argomentazione biblico-teologiche e storiche. Ma è stato Bernard Häring a spostare l’ottica limitata dell’emergenza e a mettere in discussione il modello di sacerdozio prosperato nella Chiesa cattolica lungo i secoli. “La Chiesa dei primi tre  secoli –ha detto Häring- non conosceva né il termine clero, né la struttura ad esso corrispondente.” Fu la Chiesa Costantiniana che  costituì  la gerarchia e l’autorità santa, con la conseguente divisione dei credenti in due stati, clero e laicato, ordinati e popolo. La gerarchia pretese per sé la guida delle comunità e soprattutto l’ambito liturgico. Ai laici furono affidati ruoli di servizio e fu imposta l’obbedienza e la sottomissione della coscienza attraverso la confessione del peccati. Tutto ciò in palese contrasto con quanto avveniva nei primi duecento anni di cristianesimo, quando il criterio determinante per poter presiedere la celebrazione eucaristica non era costituito da un’ordinazione, ma da un mandato. Né, prima del quinto secolo esisteva alcun sacramento dell’ordinazione sacerdotale, che di fatto non ha alcun fondamento biblico o dogmatico.

La gerarchia ecclesiastica, ma anche il clero e gli stessi fedeli  laici, hanno considerato rischioso  il  dibattito su questo tema. Per questo, con l’avanzare della normalizzazione imposta da Giovanni Paolo II e proseguita con più velocità e determinazione, da Papa Ratzinger, è stato progressivamente silenziato,  o rimosso dagli stessi teologi: per stanchezza,  pessimismo, paura di incorrere in provvedimenti disciplinari.

Ora, a distanza di anni,  i domenicani olandesi provano a gettare la pietra nello stagno. Dio sa quanto siano stagnanti le acque della ricerca biblica e della riflessione teologica.  Ed è la paura che oggi domina nella Chiesa, ed è diventata la cifra espressiva del  pontificato di Papa Ratzinger e della gerarchia.

Compito delle comunità di base è, allora, di aiutare gli altri cristiani a liberarsi della paura e a liberare Dio monopolizzato e imprigionato nel tempio del sacro. La sacralità è valida solo in relazione con il mondo, diversamente è un fattore di separazione, la base di ogni teocrazia e di ogni integrismo, un motivo di conflitti inevitabili tra Chiesa e società. Proprio quel conflitto che quotidianamente  alimenta  Benedetto XVI con le sue encicliche, le catechesi e le condanne:  la Chiesa cattolica, grazie alla presunta investitura sacra che si autoattribuisce,  possiede da sola la verità e non può non difenderla dalle aggressioni del mondo e dalle contestazione degli stessi cristiani, teologi o semplici fedeli. Meno male che Dio, fuori da questo scenario, si è incarnato  nella storia, che è pienamente profana, mondana proprio perché è diventata storia di salvezza. E’ nel mondo, col mondo e mai senza il mondo che Dio agisce e salva. La casa di Dio, la sua ecologia (ècos, “casa”), è la Creazione, il regno. Non lo si può trovare rinchiuso in compagnia dei privilegiati  del sacro.

                        Giovanni Avena - ADISTA

 


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NOTA:

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