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Essere ponte

Per essere “ponte” bisogna avvertire uno struggente desiderio della pace, la necessità di una pacificazione tra gli uomini e tra essi e la natura, accogliendo la visione del mondo basata sulla coesistenza, sul collegamento e la reciprocità.

Per essere “ponte” bisogna acquisire un’apertura mentale che superi le rigidità e gli schematismi perché esistono fra noi umani solo verità parziali, briciole di sapere, e superare la barriera tra cultura umanistica e cultura scientifica in vista di un nuovo umanesimo.

Per essere “ponte” bisogna sapere che c’è sempre un vuoto, una valle, un ostacolo da superare e che c’è sempre una sponda da raggiungere e quindi mai abbandonare la tensione alla “ricerca”.

Essere “ponte” significa anche accettare la possibilità di essere “attraversato, calpestato” e che sul ponte difficilmente si può sostare se non per breve tempo. Creare insomma la “relazione” senza pretendere di essere il terminale, la sponda. La logica di servizio deve considerare la possibilità che non ci sia sempre una gratificazione o un riconoscimento adeguato.

Ma l’uomo può proiettare la sua arroganza anche sui ponti, come non pensare al progetto del ponte sullo Stretto di Messina!?! Ma questi sono ponti pericolosi perché non rispettano le proporzioni, non sono a misura dell’uomo per poter essere utili e durevoli.

Ho pensato al termine  “ponte” con tutto il suo carico simbolico per dare un titolo al mio libro ( “Il Giardino del Liceo, un ponte tra generazioni” Ed. Qualevita), che racconta il lavoro venticinquennale degli studenti di un Liceo di Afragola, in provincia di Napoli, che ha trasformato un’area desertica in un’oasi al servizio del territorio, una struttura che racchiude “qualità e tempo”.

Il termine è stato utilizzato con la consapevolezza che, in questo caso, si tratta di un ponte non nello spazio, ma nel tempo. Un ponte tra le generazioni. La scienza nella sua storia ha dato molta importanza allo spazio, ignorando spesso il tempo. Ma “le memorie sono sicuramente più importanti dei kilometri”. Creare dei ponti nel tempo, proiettati nelle generazioni future, rappresenta una questione cruciale a cui, forse, anche noi delle comunità di base non abbiamo dato la dovuta rilevanza.

                    Aldo Bifulco

                Comunità del Cassano - Napoli


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NOTA:

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