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   La realtà - Palcoscenico

“Vi ho detto tutto, posso andarmene a casa?” è stata l’espressione più gettonata dai media per sintetizzare la devastazione cerebrale di uno dei protagonisti del delitto di Niscemi.

E’ da prevedere che, fra qualche mese, i momenti più rilevanti per i tre ragazzi non consisteranno nei tentativi di ripescare se stessi nei miasmi paludosi in cui si sono cacciati, ma ciò che conterà sarà il confronto virtuale con milioni di spettatori nelle fasi dei processi, delle interviste, dei memoriali, in cui s’impegneranno ad apparire accattivanti, con una singolare personalità e, alla fine, più vittime che carnefici.

I Delitti di Novi Ligure, Cogne, Erba, Perugia, Verona, poiché superano la fantasia dei più foschi noir, hanno legittimità d’accesso ai palcoscenici dei media e, quindi, i protagonisti di fatti reali si comportano come attori distaccati dai delitti perpetrati e, infine, se recitano bene, v sarà l’applauso, come d’uso al bravo attore che ricopre con maestria il ruolo del presunto assassino.

E’ luogo comune imputare alla TV o simili la radice di quella perversione incarnata in nuovi abiti mentali individuali o collettivi. Di fatto, questo strabismo dissociativo tra realtà e finzione si rispecchia nei contenitori di successo quali il Grande Fratello, l’Isola dei Famosi, la Fattoria e, ultimamente, Amici. La tendenza è di omologare atteggiamenti personali o di massa verso stili di vita virtuali e illusori creando o disfacendo nuovi personaggi e modelli di vita.

Sul piazzale di Bonaria a Cagliari, qualche settimana fa ad applaudire Marco, l’aiuto-parrucchiere vincitore di Amici, c’era una folla straripante che qualche giornalista presagiva come la stessa che applaudirà, nella medesima piazza, il papa, il prossimo anno, in visita in Sardegna.

Alla tenda-giovani ad Olbia nei dieci giorni di spiritualità e intrattenimento, uno dei momenti clou è stato l’incontro con un gruppo di Amici della De Filippi. A qualche osservatore scandalizzato è stato risposto che a sponsorizzare il gruppo, lì come altrove, era l’OFTAL, che organizza pellegrinaggi per malati.

Ci si domanda come mai la macchina ecclesiastica, tutta impegnata sul fronte della 194 e della bioetica, ignori il fenomeno devastante dei miraggi del successo ad ogni costo, del danaro sudato ai quiz, delle folle di aspiranti veline in sovraesposizione.

Se si decidesse di liberare il palcoscenico, ad essere buttati giù non sarebbe solo la gran massa delle comparse e gli attori protagonisti, ma sarebbero stanati coloro che stanno dietro le quinte, suggeritori e registi, insieme con coloro che, come nell’antica commedia, hanno a disposizione un variegato corredo di maschere da indossare a tempo e luogo.

                       Ignazio Demuro  

                      della CdB di Olbia 

 


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NOTA:

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