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IL DOVERE DELLA PARRESIA

Ho seguito in questi giorni un confronto pubblico tra un vescovo e uno scrittore.

Sono rimasto prima stupefatto e poi incredulo.

In una intervista al Corriere della Sera, il giorno dopo le elezioni regionali, il vescovo  Rino Fisichella  ha svolto alcune sue (personali, si spera) valutazioni sul  rapporto tra  il partito politico Lega Nord e…(i puntini esprimono la difficoltà a specificare il chi è l’altro soggetto della relazione) la chiesa? I valori cristiani? Il pensiero dei cattolici di destra? 

Alla intervista  ha fatto seguito una lettera aperta di Claudio Magris , nella quale, lo scrittore  manifestava “sconcerto” e “scandalo”. Prendo le parole, virgolettandole, dalla successiva lettera aperta del vescovo sul Corriere del venerdì 16 aprile.

Fisichella reagisce, rivolgendosi direttamente al “gentile professor Magris” con toni  aspri – come chi si è sentito “insultare” -  per dare della sua precedente esternazione la interpretazione autentica (cioè dell’autore) ed esplicitare fino in fondo il suo pensiero.

Anche se – e lo sottolineo subito, essendo per me uno degli aspetti più inquietanti della vicenda – egli per due volte usa il pronome nostro (nostro pensiero, nostra visione). Perché, per me, inquietanti? Mi sono chiesto: quando egli dice, il nostro pensiero e la nostra visione, ritiene di poter parlare a nome di tutta la chiesa, e  quindi anche a nome mio? 

Ecco di seguito le testuali parole del “rettore della università del Laterano” che mentre delinea scenari,  strategie e alleanze politiche  tra la ‘chiesa’ e un partito di governo, strapazza lo scrittore; il quale, in una breve replica, in calce alla lunga lettera del rettore,  così si esprime: “spero che, in questo nostro scambio di lettere, Lei, pur nel dissenso, abbia inteso quanto mi stiano a cuore i valori cristiani, in nome dei quali mi sono permesso, a toro o a ragione, di rivolgermi a un vescovo ossia a un successore degli apostoli”. Un vero “gentile professore”!

Ecco, dunque, Fisichella: “ Dal punto di vista legislativo e parlamentare ci sono alcuni fatti: sulla legge 40 e sul referendum la Lega ha condiviso il nostro pensiero. Sul tema della famiglia come descritta negli articoli 29-31 della Costituzione, la Lega ha mostrato pienamente il suo interesse come sostenuto dalla Chiesa. Lo stesso si dica per la proposta di legge sulla Dat (Dichiarazione anticipata di trattamento, ossia il testamento biologico, ndr). Sul tema della RU 486, la Lega come altri condivide la nostra visione. Se questo è realizzato dalla Lega per essere instrumentum regnum , si tratta di un’ interpretazione ovviamente lecita, ma non mi sfiora”.

Fisichella continua: “nell’intervista dicevo testualmente: dobbiamo prendere atto dell’affermarsi della Lega, della sua presenza ormai più che ventennale in Parlamento, di un radicamento nel territorio. Quanto ai problemi etici, mi pare manifesti una piena condivisone con il pensiero della Chiesa”.

Il rettore, quindi, precisa anche: “Lei (Magris) invece mi accusa di aver dichiarato: La Lega Nord si fonda su valori cristiani. I lettori potranno verificare la differenza tra quanto io ho dichiarato e quanto lei mi fa dire”.

Non riporto il solito auspicio del “rispetto della dignità della persona, per quanto riguarda l’immigrazione” – il vescovo in questo caso non elenca la lista pure essa abbastanza lunga dei provvedimenti legislativi voluta e imposta dalla Lega (persino in contrasto con una parte della destra sociale e parlamentare di maggioranza) –  in quanto tutti in Italia conoscono questa predica domenicale delle gerarchie; tanto, poi, il lunedì si torna a tessere alleanze e strategie conformi al “pensiero della chiesa”; che – sia chiaro – il rettore della università lateranense (dove si forma una parte del clero romano) considera ben distinto dai “valori cristiani”. (Anche al sottoscritto, molto al di sotto delle capacità intellettuali e speculative del rettore, lo riconosco, questa distinzione appare una divaricazione, che evidentemente al vescovo - “non  lo sfiora”):

Quindi, rivolgendosi a Magris, conclude: “La pregherei, infine, se possibile, di evitare citazioni bibliche nelle polemiche giornalistiche. Anche io potrei farlo trascrivendo le parole del Salmo: A chi mi insulta darò una risposta” (salmo 118, 42).”

Mi fermo qui, non avendo lo spazio per riportare il contesto della ‘dotta’ citazione biblica, che si colloca nell’ambito di una preghiera (!) tra il fedele e Dio e, quindi, l’insulto è direttamente riferibile alla “fiducia nella tua (di Dio) parola”. Il vescovo, ovviamente si lascia andare molto oltre una “polemica giornalistica”. E qui la mia inquietudine cresce!

Tornando, appunto, alla inquietudine di cui  ho fatto cenno all’inizio, chiedo ai fratelli vescovi:  cosa sta accadendo nell’episcopato italiano? Stiamo di fronte ad una trasformazione profonda di linguaggio, di approccio al confronto e, più in profondità, di pensiero teologico e di struttura  mentale? 

Pongo le questioni in termini interrogativi, per tenere sotto controllo il mio stupore, la rabbia e lo scoramento.

E il tutto per il “piatto di lenticchie” della nuova alleanza con un partito politico che garantisce “una piena condivisone con il pensiero della Chiesa, nei problemi etici”!? (nella storia di questo amato/infelice paese, i miei padri hanno visto anche cose del genere; lo so. E sappiamo anche come andarono a finire le cose).

Le comunità di base, nel loro cammino quarantennale, hanno sempre avuto rispetto e fraterna (quindi anche aperta discussione e manifestazione di dissenso) relazione con il vescovo e la propria chiesa locale; anche per questo ora mi permetto di rivolgermi a loro (con qualcuno di essi sono anche legato da affettuosa amicizia), per chiedere: cosa sta accadendo nell’episcopato italiano?  Il silenzio è un assenso o un silenzioso dissenso? E anche per dire: che il vescovo Fisichella non parla a nome mio e che anche io sono chiesa.

 

Mario Campli

Comunità di base S. Paolo – Roma


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