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UN CATTOLICESIMO DI CHIUSURA

Tempi duri per il Vaticano: lo dicono le statistiche e soprattutto lo dice tutta una letteratura, anche cattolica. Le ondate anticlericali si sono avvicinate addirittura ai «palazzi» e li criticano, senza riserve. Un'atmosfera decisamente peggiorata in confronto a non molti anni fa. Come si spiega? Che cosa è accaduto? Non è facile rispondere, ma si può provare ad avanzare qualche spiegazione. Come punto di partenza, il Concilio Vaticano II. Un tempo felice, che ora appare lontano non decenni, ma secoli. Basti pensare a tutto il movimento ecclesiale che si era mosso intorno alla teologia della liberazione. Larghe masse di credenti che si avvicinavano alla chiesa, alla Bibbia, ai dogmi. Nonostante una certa incertezza da parte dei «palazzi» romani, timorosi delle novità e soprattutto del pericolo nascosto di un latente comunismo. È proprio qui che va ricercato l'insuccesso o, meglio, il «fermo», se non addirittura il ritorno indietro. Il successo di un aspetto importante del Concilio era visto da Roma come un successo del comunismo ateo. Perciò fu combattuto, perciò la vittoria dei «palazzi» romani. Con i tradizionali alleati, quelli del mondo capitalista e dei suoi sostenitori in tutto il mondo. Perciò l'arresto di quel movimento che era appena iniziato e che sarebbe continuato, ma in maniera piuttosto nascosta, quasi clandestina. Dall'America Latina a Roma e viceversa. Con la fine della teologia della liberazione si chiudevano anche molti altri passi avanti che il Concilio Vaticano II aveva indicato, anche se non imposto. Forse appena accennato. Così, per fare qualche esempio, il ruolo della donna nella vita della chiesa e una maggiore autorità delle chiese locali, senza bisogno del continuo e incessante ricorso ai «palazzi» romani. Così anche per una maggiore apertura del cattolicesimo agli altri cristianesimi e alle altre religioni. Tutte importanti aperture che il Concilio aveva accennate ma che avevano bisogno di un approfondimento.

Gli anni seguenti, invece, sono stati di sostanziale chiusura. Ma è anche vero che i mass media sono, per così dire, in cattedra e che necessariamente imporranno, a lungo termine, la loro voce. Già se ne sente qualche affermazione, anche se soffocata da una censura generalizzata. Prima o poi le voci nuove prevarranno.

 

Filippo Gentiloni

da il manifesto del 27 giugno 2010

 


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