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Precari/Precarie

        “Una vita da precari/e” ormai è entrata di diritto nel panorama dell’informazione. Non c’è trasmissione televisiva d’inchiesta che non ritorni sul problema. Se ne analizzano gli sviluppi sociali, culturali e psicologici. Il mercato delle merci si adegua fornendo servizi ad hoc, le tensioni psicologiche imboccano derive anche violente, ma il lavoro a tempo continua ad esistere, forse si trasforma.

          Ma come si fa a dare centralità politica a questo tema se ogni volta che si tenta di legiferare su di esso si finisce per concludere che una certa flessibilità è necessaria per permettere l’ingresso nel mondo del lavoro dei giovani, delle donne che in certe fasi della loro vita preferirebbero ritmi più blandi, di…

          In sostanza, ormai, dovremmo riconoscere ed accettare che il modello economico del lavoro globalizzato ha bisogno dei precari perché in certi interstizi delle società è richiesta soprattutto la flessibilità dei diritti.

          Ci s’interroga se non sarà il caso di boicottare Pechino 2008 perché ci si mostra molto sensibili quando i diritti sono calpestati lontano da noi, ma la Cina è vicina.

           Basterebbe guardarsi intorno con un po’ d’attenzione, informarsi sulle ore che effettivamente dai “flessibili”, e non solo, sono lavorate e ci si renderebbe conto che ormai è stata estirpata l’insana idea “ si lavora per vivere” e non viceversa.

           Il lavoro è diventato così invasivo nella vita delle persone proprio perché si teme di perderlo. Le regole si cambiano in corso d’opera. Nessuno avanza più proposte del tipo “35 ore per tutti”. Era un tipico errore di gioventù.

 

Rossella Grasselli

Gruppo di controinformazione ecclesiale

 


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NOTA:

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