Un cammino verso l'abrogazione del Vaticano 

In un precedente intervento ho auspicato l'abrogazione del Vaticano. Colgo ovviamente il carattere avveniristico che la proposta contiene dato il ruolo e la presenza nazionale ed internazionale che il pontificato gestisce. Chiederne l'abrogazione ha tutto il sapore di una domanda impossibile. Eppure, penso sia opportuno cominciare a delineare un cammino che intenda perseguire questa prospettiva. Eliminare, ad esempio, la rappresentanza diplomatica vaticana e la presenza degli ambasciatori dei vari Stati a Roma. Superare il sistema concordatario come rapporto istituzionale e giuridico fra Stati. Sopprimere gli istituti che nel Vaticano amministrano la vita economica e finanziaria alla stregua di uno Stato moderno e che anche recentemente hanno avuto un ruolo in oscure vicende internazionali. Far scomparire progressivamente tutti gli aspetti istituzionali ed organizzativi, organizzati anch'essi secondo modalità statuali e quindi di impronta specificatamente politica, presenti nella Curia romana. Questa è una prospettiva che non implica nessuna valenza teologica, se non quella di instaurare storicamente una netta distinzione fra la vita di una comunità credente e religiosa e gli apparati politici e giuridici di uno Stato moderno. Il Vaticano è un frutto storico del potere temporale dei Papi e dell'incontro tra Mussolini e Pio XI. Questa origine politica del complesso vaticano ne permette il superamento senza che ciò pregiudichi alcuna posizione religiosa e teologica relativa la cosiddetto servizio petrino. Certo, dal punto di vista teologico quest'ultimo tema determina una grave pausa nel processo ecumenico e va quindi affrontato con determinazione nella ricerca di quella riforma generale che il Popolo di Dio ora richiede. Inoltre nella Chiesa in conseguenza del suo configurarsi sull'esempio dello Stato moderno ha preso sempre più consistenza un particolare rapporto fra autorità e potere. In genere il ruolo e la funzione del potere non sono nate dall'esperienza religiosa, ma da forme storiche e residuali del potere civile, per di più rimaste fossilizzate nella Chiesa senza mai assumere quelle modalità democratiche che la società civile a poco a poco ha sperimentato. La gestione storica del potere nella Chiesa pone problemi che le teologie cristiane e cattoliche hanno cercato di risolvere individuando riferimenti biblici ed elaborando valutazioni di tipo teologico. Problemi e valutazioni che devono, di nuovo, esser discussi secondo una analisi e con prospettive che emergano anzitutto dalla esegesi critica e dalla ricerca storica. Il primo dato che emerge in questo cammino è appunto la distinzione fra autorità e potere e le diverse giustificazioni che le provocano. La relazione fra autorità e potere certamente ora esiste nella Chiesa, ma il Popolo di Dio già chiede, con la sua esperienza vissuta, di sperimentare nuove forme di questo rapporto perchè ha l'esigenza religiosa di vivere il riferimento al Dio rivelato da Gesù di Nazareth condividendo le ansie, le sofferenze e le difficoltà delle donne e degli uomini del nostro tempo.

Rocco Cerrato

del Gruppo Ardizzone di Bologna